INTRODUZIONE
Ciò che mi ha permesso di pensare ad un progetto di tesi su “Villa Azzurra”, istituto psico–medico– pedagogico di Grugliasco, e sulla sua storia, è stata la lettura del libro di Papuzzi, Portami su quello che canta[1]. Un testo crudo, in cui è narrata la cronaca del processo ad uno psichiatra: Giorgio Coda, e che tenta di spiegare ciò che è accaduto all’interno degli Ospedali Psichiatrici di Torino, “Villa Azzurra” compresa.
Avvalendomi di fonti dirette del periodo in cui l’istituto era attivo, ho tentato di spiegare il motivo di tanta crudeltà, non con gli occhi di oggi, ma con quelli di un tempo in modo da trovare una ragione del maltrattamento di molti bambini.
Nel periodo trattato, in Italia, l’ospedale psichiatrico si chiudeva “ a riccio di fronte alle novità. Incapace, anche per la sua abissale distanza da ogni riflessione filosofica e sociale sulla malattia mentale, di confrontarsi con le nuove scuole di pensiero[2]. (…) non stupisce (quindi) che la psichiatria italiana non fosse in grado di comprendere le trasformazioni in atto, attardandosi su culture mediche vetuste, semmai tentando, quando la pressione delle inchieste giornalistiche era eccessiva, superficiali cambiamenti nelle procedure tradizionali. (…) i ritardi (…) erano il risultato (…) del periodo tra le due guerre, durante il quale si era visto il rifiuto di ogni dibattito sulla psicoanalisi, sulla sociogenesi e sulle nuove correnti culturali e mediche. Un’assenza che era dovuta alla chiusura culturale che il paese subì nel ventennio fascista, ma anche alla dichiarata ostilità verso la psicoanalisi e le moderne correnti filosofiche da parte della psichiatria ufficiale, (…).”[3]
La dott.sa Luisa Levi (sorella di Carlo Levi e direttrice di Villa Azzurra nei primi anni ’60), per esempio, pur essendo una donna estremamente intelligente, buona, e molto amante dei bambini, nelle conclusioni di un suo articolo[4], che metteva in luce l’importanza dello psicodramma di Moreno e la tecnica del gioco dei burattini della Rambert, allo scopo di studiarne l’azione e l’efficacia diagnostica sui fanciulli “anormali psichici” ricoverati a Villa Azzurra; riferisce che con bambini “ipodotati” e “anormali del carattere” questo metodo non ha molta efficacia poiché si tratta di soggetti poco collaborativi. Con queste conclusioni la dott.sa Levi mette in evidenza la “normalità”, che vigeva allora, di contenere i bambini, e l’incapacità di capire che un piccolo tenuto legato tutto il giorno e sedato, non ha molta “voglia” di reagire in qualche modo al gioco dei burattini, piuttosto che allo psicodramma di Moreno.
Il presente lavoro, quindi, non vuole essere altro che una descrizione della vita e dei fatti accaduti all’interno dell’Istituto psico-medico-pedagogico “Villa Azzurra”.
Nel primo capitolo viene presentata una rassegna di studi effettuata su bambini istituzionalizzati in tenera età.
Il secondo capitolo racconta la storia di “Villa Azzurra”, inizialmente padiglione medico – pedagogico dell’O.P. di Grugliasco, trasformato nel 1964 in istituto; dalla sua nascita nel 1937, alla sua definitiva chiusura nel1979. Per fare ciò mi sono avvalsa di numerosi documenti di archivio, quali sono gli atti del Consiglio di Amministrazione dei Regi Manicomi di Torino, di alcune relazioni redatte dall’Associazione per la Lotta Contro le Malattie Mentali, nonché di molti articoli di riviste e quotidiani di quel periodo.
Il terzo ed ultimo capitolo invece, vuole mettere in evidenza i diversi ruoli assunti da coloro che lavoravano all’interno di “Villa Azzurra”, precisamente il ruolo dell’Amministrazione, quello dei medici, e quello degli psicologi.
Nella conclusione, infine,verrà evidenziato il destino, oggi, dei piccoli malati psichici.
All’alba del XIX secolo solo pochi avevano coscienza dei problemi relativi ai fanciulli “anormali”.
Secondo Gamma e coll.[5] i veri iniziatori di tutta la pedagogia sperimentale furono Pestalozzi[6] e Froebel[7], anche se essi trattarono sempre bambini normali. Specialmente i metodi del secondo furono alla base di tutti i programmi di insegnamento sensoriale e motorio degli anormali.
Ma è soprattutto all’esperienza del selvaggio dell’Aveyron, condotta dal medico dei sordomuti J. M. G. Itard[8], che ci si deve riferire per tracciare la storia dei primi razionali tentativi compiuti per educare i piccoli colpiti da irregolarità o anomalie della sfera psichica.
L’esperimento di Itard diede impulso a molteplici studi e permise a Belhomme di scrivere, nel 1824, un trattato sull’idiozia, a Ferrus di organizzare nel 1828 a Bicetre una Scuola per Anormali, a Goggenmoos di fondare a Salisburgo il primo istituto tedesco per oligofrenici, a Fairet e a Voisin di crearne altri alla Salpétrière, rispettivamente nel 1831 e nel 1834[9].
I centri per “anormali del carattere” seguirono prevalentemente il metodo dello psicologo e pedagogista americano John Dewey[10], che insistette soprattutto sull’educazione come formazione sociale
Altre importanti realizzazioni pratiche sorte nel corso del XIX secolo furono, in Francia, gli istituti fondati da Bourneville e dai fratelli Bouncourt; in Germania quello fondato nel 1835 per l’educazione degli “idioti”, quella medico – pedagogico creato da Kern a Gouhlis nel 1854 e le scuole ausiliarie (Hilschule) la prima delle quali sorse a Dresda nel 1867 e che si diffusero rapidamente nel paese, costituendo, già alla fine del secolo un’efficientissima rete educativa. In Italia la prima istituzione di questo genere fu la Scuola Speciale per fanciulli affetti da cretinismo endemico, creata nel 1848 in Val D’Aosta, che però ebbe vita breve.
Gli studi sui piccoli anormali psichici si avvalsero notevolmente dell’opera di Binet[11], autore della prima scala dell’intelligenza. Negli stessi anni, all’inizio del 1900, Freud pubblicò la prima analisi infantile che segnò la nascita ufficiale della psicanalisi[12].
In Italia, nel campo dei problemi inerenti i fanciulli con problemi psichici, si fecero passi avanti, grazie soprattutto all’opera di Sante De Sanctis[13] e di Giuseppe Montesano[14]. Il primo fu fondatore della neuropsichiatria infantile e dei primi ambulatori pedo – psichiatrici, precursori dei Centri di Assistenza Psichiatrica Infantile; il secondo fondò le prime scuole per la formazione degli insegnanti addetti alle Scuole Speciali ed istituì a Roma, nel 1908, le prime classi differenziali.
Negli stessi anni operò Maria Montessori, assertrice del principio che il trattamento terapeutico dei minori anormali deve essere prevalentemente pedagogico. Durante il Primo Congresso Pedagogico di Torino, svoltosi dall’8 al 15 dicembre del 1898, la Montessori intervenne proponendo un ordine del giorno in cui sottolineava come la società non dovesse “trascurare alcun mezzo per redimere ed educare i bambini che, per speciali caratteri degenerativi, non possono trarre profitto dalla scuola comune”[15], e chiedeva che fossero istituite classi aggiunte presso le scuole elementari dove accogliere i bambini, che pur non essendo totalmente degenerati, disturbavano la classe rallentandone l’insegnamento, mentre per i piccoli con problemi più gravi suggeriva la creazione di istituti medico – pedagogici, annessi ai manicomi provinciali. L’istituzione di classi speciali e la creazione di istituti medico – pedagogici richiedevano anche un’adeguata formazione dei maestri e dei professori di pedagogia delle scuole normali. Per i primi la Montessori propose l’introduzione di lezioni di diagnostica tra le materie di studio, mentre per i secondi auspicava che lo Stato istituisse un corso speciale universitario.
Queste richieste si fondarono sul presupposto che sarebbe stato possibile educare i fanciulli disabili se si fossero considerati metodi pedagogici adeguati ai loro bisogni e soprattutto ambienti idonei in cui praticare i metodi stessi.
Nel 1901 sorse il primo istituto medico – pedagogico, con l’attiva collaborazione di Montesano e Montessori[16].
[1] Papuzzi, A.; Portami su quello che canta. Processo a uno psichiatra; ed Einaudi, Torino, 1977
[2] L’autore si riferisce alla comparsa della comunità terapeutica di Maxwell Jones in Inghilterra; alle prime esperienze di psichiatria territoriale in Francia; ai Community mental health center sorti in risposta al manicomio negli USA.
[3] Moraglio, M.; Costruire il manicomio. Storia dell’ospedale psichiatrico di Grugliasco; ed Unicopli, Milano, 2002; pag. 157.
[4] Levi, L.; Valore diagnostico dello psicodramma; Atti delle giornate psichiatriche e della giornata di psichiatria infantile, Torino 6-7-8-9 giugno 1965; in Annali di freniatria e scienze affini, vol. 78, n.3, luglio – settembre 1965; Torino, ed Minerva Medica.
[5] Gamma, G., e coll.; il disadattamento psichico del minore in età prescolare, in Annali di Freniatria e Scienza affini, Vol.83, n. 2, aprile – giugno 1970, Torino, ed. Minerva Medica
[6] Pestalozzi, J.,H.; Madre e figlio: l’educazione dei bambini, Firenze, ed. La Nuova Italia, 1961
[7] Froebel, F., W., A.; l’educazione dell’uomo; Torino, ed. G. B. Paravia e C., 1947
[8] Itard, J., M., G. ; Il fanciullo selvaggio dell’Aveyron; Roma, ed. Armando, 1970
[9] Gamma, G, op. cit.
[10] Dewey, J.; Democrazia e educazione; Firenze, ed. La Nuova Italia, 1994.
[11] Binet, A.; La mesure du developpement de l’intelligence chez les Jeunes enfants ; Paris, ed. Armand Colin, 1969.
[12] Freud, S.; Il caso del piccolo Hans; in Casi clinici; Torino, ed. Bollati Boringhieri, 1991.
[13] De Sanctis, S. ; Neuropsichiatria infantile : patologia e diagnostica; Roma, ed Stock, 1925
[14] Montesano, G.; Anormali psichici; Milano ed. Viola, 1952
[15] Molineri, G., C., e Alesio G., C. (a cura di); Atti del Primo Congresso Pedagogico Nazionale Italiano, Torino 8 – 15 settembre 1898, Torino, Stabilimento Tipografico diretto da F. Cadorna, 1899, p. 123 (in http://web.tiscali.it/mediazionepedagogica/anno_01/numero_01/trabalzini_paola/index.htm )