IL MANICOMIO DI TORINO di Antonio Marro (pubblicato su "Annali di freniatria e scienze affini" dal 1888) |
Ricordare le origini e lo sviluppo delle istituzioni di una popolazione è un tessere la sua storia, un metterne in mostra l'indole, i costumi e le qualità dominanti.
Narrare le opere sue nel campo della civiltà e della scienza, vale servire a quel progresso, di cui esse segnano i passi già fatti.
Sulle origini e sullo sviluppo del sodalizio conosciuto sotto il titolo di «R.Manicomio di Torino» scrissero già il dott. Michelangelo Porporati nei suoi «Cenni storici intorno al R. Manicomio di Torino» (Torino 1881) e più diffusamente il comm. G.Tallone nella sua monografia intitolata «La Carità» che vide la luce nel 1884. Restano però a divulgarsi i progressi recenti fatti da questa benemerita Istituzione; progressi nel campo delle applicazioni scientifiche a benefizio dei mentecatti ricoverati sotto la sua tutela, e progressi nel favore dato alle indagini di pura scienza, e di questi intendo io particolarmente discorrere in questo scritto.
Al principio del secolo scorso non esisteva ancora in Piemonte alcun stabilimento speciale destinato al ricovero ed al trattamento curativo degli alienati. Fu nel 1727 che, dietro iniziativa della Congregazione del Santo Sudario, soccorsa dall'appoggio del re Vittorio Amedeo II, venne aperto il primo asilo, destinato al ricovero esclusivo dei pazzi, in una casa tolta a pigione. Venivasi frattanto erigendo un ospedale con tale destinazione speciale, e questo, non ultimato ancora, cominciava nel 1729 ad accogliere i primi ricoverati.
«Aperto l’ospedale, narra il comm. Tallone (La Carità in Torino. Il R. Manicomio, pag. 12 Torino 1884) si pensò a formarne il regolamento, e come tutte le istituzioni del tempo, porta questo l'impronta religiosa. La Confraternita che ha fondato l'ospedale, lo dirige, lo amministra per mezzo di una Direzione da lei nominata fra li Confratelli. Ogni mese si nominano sei Direttori, questi ogni Domenica si radunano per sentir Messa, recitare l’Uffizio, indi deliberare intorno alle necessità dello spedale. Fra questi si ripartisce l'incarico in modo che due di essi siano di servizio continuo ogni giorno. Per le donne le Consorelle nominano pure una Regolatrice ed una Direttrice per settimana. Il Rettore della Confraternita che ha domicilio nell'Opera stessa, è il capo e il centro d'ogni servizio, esso supplisce i Direttori di turno nelle ore in cui siano assenti. »
Così ebbe origine il sodalizio che attualmente incorpora in sè una delle più fiorenti istituzioni pie che vanti la città di Torino.
Chi ami conoscere lo sviluppo suo graduale, le peripezie passate, i contrasti incontrati, le lotte sostenute, i risultati economici riportati e l'autonomia conquistata e difesa contro le pretese ora della provincia ed ora della Congregazione madre, può consultare la sopra lodata monografia.del comm. Tallone. Noterò solo, che nei primordi esso dovette lottare strenuamente contro le strettezze finanziarie, reggendosi a stento mercé il soccorso della carità privata e della provvidenza governativa e municipale. Dissensi insorti nel consiglio di amministrazione indussero il Re nel 1760 ad evocare a sé la nomina degli amministratori. Tale nomina fu devoluta al Prefetto della provincia dopo la promulgazione dello Statuto. Attualmente la Direzione è composta di un Presidente nominato dal Prefetto per tre anni e rieleggibile; di 15 Direttori che durano in carica cinque anni, eletti parimenti dal Prefetto fra i candidati presentati dalla Direzione stessa e di un membro nato che è il priore della confraternita del SS. Sudario.
Vediamo ora quale sia stata l'opera di questa Direzione a tutela dei poveri mentecatti.
ABITAZIONI.
Non sì tosto le più prospere condizioni finanziarie permisero alla Direzione di volgere il pensiero a migliorare lo stato dei ricoverati, ravvisandosi insufficiente al bisogno ed impari allo scopo l'ospedale dei pazzi allora esistente, si pensò ad erigerne uno nuovo che permettesse il ricovero di un maggior numero di mentecatti, e rispondesse alle esigenze dell'igiene e della terapia speciale di questi infermi, meglio che quello già fondato. Così si concepì il disegno mandato poi ad effetto di fabbricare l'attuale Manicomio.
L'architetto Talucchi ne formò il progetto, e prestò l'opera sua gratuita per dirigerne l'esecuzione. Cominciato nel 1828, il nuovo ospedale principiò ad accogliere i primi ricoverati nel 1834, ma non fu terminato che nel 1837.
Ecco quanto scriveva il prof. Bonacossa nel 1840 sulla forma del nuovo stabilimento:
«Giace il Manicomio di Torino nell'angolo settentrionale della città verso tramontana. Ha una superficie di metri q. 23413 di cui 7031 occupati dal fabbricato istesso, ed il resto dai cortili e giardini che lo attorniano. A tutti i lati è limitato da strade pubbliche al di là delle quali a levante ed a mezzanotte vi sono palagi abitati da cittadini; al mezzogiorno presso la metà occidentale l'ospedale di S. Luigi, ed a ponente un terreno disoccupato, incolto.
Il medesimo presentasi sotto forma di un quadrato oblungo continuo, formato da due fabbriche parallele distanti l'una dall'altra un po' più di nove metri, le quali sono trasversalmente intersecate nel centro da una fabbrica che le divide in due quartieri distinti, uno per gli uomini e l'altro per le donne, ed alle due estremità unite per mezzo di un'altra eretta su di un grand'arco.
La fabbrica è diretta da levante a ponente. Ha quattro facce, due esterne e due interne. L'edificio centrale e quelli delle estremità, sono alti tre piani in tutto; il resto due. E’ intieramente costrutta su di volti, onde ne risultano ampi sotterranei lunghi e larghi quanto è la casa; per i quali ne avviene che il piano terreno si trovi elevato più di un metro e mezzo al disopra del livello del suolo circostante,
Al piano terreno sonvi dormitori attorniati da gallerie, delle quali una a mezzanotte è chiusa da finestra e serve per iscaladatojo, e superiormente vi sono nel mezzo grandi ambulatori, e lateralmente una serie di molte camere. In tutto, comprese le fabbriche delle estremità, si contano in ogni quartiere al piano terreno quattro dormitori, una sala da Bagno, due refettori ed otto camere; al disopra due ambulatori, tre scaldatoi, ovvero sale da lavoro e 78 camere, di cui la più gran parte larghe ed alte tre metri circa, e varie altre un po' più grandi. Ognuna di queste ha una finestra, la quale guarda al di fuori, ed un uscio dirimpetto alla medesima, che si apre nell'ambulatorio nominato. Tutte le finestre delle camere sono un poco elevate dal pavimento, e larghe quasi un metro, ed alte un metro e mezzo; esse sono guarnite di non grosse -inferriate dipinte, e disposte a guisa di vasi di fiori.
La sala da bagno contiene 4 recipienti di marmo in forma di raggio attorno ad una colonna sormontata da un vaso, marmoreo pure, che conserva l'acqua per le doccie; i bagni hanno coperchi mobili.
Nella fabbrica del centro evvi, verso settentrione, nel sotterraneo la cucina, al piano terreno la cappella e due parlatori al 1° piano uno scaldatoio per gli uomini ed un magazzino di dove si fa la dispensa del pane e del vino; al piano superiore varie sale per le guardarobe della biancheria o per laboratori delle donne più tranquille; a mezzogiorno ed ai lati, occupano i diversi piani: il Portinaio, la segreteria, la sala delle adunanze della R. Direzione e degli archivi, gli alloggi degli impiegati, medici, segretario ecc. Nei sotterranei poi vi sono le cantine, i magazzini della legna e delle pagliacce.
I pavimenti di tutte le camere, degli ambulatori, dormitori e refettori sono in mattoni quadrati; quelli delle gallerie in pietra; della sala da bagno sono in tavole di quercia. Sonvi tre cortili o giardini esterni ed un cortile interno per la divisione degli uomini, ed altrettanti per le donne.
Vario fu il giudizio portato sulla nuova fabbrica.
L' Esquirol lamentava i difetti architettonici di distribuzione, di solidità e di sicurezza di questo fabbricato. Vedeva in esso troppi piani, troppo grandi scale, non sufficiente solidità dei muri di divisione e di alcune volti.
Il Brierre de Boismont nel volume 43 del Journal complementaire du dictionnaire des sciences medicales così si esprimeva a suo riguardo: «Cet édifice bien aeré, digne de prendre rang parmi les constructions qui embellissent Turin, fìgurera honorablement dans le petit nombre des bátiments modèles destinés aux alienés». Trovava però insufficiente la distanza dei quartieri dei due sessi; troppo angusto il cortile che separa le due ali, epperciò il piano terreno non abbastanza illuminato. Scarsamente pure illuminate le cellette del piano terreno, e non disposte in modo da permettere una perfetta separazione dei malati.
Il Guislain negli annali di Gand, febb. 1840, così ne parlava: «Cette fabrique dans son ensemble renferme de bonnes dispositions, et sans la pouvoir recommander en tout comme modèle, nous pensons que, parrni les établissement existents il est un de ceux dont les lignes architectoniques présentent le plus d'harmonie et dans lesquelles on pourra trouver des inspirations heureuses». Gli attribuiva però il difetto di esser poco rischiarato al piano terreno; trovava troppo strette le corsie e criticava la disposizione delle sale corridoi, che concentrano troppi malati, con disturbo di quelli che giacciono nei dormitori o stanno nelle loro camere.
Il Bonacossa dimostrò l'inesistenza della maggior parte di questi difetti ascritti all'edifizio. Nel rendiconto della visita fatta ai vari manicomi d'Europa, parlando dell'Ospizio di Torino considerandolo dal punto di vista architettonico, egli non esita a dichiararlo il più bello ed il più grandioso che abbia veduto e, più che qualsiasi altro, ricco di gallerie e di ambulatori, per cui in ogni stagione ed in ogni tempo si presta al passeggio e ad altri modi di esercizio corporale dei mentecatti. Attribuisce molto valore ai sotterranei per la salubrità del primo piano, e già prevede che questi potranno in progresso di tempo essere convertiti in stupendi laboratori. Trovava a biasimare in esso la scarsità di locale lasciato ai furiosi ed agli epilettici, e la disposizione delle latrine che si aprivano e comunicavano liberamente nell'interno dei dormitori e degli ambulatori; deplorando la costruzione di nuove case al di là della.via al levante dell'ospedale; lamento che ora sarebbe ancora maggiore per l'erezione di altre case.
In tempi posteriori il R. Manicomio attrasse ancora l’attenzione del Parchappe, il quale scriveva a proposito di esso: «La concentration unitaire de 3 habitations des malades sur les cótés d'un pavillon central et la superposition des quartiers constitués, pour tous leurs éléments, au meme étage, rattachent au système anglais cet asile, qui garde néammoins une certaine originalité á raison de sa forme, et qui, comme monument architectural, a un merite incontestable (Max Parchappe, Des principes a suivre dans la fondation et la construction des asiles d'alienés, Paris, 1853, pag. 292).
Colla fondazione di questo edifizio la Direzione credeva aver provvisto. sufficientemente al ricovero dei pazzi del paese. Ma non passarono molti -anni che essa dovette ricredersi, e pensare all'acquisto di nuovo locale che servisse da succursale al già eretto per essere in grado dì accogliere tutti i numerosi mentecatti ricchi e poveri, che facevano istanza per il ricovero. Dopo vari tentennamenti la scelta cadde sulla Certosa di Collegno. Dapprima vi furono provvisoriamente inviate alcune decine di malati per evitarne la pericolosa agglomerazione nel Manicomio torinese, più tardi, fattone regolare acquisto, si pensò sul serio ad adattarla al nuovo uso cui veniva destinata.
Il possesso del nuovo locale in clima salubre, con annessa cascina, epperciò con spazio a piacimento cintato, fece per un momento ventilar la questione di crearvi uno stabilimento unico, abbandonando il locale di Torino; ma non tardò a prevalere il consiglio di conservarli entrambi, e tutti due gli stabilimenti occuparono l'attenzione della Direzione, sempre premurosa di nulla tralasciare per portarli al livello delle esigenze della scienza e della civiltà.
Il bene che si era detto del fabbricato di Torino non era certo esagerato; ma le imperfezioni non mancavano e si fecero più sentire a misura che il numero dei malati aumentava oltre il limite fissato dal benemerito e distinto ingegnere, e per l'influenza di mobili che erano la negazione d'ogni principio igienico.
Sta in fatto che le bocche dei cessi si aprivano senza ripari in corridoi e camere comunicanti coi dormitori e coi refettori;
che i pavimenti fatti di tavole e di mezzane ordinarie erano impregnati d'ogni genere sozzure;
che notevole parte della casa era poco illuminata e peggio aerata per insufficienza di riscontri delle finestre, tutte piccole ed invetriate a piombo filato, per l'accecamento delle numerose arcovate.e per l'ingombro di un'infinità di muri di tramezzo con cui si deturpò mano mano il lavoro dell'ingegnere;
che i parlatori erano indecenti;
che parecchie sezioni mancavano di ambulatori e di refettori
che gli agitati erano confusi cogli epilettici;
che i mezzi di coazione erano intollerabilmente molesti,
che i mobili consistevano in una lettiera di ferro senza spalliera e con saccone di paglia per i tranquilli. in un cassone pieno di paglia per i dementi paralitici, gli agitati e gli epilettici incolti da accesso in un grossolano seggiolone di legno senza imbottitura e senza cuscino in cui si assicuravano ai malleoli ed ai polsi gli agitati ed i dementi, ed in pochi tavoli da notte di legno, antigienici per la forma e per il lungo uso;
che i bagni erano insufficienti per spazio, disadatti per la natura delle tinozze fatte di mattoni e cemento e quasi interamente sprovvisti di docce;
che le celle degli agitati erano piccole, oscure ed umide;
e che mancavano interamente i locali ed i mezzi per lavori scientifici sperimentali.
La Direzione giustamente preoccupata di questo stato di cose, e ben persuasa che i miglioramenti dei locali sarebbero tornati igienicamente quasi inutili senza l'abolizione dei 140 cassoni che erano considerati come altrettanti fomiti d'infezione, mandò ripetutamente i suoi medici primari a visitare i più celebrati Manicomi d'Europa, sperando che il loro merito rispondesse, anche in fatto di mobili, alla riputazione. Ma le miserie nostre erano miserie comuni, il cassone era allora per la generalità degli stabilimenti, come pur troppo è ancora adesso per molti, il giaciglio di un buon terzo dei ricoverati.
La Direzione ha finalmente dovuto persuadersi che non poteva sperare che in se stessa; ed il condirettore Perotti, cui la qualità di medico dava speciali doveri in proposito, presentò ai suoi colleghi in una adunanza del mese di marzo 1879 un nuovo letto pei sucidi e si offrì quindi di provvedere agli altri inconvenienti col rimaneggiamento dei locali vecchi con proposte di locali nuovi per i bagni, le celle degli agitati ed i laboratori scientifici con nuovi modelli di letti per gli agitati e gli epilettici e colla trasformazione dei letti dei tranquilli.
Avendo la Direzione accolto con favore la presentazione e le offerte, il dott. Perotti pose subito mano al riattamento dei locali della casa di Torino ed alla trasformazione dei letti dei tranquilli delle due case munendoli di fondo elastico e di spalliera.
Il riattamento dei.locali e la trasformazione dei 749 letti richiesero alcuni anni di assiduo lavoro e si compirono in gran parte coll'opera dei ricoverati.
Il locale dei bagni fu fatto sui disegni dell'ingegnere Testore, e quelli degli agitati, dei dementi paralitici e dei laboratori scientifici si eseguirono su disegni e sotto la direzione dell'ing. cav. Brayda condirettore esso pure del Manicomio.
Frattanto il dott. Perotti, mentre dirigeva i lavori sopra accennati, s'occupava dei mobili e presentò successivamente alla benemerita Direzione i letti degli epilettici e delle istero-epilettiche, il letto meccanico degli agitati, il lettuccio di pulizia, i seggioloni dei dementi paralitici e degli agitati, il letto barella degli epilettici, i tavoli da notte, i mezzi di coazione,. il vestiario degli agitati ed il cortinaggio mortuario.
I lavori di riattamento dei vecchi locali riuscirono in modo da vincere l'aspettazione.
La innovazione prima per importanza se non per anzianità fu la creazione di un dormitorio distinto per i sucidi e paralitici, e delle nuove celle per gli agitati, e la separazione di questi dagli epilettici.
Sopra un porticato semicircolare che unisce le due estremità del fabbricato terminale della sezione maschile venne dalla parte meridionale costrutto il dormitorio speciale per i sucidi e paralitici, che comunica coll'infermeria; mentre dalla parte di mezzanotte furono fabbricate le nuove celle per agitati, in numero di dodici, fiancheggiate verso mezzodì-ponente da un corridoio che comunica colla sezione dei semi agitati e va dall'altra estremità ad aprirsi nella sopramenzionata sezione dei sucidi. Ogni cella della capacità di 45 metri cubi, colle pareti verniciate e cogli angoli loro rientranti arrotondati mette con porta speciale in questo corridoio, ed ha una finestra di sopra di questa.
Colla erezione. di queste celle e rispettivo corridoio mentre si provvedeva agli agitati celle o case più salubri e meglio areate, si ottenne la separazione completa di essi dagli epilettici con cui erano prima confusi e senza pregiudizio dell'ordine dello stabilimento, ne risultò un nuovo mezzo di comunicazione fra due compartimenti in cui è divisa la sezione maschile, e più particolarmente fra l'infermeria e sezione sucidi e le sezioni per gli agitati, semi agitati ed epilettici. Per tal modo si rese molto più facile e pronta la sorveglianza sulle varie sezioni da parte di chi presiede al personale di servizio e vigila sugli ammalati stessi. Nella sezione femminile le celle per le agitate non vennero create di nuovo ma formate con locali non utilizzati per le ricoverate e che vennero adattati al nuovo uso nella parte più remota dell' ala femminile, dal lato verso mezzanotte. Mentre per tal modo si allestivano ai malati nuovi locali, potevansi utilizzare i sottopiani che in parte allora servivano di magazzini per la paglia dei cassoni e dei sacconi, resa inutile colla riforma dei letti, ed in parte contenevano le celle per gli agitati. Questi sottopiani convenientemente riparati vennero destinati al trattenimento in giornata dei semi agitati e degli epilettici, non che nella sezione maschile, ai nuovi laboratori che venivansi impiantando, per la calzoleria e ultimamente per la fabbricazione delle spazzole e giberne, restando per la lavorazione del legno l'antico laboratorio già a tal uopo destinato. Altra utile innovazione nell'edifizio fu la creazione dei due refettori per le infermerie maschile e femminile; utilizzando a tale uopo dalla parte delle donne un locale che serviva alla segreteria e nella sezione maschile altro locale destinato in parte a dormitorio degli inservienti, ed in parte a parlatorio ed anche a scuola. I due parlatori spaziosi ed eleganti che attualmente costituiscono uno degli ornamenti dello stabilimento e sostituiscono i due bugigattoli che prima erano destinati a tale ufficio, vennero formati, quel della sezione femminile a spese della sala che serviva alle adunanze della direzione, e l'altro simmetrico dell'ala maschile, utilizzando la sala da biliardo ed un locale prima destinato ad usi di farmacia assegnando a questa un altro locale.
Mentre eseguivansi queste aggiunte e modificazioni all'antico fabbricato se ne modificavano notevolmente in meglio le condizioni igieniche interne. Le latrine le cui bocche si aprivano dapprima in locali interni furono trasportate all'infuori; dando accesso ad esse con porta su ballatoio aperto; e così venne tolta una sorgente continua di insalubrità ed eventualmente di diffusione di infezioni.
L'apertura delle latrine fu lasciata a livello del pavimento che si inclina verso di essa, munita di graticola in ferro.
Riformati vennero pure i pavimenti. Conservate le lastre in pietra per i gradini delle scale e per i corridoi che costeggiano l'infermeria e la sezione degli epilettici; per gli altri pavimenti vennero adottate le piastrelle di cemento e di terra ferruginosa di Marsiglia e di Vado, non assorbenti, e che, lavate quotidianamente, permettono di conservare dappertutto la più soddisfacente nettezza.
Solamente nei sottopiani destinati al trattenimento degli epilettici e dei semi agitati nella stagione invernale e nei giorni piovosi, non che nelle ore dei pasti, si-conservò il palchetto in legno. La posizione bassa di queste sale e la convenienza di rendere agli epilettici meno gravi gli effetti delle cadute consigliavano la conservazione di una tale pavimentazione.
Nello stesso tempo si provvedeva alla migliore aerazione ed al maggior rischiaramento delle infermerie e della sezione destinata agli epilettici col liberare gli archi dalle pareti di tramezzo, onde entrambi i corridoi delle infermerie ed uno di quelli della sezione degli epilettici venivano a comunicare liberamente colla navata maggiore mediana. Eguale riforma veniva attuata nella sezione femminile delle semi agitate ed anche nelle sezioni dei tranquilli d'ambo i sessi. Le finestre venivano parimenti allargate, ove la loro luce appariva scarsa; e le pareti verniciate fino all'altezza di due metri con biacca ed olio, ed in talune camerate con stucco onde potessero sottoporsi a regolari lavature.
Unita alla sezione degli epilettici si formò una sala elegante imbottita alle pareti per un"altezza di m. 1,60, ricoperta da stuoja al pavimento e fornita di un mobilio apposito ad angoli smussati e leggiero, tale da rendere meno pericolose le cadute; mentre ricrea la vista colla sua eleganza e comodità. Questa sala doveva nell'intenzione di chi ne concepì il disegno servire come trattenimento agli epilettici che si fossero distinti per buona condotta. Ma purtroppo non può essere messa in uso che di rado.
Altre aggiunte all'antico edifizio sono tre corpi di fabbrica. Di questi, due si staccano dall'edifizio centrale all'una ed all'altra sua estremità e si prolungano paralleli verso mezzanotte fino al muro di confine dello stabilimento verso il corso Regina Margherita. Circoscrivono fra loro un cortiletto con porta carraia che si -apre sul corso predetto.
I due corpi di fabbrica hanno un piano terreno ed un primo piano. Quello dal lato di ponente, che limita la sezione femminile, in basso serve di officina per i lavori in ferro e la litografia. Il piano superiore è destinato alle varie operazioni idroterapiche per i ricoverati dell'uno e dell'altro sesso. Una vasta sala opportunamente riscaldata quando ne occorre il bisogno, contiene nove vasche in marmo per i bagni. Al disopra di ciascuna vasca sta un apparecchio per doccia frontale che perciò si può amministrare a ciascun bagnante durante il bagno. Due reofori comunicanti colla pila elettrica permettono di amministrare il bagno elettrico qualora ne sia richiesto l'impiego.
Attigua a questa sala sta un'altra per le operazioni idroterapiche propriamente dette: doccia frontale, doccia a colonna, doccia a pioggia, doccia circolare, doccia orizzontale e doccia perineale ecc. Ogni qualità di doccia può essere amministrata con acqua tiepida o fredda. Da una tribuna in marmo l'operatore mediante una chiave ad incastro -può sottoporre i pazienti, senza muoversi, alle varie operazioni. il pavimento di questa e della sala da bagni é in asfalto. Unita a queste sale sta un camerino per i bagni medicati, lo spogliatoio ed un'ampia terrazza per sciorinare la biancheria.
L'altro corpo di fabbrica simmetrico a questo, dal lato di levante, al piano terreno è destinato per il laboratorio neuropatologico con sala per autopsia, sala per museo, altra per esami di microchimica, un vano per le vetrerie e altra sala destinata al Direttore del Laboratorio.
Annesso a questo piano inferiore sta un piccolo giardinetto con fontana. d'acqua zampillante e vasca, con camera per la macchina fotografica e gabbie per gli animali destinati per gli esperimenti.
Al piano superiore sta il laboratorio clinico con altra sala annessa che serve per gli esami microscopici e ad uso di biblioteca, ed una camera oscura per l'esame dell'occhio e della laringe. Attigua al laboratorio clinico si trova la scuola con altra sala per il laboratorio del professore universitario. Avvi inoltre un' anticamera ove sta l'armamentario dello stabilimento.
Una camera appartata serve da studio ad uno dei medici capi dello stabilimento.
In questo locale e sul suo adattamento agli usi speciali cui è destinato ritorneremo quando. si tratterà della descrizione dei singoli laboratori cui serve.
Il 3° corpo di fabbrica di recente costrutto prospetta parimenti il nord, è-parallelo agli altri due e prospetta il compartimento femminile situato tra questo ed il corso Regina Margherita. A differenza degli altri due questo corpo di fabbrica è affatto staccato dall'edifizio principale ed è destinato a servire eventualmente di infermeria per malattie infettive
Per la disinfezione conveniente degli oggetti che abbiano servito a malati colpiti da malattie contagiose venne creato un forno nel sottopiano della sezione femminile.
La camera mortuaria sta nel sottomano della sezione maschile, attigua al laboratorio neuropatologico e relativa sala di autopsia.
Nel sottopiano stanno i caloriferi che mandano le bocche di calore nelle varie sezioni. La sola sezione degli agitati e paralitici è riscaldata coll'acqua calda mandata in giro attraverso appositi tubi. Per gli altri caloriferi la presa d'aria ha luogo dall'esterno e per i laboratori da un'alta torretta onde l'aria sia possibilmente priva di polvere. Attualmente è già in via avanzata la sostituzione nei caloriferi della terra refrattaria alla ghisa e al ferro perché l'aria riscaldata arrivi libera da acido carbonico ed ossido di carbonio.
Per la rinnovazione dell'aria oltre le ampie finestre, e le bocche del calorifero provvedono le bocche di ventilazione appositamente create e disposte in modo da non recar correnti fastidiose ai malati,
IL NUOVO STABILIMENTO DI COLLEGNO.
La tirannia dello spazio si imponeva a Torino assoggettando a se ogni riforma del locale, a Collegno non più esisteva egual freno. Quivi un vasto spazio piano in aperta campagna a suolo ghiaioso permetteva di adottare-qualsiasi progetto sia per ]'adattamento del vecchio locale al nuovo uso cui veniva destinato che per l'erezione di nuovi edilizi.
La Certosa di Collegno trovasi distante da Torino 8 chilometri, a mezza via tra questa città e le falde delle Alpi che cingono verso ponente il Piemonte. Allorché essa venne acquistata dalla Direzione del Manicomio il corpo di fabbrica della lunghezza in complesso di 300 metri sopra una larghezza di 80, constava di tre grandi cortili disposti in linea retta e circondati internamente da portici. Attorno a ciascun cortile erano annessi altrettanti piccoli compartimenti quanti erano i monaci, al cui uso esclusivo erano destinati. Ciascun compartimento era composto di un giardinetto, di un porticato suo proprio, e di due celle fra loro comunicanti, e veniva a mettersi in comunicazione col porticato interno del cortile centrale comune cui era annesso.
Insieme a questo corpo di fabbrica veniva pure fatto acquisto della vasta cascina di ettari 40, ad esso unita, cintata tutta da alto muro.
I primi lavori di adattamento del locale vecchio al nuovo uso avendo ottenuto un successo molto incompleto, con savio divisamento si risolvette di addivenire alla erezione di nuovi corpi edilizi che rispondessero meglio alle esigenze della scienza e portassero il nuovo stabilimento al livello dei migliori congeneri. Fu dibattuta per qualche tempo la questione, se convenisse addirittura abbandonare il Manicomio di Torino per crearne uno solo a Collegno; ma la ingente spesa che sarebbe per tale scopo occorsa e la considerazione che in uno stabilimento di questa natura il numero stragrande di ricoverati se riesce utile per qualche considerazione, in complesso va unito ad inconvenienti che superano i vantaggi, fece abbandonare tale progetto. Fu parimenti oggetto di dibattimento la proposta fatta da taluno di assegnare lo stabilimento di Collegno a ricovero dei soli maschi, riservando a ricovero delle donne quello di Torino, ma varie considerazioni fecero parimenti lasciar in disparte questa proposta. Sarebbe pur sempre occorso un certo numero di maschi per la clinica; gli alienati in osservazione e quelli mandativi dall'autorità giudiziaria avrebbero parimenti dovuto esservi tenuti, così anche in dati casi alcuni pensionanti. Dietro queste considerazioni si venne nella decisione di conservare ad uso promiscuo, pro tempore almeno, l'uno e l'altro stabilimento, solo decretando in massima generale il trasporto a Collegno di tutti i pensionari. Così risolta la questione della destinazione si venne al piano regolatore delle modificazioni da introdursi nel locale già esistente e delle nuove costruzioni da aggiungersi, L'ingegnere Ferrante membro della Direzione assumevasi gratuitamente l'incarico di allestire il relativo progetto che trovasi compendiato nella stupenda relazione da lui -stesso presentata alla Direzione a nome della commissione delegata a collaborare seco lui per lo studio delle nuove fabbriche a Collegno. In massima si stabilì di conservare provvisoriamente, almeno con qualche modificazione, il locale esistente ad uso esclusivo delle alienate creando per i maschi costruzioni nuove; per queste venne adottato il sistema dei padiglioni separati. Questo sistema si raccomanda per ogni sorta di stabilimento destinato al ricovero di numerose persone malate di qualsiasi malattia perché non ne permette l'agglomerazione soverchia in area ristretta; evita l'inconveniente dei cortili interni e dell'incontro di vari bracci, che favoriscono il ristagno dell'aria e la trasmissione delle esalazioni malsane o contagiose. Esso permette inoltre la creazione di ambienti non molto estesi e che, se ben disposti, possono essere convenientemente ventilati in ogni loro parte e debitamente influenzati dai raggi solari.
Per i manicomi questo stesso sistema si impone con ancor maggiore imperiosità in quanto che permette di separare gli alienati nelle diverse categorie che l'esperienza dimostrò utile tenere distinte. sia pel buon governo dello stabilimento che per il trattamento curativo dei ricoverati suscettibili di guarigione.
Secondo questo progetto adottato nel 1883 ed attualmente in parte già eseguito, lo stabilimento di Collegno viene a risultare di due parti laterali per le singole sezioni maschile e femminile, e di una parte centrale destinata ai servizi comuni. Da adito a questa parte centrale da ponente la magnifica entrata dello stabilimento conservata nel suo primitivo stato. Questo corpo centrale tramezzato da tre cortili è destinato agli usi comuni: locali per l'amministrazione, chiesa, bagni, dispensa ecc. Un lungo porticato circonda pressoché da ogni parte all'interno questo corpo centrale permettendo la comunicazione fra le varie sezioni e parti dello stabilimento.
Al nord di questa parte centrale resta la porzione del fabbricato antico conservata e destinata in futuro al ricovero esclusivo delle donne. Al sud vennero erette le nuove costruzioni destinate per il ricovero dei maschi e che costituiscono la parte nuova dello stabilimento.
La parte del porticato che fiancheggia i cortili centrali da questo lato serve a collegare i padiglioni coll'edifizio centrale non che gli uni cogli altri.
Però fra il porticato ed i padiglioni sta interposto un ampio corridoio a quello parallelo che da una parte comunica col porticato e dall'altra coi singoli padiglioni non che coi cortili che stanno fra padiglione e padiglione.
Questo spazioso corridoio diviso in sezioni che corrispondono ai vari padiglioni è destinato a servire di refettorio comune a tutte le varie categorie di ricoverati poveri; non che a sala di trattenimento durante la cattiva stagione offrendo la massima facilità per la sorveglianza dei ricoverati non solo, ma anche del personale di servizio. Con questo porticato e corridoio comune che si elevano solo fino all'altezza del 1° piano si ottiene in ogni stagione la unità e facilità di servizio senza che venga ostacolata la ventilazione e la pienezza di rischiaramento dalla luce solare dei singoli padiglioni che vengono per tal modo riuniti, pur restando isolati completamente da mezzodì, ponente e levante, e nella parte superiore anche da mezzanotte.
Un porticato speciale divide i padiglioni destinati ai pensionati da quelli dei poveri e venendo un appendice propria a collegare fra loro i padiglioni dei pensionari, questi vi trovano un conveniente sito di passeggio, durante il cattivo tempo, e la stagione invernale.
I padiglioni non hanno tutti egual forma, né un numero eguale di piani.
Il principio direttivo che consigliava l'erezione di stabilimenti ospitalieri ad un piano solo era quello che tali edifizi dovessero avere una durata piuttosto breve perché a lungo andare non potessero diventare centri di infezione a motivo dei germi morbosi di cui si fossero impregnati. Inoltre perché aria e luce potessero più facilmente circolarvi.
Per gli alienati si ripetevano altri vantaggi da tal forma: distogliere cioè uno dei mezzi di suicidio a quelli che vi avessero tendenza; ed ovviare alla facilità di riportare gravi offese nelle eventuali cadute degli epilettici, dei paralitici, ed anche in parte degli agitati.
Di fronte a questi vantaggi stanno però in tali stabilimenti inerenti inconvenienti non lievi, quale l'enorme estensione che si deve loro dare col conseguente maggior dispendio nell'acquisto del terreno, e la maggiore difficoltà nel servizio. Aggiungasi che le considerazioni che consigliano per talune categorie di alienati l'erezione di padiglioni ad un piano solo non esistono per le altre e che varie classi di alienati non possono essere considerati come capaci di generare esalazioni morbose al pari dei malati ricoverati negli ospedali ordinari. Quindi con piena ragionevolezza si prese il partito di adottare i padiglioni ad un piano solo per gli epilettici ed i sucidi e paralitici, mentre un numero maggiore di piani si stabili per i padiglioni destinati alle altre categorie di ricoverati.
Così stabilite le cose in massima noi ora procedendo da ponenti verso levante troviamo dapprima i padiglioni destinati per i pensionari.
Sono essi ora due solamente; si prospettano a vicenda colle testate dell'edificio e sono disposti sopra una linea da nord a sud non perfettamente retta, ma pressoché ugualmente distante dal muro che cinge da questo lato lo stabilimento. Uno di questi padiglioni, il più vicino al corpo centrale, è per i tranquilli e l' infermeria, il secondo per gli agitati e semi agitati per i sucidi e gli epilettici. Per queste due ultime categorie nel piano regolatore era destinato un 3° padiglione ad un sol piano, però finora non si pose ancor mano a costruirlo, rimanendo i pochi paralitici ed epilettici riuniti cogli -agitati e semi agitati. Il primo padiglione è a tre piani. Occorrendo riunire in un solo padiglione due categorie di ricoverati onde non arrivare ad un frazionamento troppo minuto, si pensò di riunire in questo i tranquilli e quelli dell'infermeria. Il terzo piano è destinato unicamente ai tranquilli.
Il piano terreno in questo come in tutti gli altri padiglioni si trova sollevato di un metro sul livello del terreno e vi si accede mediante uno sdrucciolo munito di parapetto a dolce pendio.
Per gli agitati e semi agitati pensionari venne destinato il 2° padiglione a due piani.
Oltre ai padiglioni dovranno parimenti secondo il piano regolatore essere costruite delle casette isolate da sorgere a non molta distanza dai padiglioni e destinato ai pensionari di 1° categoria. Il 1° padiglione dei pensionari mediante un tratto dì porticato va unito a un corpo di fabbrica speciale parallelo al gran porticato sud. In questo corpo di Fabbrica sta una sala di trattenimento per i pensionari di detto padiglione; a questa andranno unite due camere destinate a parlatorio ed una sala per la direzione.
Ciascuno dei padiglioni per pensionari si trova circondato da un giardino proprio che serve dì trattenimento per i ricoverati del padiglione nella bella stagione. Il porticato che divide il comparto pensionari dall'altro dei gratuiti ed il tratto che unisce questo porticato a ciascun padiglione serve come già sopra si osservò per trattenimento ai pensionari d'inverno o durante le giornate piovose.
Al di là di questo porticato divisorio che separa il comparto dei pensionari da quello del gratuiti, vengono in ordine regolare i padiglioni per i gratuiti, che stanno disposti nell'ordine seguente procedendo da ponente verso oriente: 1° e 2° padiglioni per tranquilli; 3° padiglione per l'infermeria; 4° padiglione per gli epilettici, poi quello per i sucidi, quindi quello per i semi agitati, e per ultimo quello per gli agitati. I due primi hanno tre piani; due ne ha il 3°, uno solo il 4° ed il 5°; due quello per i semi agitati. L'ultimo, destinato agli agitati e che attualmente è ancora da costruirsi consterà di due bracci uniti ad angolo retto. Ciascun braccio avrà un corridoio centrale, ed all'uno ed altro lato le celle per gli agitati. Questi bracci sono ad un piano solo e le celle si trovano comunicare coll'ambulatorio coperto.
Erasi agitata la questione se convenisse meglio collocare ultimo il padiglione dei sucidi, perchè le esalazioni che ne provengono potessero dalla ventilazione essere rimosse più completamente, senza che molestia ne ricevessero gli altri ricoverati; ma, oltre che le nuove riforme del mobilio resero la sezione dei sucidi pressoché spoglia di nocive esalazioni come le altre, si notò, come avrebbe bastato la distanza tra padiglione e padiglione a permettere l'allontanamento delle esalazioni senza incomodo pei vicini ; quindi prevalse il partito di riservare agli agitati l'ultimo padiglione, sia per la convenienza di allontanare il più possibile ed isolare tali ammalati dagli altri, onde non ne restino questi disturbati, come anche per la maggior comodità che per tal modo si aveva di dare a questo padiglione la forma speciale, che meglio soddisfaceva alle esigenze di questi ammalati. Oltre che venivasi ancora ad ottenere con questa un cortile speciale per il trattenimento dei ricoverati di questa classe.
Come nei padiglioni per i pensionari, ad ogni padiglione dei gratuiti va annesso un proprio cortile o giardino, interposto fra padiglione e padiglione, e chiuso al sud da un muro di cinta a salto di lupo, al nord dal refettorio comune che sta fra i padiglioni ed il grande porticato centrale.
Ciascuno di questi cortili o giardini è destinato al trattenimento dei ricoverati del padiglione che lo limita a ponente ; per tal modo i ricoverati delle singole sezioni vengono a trovarsi separati nelle ore di ricreazione, come lo sono di notte.
Ai cortili si accede sia dal padiglione, che dal tratto di refettorio che vi corrisponde.
Gli agitati avranno il proprio cortile limitato dai due bracci di celle, di cui, come avvertiamo, si compone il loro padiglione.
Al sud, come si disse, i giardini fra padiglione e padiglione, e questi stessi si trovano limitati da una cinta a salto di lupo, costituita da un largo fosso, dal fondo del quale sorge un muro di cinta abbastanza alto da impedire l'uscita ai ricoverati; mentre, elevandosi appena di un metro sopra il livello del terreno dei giardini e delle campagne circostanti, permette alla vista di spaziare liberamente per le campagne che circondano lo stabilimento, togliendo a questo l'aspetto di reclusione ed evitando ai ricoverati le conseguenti idee melanconiche; mentre per altra parte l'aria e la luce penetrano più liberamente nei cortili ed investono con maggiore efficacia i singoli padiglioni.
Il fossato, nel- cui mezzo sorge il muro di cinta, dal lato interno che guarda i giardini ha scarpa dolcissima per impedire cadute pericolose ai ricoverati, sebbene una siepe sul suo orlo serva di cancellata a chiudere loro il passo.
Dal lato esterno, verso la campagna coltivata, la scarpa invece è erta, per opporre, insieme al muro, ostacolo alle evasioni.
Fra questo salto di lupo al sud ed il porticato comune al nord stanno perciò racchiusi allineati i padiglioni dei tranquilli, i quali si prospettato dal lato più lungo. La distanza che intercede fra l'uno e l'altro, e costituisce la larghezza dei rispettivi giardini che li separano fu calcolata pari ad una volta e mezzo l'altezza dei padiglioni adottando la media di entrambi là dove i due padiglioni che si prospettano hanno altezza differente.
Arrivato di fronte all'allineamento dei padiglioni dei pensionari, i quali, come già fu osservato, si prospettano colle testate degli edifizi, essendo posti sopra una linea pressoché parallela al muro di cinta, da nord a sud, il salto di lupo piega ad angolo retto, dirigesi al sud costeggiando il porticato divisorio che separa il comparto dei pensionari da quello dei tranquilli e si prolunga per tutta la linea occupata dal padiglioni dei pensionari.
Al nord dei padiglioni dei gratuiti, fra questi ed il porticato centrale sta il refettorio comune, costituito dalla grandiosa galleria, che per un tratto di poco meno che 200 metri e con larghezza di m. 6,50 ove corrisponde ai giardini, si estende dal primo all'ultimo padiglione, collegandoli insieme ed offrendo un sito opportuno, ove, oltre che nelle ore dei pasti, potranno di giorno riunirsi, divisi nelle rispettive sezioni, i ricoverati, semprechè questi non possano accedere ai rispettivi giardini. La divisione, fatta con sole inferriate, permette alla vista di spaziare dall' un capo all'altro di questo immenso salone di modo che con un colpo d'occhio si potranno vedere ricoverati ed inservienti.
Le inferriate duplicate all'estremità di ciascun padiglione permettono il passaggio da questi al porticato centrale, senza che possano accedervi i ricoverati, separati nelle sezioni che prospettano i rispettivi giardini.
I diversi padiglioni presentano nella loro struttura delle disposizioni comuni, le quali meritano di essere notate. 0gni padiglione è composto di una parte centrale e di due laterali. Nella prima sono riunite le parti dell'edifizio di uso comune: ingresso, scala, lavabo, il passaggio alle latrine, stanza particolare da bagno, di cui ne esiste una al pian terreno di cadun padiglione, e varie camerette isolate ad uso delle persone di servizio, ed anche di taluno dei ricoverati, non che la tramoggia per la biancheria, l'elevatore, e il canale per le spazzature.
Le latrine stanno isolate in una torricella staccati dal padiglione cui dà accesso un passaggio speciale, piano per piano, però nei padiglioni dei pensionari le torricelle, quantunque isolate, fanno linea col corpo centrale del padiglione. Al fianchi della parte centrale stanno le due parti laterali, cui essa serve a mettere in comunicazione. Queste sono formate a cameroni e destinate a servire per dormitori o sale di lavoro, separati quelli dell'uno da quelli dell’altro lato. Con questa disposizione si ottenne di ridurre, come si desiderava, l'ampiezza dei cameroni destinati ad uso di dormitorio. Venne adottata a tal riguardo la massima che i dormitori avessero a contenere un numero limitato di letti. Dapprima questo numero non doveva oltrepassare i dodici; ma poi, essendosi dato un maggiore sviluppo in lunghezza ai padiglioni, venne portato per taluni a venti. Un altro dormitorio di dodici letti veniva inoltre acquistato trasportando il refettorio dei vari padiglioni nel corridoio unico. Con questa modificazione e col numero diverso dei piani si provvide a moltiplicare il numero dei dormitori, in modo da poter ricoverare nei singoli padiglioni quel numero di ricoverati che si era stabilito dovesse contenere.
La cubatura d'aria destinata a ciascun ricoverato nei dormitori non fu uguale per tutti. Ritenuta quella di 50 per i sucidi e quelli dell'infermeria, essa venne ridotta a 40 per gli epilettici, i semi-agitati e gli agitati, ed a 30 per i tranquilli; però per i letti isolati nelle camerette il cubo minimo fu ritenuto non dovesse mai essere inferiore ai 36.
La larghezza dei dormitori fu stabilita di metri sette, di modo che restando mezzo metro fra la testa di cadun letto ed il muro, due metri erano di corsia. L'area normale attribuita per cadun letto venne stabilita di m. 8,05; la varietà della cubatura assegnata alle diverse categorie di ammalati venne perciò collegata alle diversità di altezza delle rispettive camerate. In taluni padiglioni, ai dormitori ordinari si unirono sale isolate, ad essi direttamente collegate da semplici porte, per dormitori di supplemento ai ricoverati.
Le finestre scendono fino al pavimento. Per l'ampiezza da darsi loro si ritenne in massima che un metro quadrato di finestra dovesse corrispondere a 21 metri cubi circa del camerone, attenendosi alle proporzioni stabilite dal dott. Torne in un rapporto presentato al Governo inglese dopo una visita di ispezione fatta a buon numero di ospedali. Dietro questo dato venne loro assegnata una quadratura di m.3,45 con larghezza netta di m.1,20 ed altezza di m.3; però. per taluni padiglioni la finestra, invece di scendere fino a terra, ha in basso un parapetto con doppia griglia di ventilazione.
In ogni appartamento poi alla rinnovazione conveniente dell'aria nell'interno, oltre le finestre, provvedono i ventilatori. Le finestre sono munite di inferriata, meno quelle del piano terreno che non prospettano sul giardino destinato ai ricoverati di altro padiglione. Prevalse il consiglio di provvedere ad impedire possibili tentativi di suicidio sul timore di offendere l'estetica, e di inspirare sentimenti melanconici ai ricoverati cui le inferriate delle finestre possono ricordare ad ogni istante lo stato di reclusione in cui si trovano.
Altre provvidenze furono prese per la sicurezza dei ricoverati e la difesa al tempo stesso dello stabilimento che li alberga..
Ogni padiglione è munito di parafulmine; inoltre misure speciali furono ideate per evitare il pericolo d'incendio al tetto.
A sostegno di questo fu adottato il sistema Tollet con quelle modificazioni che ne adattavano meglio l'applicazione ai padiglioni in via di costruzione. L'ultimo piano delle parti laterali, in cui abbiamo detto potersi scomporre ciascun padiglione, è coperto con volta ad ogiva, rinforzata da tre costoloni che hanno un timpano terminato superiormente secondo una retta inclinata sotto angolo conveniente.
Su questi timpani vengono a posarsi i paradossi che sostengono la copertura. Fra volta e tetto viene però a trovarsi uno spazio da 80 centimetri ad un metro, sufficiente perché un uomo, giovandosi degli squarci lasciati nei timpani a bella posta, possa passarvi per visitare la costruzione ed assicurarsi dell'integrità del tetto; mentre la esiguità dello spazio vieterà che sia convertito in magazzino o deposito di sostanze combustibili.
Per tal modo, qualora venga svilupparsi un incendio nelle parti sottostanti dell'edifizio, legnami del tetto restano separati dalla volta sopra cui sono collocati né essendo possibile che l'incendio si sviluppi direttamente dal legname che sostiene il tetto, perché diviso da opera di muratura per campate, in ognuna delle quali non si trovano che quattro paradossi distanti di circa due metri gli uni dagli altri, ed il minuto legname che sostiene le tegole si troverebbe come soffocato da queste che sopra vi poggiano, ne viene per conseguenza che il tetto può considerarsi come incombustibile. La volta ad ogiva non si ripete però nella parte centrale; quivi il tetto si eleva alquanto più in alto che alle parti laterali, onde permettere la costruzione di alcune camerette addizionali destinate agli infermieri.
In questa parte centrale dell'edifizio, oltre la scala ed il lavabo, ai piani superiori si trovano le camere di servizio ed altre cubiculari per ricoverati ed infermieri. In mezzo si tagliano in croce i paesaggi di comunicazione fra le due parti laterali e quelli alle latrine.
Le scale furono disposte in modo da non ostacolare l'illuminazione e la sorveglianza da branca a branca, e non offrire mezzo di suicidio. Esse perciò non hanno anima interna piena; quelle a pozzo sono fasciate con un sistema di inferriate come nello stabilimento di Torino; e per lo più vennero munite di inferriate anche quelle colle branche aventi il contorno interno a piombo le inferiori delle superiori.
Dalla parte centrale si stacca la torretta ove stanno le latrine.
In alto sta il serbatoio dell'acqua, doppio; uno cioè per l'acqua potabile proveniente dalla cisterna e l'altra per l'acqua di lavatura e per i cessi, proveniente dalla Dora.
I sotterranei del padiglione degli agitati e semi-agitati pensionari vennero destinati a cisterne da acqua e la torricella relativa a serbatoio comune per la diramazione ai vari padiglioni. In questi i serbatoi delle torricelle stanno ad un livello alquanto inferiore, onde l'acqua spinta colla pompa nel serbatoio comune viene da questo, mediante appositi tubi di derivazione, diramata agli altri padiglioni. L'acqua potabile non arriva in questi che ai robinetti del 1° piano, l'altra si spinge fino al serbatoio in alto delle torrette, e di là si distribuisce ai lavabo ed alle latrine del rispettivo padiglione.
Nella torretta viene parimenti a sboccare il tubo del calorifero; esso occupa la parte centrale di un altro tubo maggiore che lo racchiude e nel quale vengono parimenti a mettere capo la gola della latrina e tanti tubi isolati che vanno rispettivamente ad aprirsi coll'altro estremo nelle varie camere e dormitori del padiglione, ed hanno per destinazione di pomparne l'aria viziata, la quale in virtù del movimento ascensionale impressole dal calore del tubo centrale, riesce a versarsi fuori del padiglione e viene rinnovata da altra pura che vi penetra dalle finestre e dalle altre vie di entrata che le stanno aperte.
Le latrine sono fatte a sifone smaltato con tubolature in ghisa e vanno immettere in fosse mobili sostituite da carro con botte. Il vantaggio di trovarsi lo stabilimento in mezzo ad un podere fa che questo sistema risponda ottimamente allo scopo, potendo le sostanze escrementizie venire utilizzate immediatamente con profitto del podere stesso.
Ad impedire l'eventuale otturamento delle canne delle latrine esistono molteplici disposizioni. L'imboccatura della latrina ha una graticola di rame stagnata, che si addentra per qualche profondità nel suo interno. Essa arresta i corpi estranei e potendo venire tirata su, questi all'uopo vengono rimossi, senza che riescano ad otturare le canne. Inoltre al punto di unione di due canne, e ad ogni angolo formato da una canna per cambiamento di direzione, esiste uno sportello fisso, il quale può in caso di necessità venire aperto per dar esito alle materie arrestatesi per causa di gelo o per altro ostacolo.
Queste sono le disposizioni comuni ai vari padiglioni. Differenze alquanto notevoli dagli altri padiglioni presenta quello degli agitati, il quale, come già fu osservato, ha forma speciale, essendo formato da due bracci uniti ad angolo retto, con un corridoio centrale sul quale vengono all'uno ed all'altro lato ad aprirsi le celle dei malati agitati. Il numero delle celle dei due. bracci può essere portato fino a 40. Ciascuna cella è quadrata, con area di metri 9 e cubatura di metri 45.
Di alquanto modificate sono le proporzioni nell'ampiezza dei cameroni dei pensionari. Per questi, oltre il terzo padiglione, finora solamente progettato, sono parimenti ancora a costruirsi le casine isolate. Secondo il progetto queste dovranno essere a due piani, e destinate ad accogliere due ricoverati per piano, epperciò quattro caduna, con tre stanze e gabinetto di latrina particolare per ciascuno.
Così disposto il nuovo stabilimento di Collegno, non sì tosto sarà ultimato, potrà ricoverare nel comparto gratuiti circa 450 ricoverati maschi, di cui 200 nei padiglioni dei tranquilli, una settantina nell'infermeria, e gli altri nei padiglioni dei sucidi, degli epilettici, dei semi-agitati e degli agitati.
Oltre a questi, il numero dei pensionari, che ora oltrepassa di poco i sessanta, potrà elevarsi a quasi un centinaio quando venga eretto il terzo padiglione; e le casette isolate parimenti a costruirsi permetteranno di soddisfare alle maggiori domande che venissero a presentarsi.
La parte antica dello stabilimento resta destinata al ricovero delle donne, per le quali, in progresso di tempo, qualora lo permettano i mezzi, si potrà addivenire a nuove costruzioni, come già per gli uomini, sebbene il maggiore spazio di cui esse verranno a fruire migliori già notevolmente le loro condizioni di abitazione rispetto a quelle di cui godettero finora.
Vennero frattanto adottandosi le modificazioni reclamate dall'igiene nella pavimentazione, nell'allontanamento delle latrine e nel provvedere alla rinnovazione dell'aria colla ventilazione naturale ed artificiale, mediante tubi assorbenti messi in attività dal riscaldamento dei caloriferi appositamente costrutti. Per questi in genere venne adottata la terra refrattaria, con esclusione della ghisa e delle lastre di ferro.
Aderente alla parte antica dello stabilimento, verso ponente-mezzanotte, sta la cascina con locali per il mezzadro non che per il bestiame, vaccheria, porcile e pollaio; locali per la raccolta dei prodotti agricoli, semenzaio, vivaio, vasca per raccolta d'acqua da alimentare la lavanderia e da servire per la formazione del ghiaccio e ghiacciaio per conservarlo.
Sull'applicazione dei ricoverati alle varie specie di lavoro, cui la parte agricola di questo stabilimento e la lavanderia si prestano, verrà tenuto discorso ove si tratta della cura igienica dei ricoverati.
Coi nuovi fabbricati e col riadattamento del vecchio, vengono pertanto ottenute le condizioni fondamentali di sana abitazione di ventilazione, di rischiaramento, di riparo contro il freddo contro la pioggia e contro i pericoli inerenti alla loro condizione, quali sono richieste dalla vita ordinaria, non che dallo stato speciale dei ricoverati che debbono albergare.
Anche alla facilità ed all'unità del servizio venne provvisto nel modo più soddisfacente, compatibilmente colle esigenze della divisione dei padiglioni e delle sezioni.
Resta ora ad esaminare l'opera della Direzione negli altri campi, in cui si esercitò a tutela dei ricoverati, perché alle migliorie dell'abitato corrispondesse il favore di tutte quelle altre condizioni che col loro concorso possono accelerare e facilitare la guarigione loro se è possibile, e sempre lenire la loro triste condizione, ovviando ai pericoli speciali che questa crea a loro stessi ed a chi li avvicina, col minore incomodo e sofferenza dei poveri alienati.
Se ogni passo della civiltà deve segnare una diminuzione nel cumulo delle sofferenze umane, ed ogni nuova sorgente di diletto costituisce in sé un vero progresso noi dovremo riconoscere quanto cammino siasi fatto in questo ramo speciale della pubblica assistenza della città di Torino, qualora confrontiamo le condizioni di mobilio, di vestito, di vitto di assistenza e di occupazione, fatte attualmente ai nostri ricoverati, con quelle che loro erano apprestate anche pochi lustri or sono.
Come venne già accennato nel corso di questa monografia, il mobilio del Manicomio fu tutto rinnovato in quest'ultimo decennio, ed io non so meglio farne conoscere ai lettori tutte le particolarità, che riportando la descrizione fattane dal Dottor ANGELO PEROTTI, che ne fu l'inventore.
Letto dei dementi paralitici e dei semi-agitati sudici.
Fusto di ferro di 2 metri per 0,85 - spalliere basse, alla cappuccina - fianchi flessibili - fondo di tela metallica, con un'apertura centrale di otto centimetri di diametro, e sotto di questa, un disco di lamiera, il quale scorre nel verso della lunghezza del letto sopra una larga stecca, cui si attacca con due piegatelli, ed è sorretto da una spranga curva in semicerchio, che unita in croce alla stecca, s'invita sulla parte esterna delle lame dei fianchi. Sul disco sta il secchiello - vaso cupo di zinco, capace di 10 litri, il cui coperchio imbocca giusto nel fondo, ed ha nel centro un'apertura per il passaggio del tubo delle deiezioni.
Se la tela metallica si allenta, il secchiello, essendo mobile, ne segue l'apertura portata nella tensione verso la spalliera da capo.
Le materasse sono due: quella a sdrucciolo, che colla parte più sottile arriva quasi all'apertura del fondo, e la piana, ch'è bucata nel centro, come la tela metallica, e che, ad impedire non scivoli sulla conica, si fissa con un nastro a due capi, che cucito sulla metà del lato minore della materassa, esce da un occhiello del lenzuolo e si annoda alla traversa della spalliera.
Il fondo e il materasso sono tenuti in mutuo rapporto da un tubo di zinco leggermente conico, che misura 8 centimetri in lunghezza e 10 nel maggior diametro ed ha una tesetta di 2 centimetri stagnata in giro ai due terzi della sua altezza. La parte più larga, che è la meno lunga, è spinta con forza nel buco della materassa, l'altra entra in quello del fondo, e la tesa sta tra il fondo e la materassa. Questo è l'anello di congiunzione.
Il guanciale è lungo quant'è largo il letto, ed è rivestito da una federa robusta, che con due alette laterali riunite di nastri si fissa ad arpioncini invitati sulla faccia interna delle lame laterali del letto.
Il lenzuolo ha nella parte impermeabile 193 per 25 centimetri, e si spinge per gli attacchi sull'altra superficie del materasso con due punte di basino per ciascuno dei fianchi, e con una punta per i lati minori. Le punte dei fianchi finiscono in nastri scempi, che hanno la strada tracciata da magliette di tela cucite alla materassa e si allacciano coi loro corrispondenti dell'altro lato. Le punte dei lati minori hanno un nastro a due capi, i quali s'annodano tra loro dopo che uno di essi si è impegnato in apposita maglietta. Le maglie rendono facile il collocamento regolare del lenzuolo, e le punte gli danno una tensione uniforme e graduata. Il lenzuolo ha nel suo centro un tubo di caoutchouc del diametro di otto centimetri, che passa nelle aperture della materassa e del fondo, riunite dall'anello di congiunzione, e s'immette nel secchiello. La tela impermeabile, preparata appositamente dalla Casa Pirelli di Milano, è molto ricca di caoutchouc, ha i sali di zinco poco abbondanti e puri, e fa perciò un lodevole servizio. La tela impermeabile del commercio è invece povera di caoutchouc, abbonda di metalli ed è perciò fredda, ha i sali di zinco impuri per missione di piombo, e ciò fa che i solfuri invece di essere bianchi come quello dello zinco, sono neri, e danno al lenzuolo un aspetto ributtante. Il tubo è di puro caoutchouc, leggermente vulcanizzato, senza tela, ha la lunghezza di 35 centimetri e finisce ad una delle estremità con una tesa di 3 centimetri, che si fissa attorno all'apertura del lenzuolo colla gomma sciolta nella benzina o nel solfuro di carbonio all'8%.
Il letto dei sudici è in uso dal 1879, e si fa strada nei manicomi nazionali e stranieri, e negli spedali comuni, ed avendoci permesso di abolire i luridi cassoni in cui giacevano i nostri sucidi, rese possibili i grandi miglioramenti compiutisi nel fabbricato della Casa di Torino, e, quello che più conta, ci liberò quasi interamente dalle piaghe di decubito.
Ma se questo letto, com'è descritto, serviva e serve in modo inappuntabile per le due categorie d'ammalati nello stato di calma, presentava però un grave inconveniente, quello cioè che mancando di apparecchi meccanici per provvedere alle agitazioni, che per la poca loro gravità non richiedono il trasporto del malato nelle celle, ci obbligava all'uso della giubba di forza, che è incontestabilmente il pessimo dei mezzi di coazione. Ma questo inconveniente fu tolto nel 1889 coll'aggiunta di semplici congegni, mercé cui si sostituì alla giubba il corsaletto, i polsini e le uose, che fanno da tempo così buona prova nel letto degli agitati.
Il corsaletto cinge la parte superiore dell'imbusto - ha due tagli in tondo per le braccia - presenta nella parte dorsale una robusta maglia per l'annodatura del cordone, e si fissa sul davanti con un fermaglio formato da due aste di ferro della lunghezza di cinque centimetri, le quali sono ad una delle estremità mastiettate tra loro sul piatto - hanno nel tragitto delle solcature e degli aggetti che aumentano i punti di pressione e si serrano insieme all'altra estremità con una vite regolata dalla chiavetta comune. La chiavetta comune è lunga 50 centimetri. Ha per la presa un anello e, per l'ingegno, due punte acciaiate e serve per tutti i serrami dei mobili e dei mezzi di coazione, dalla scarpa al letto
Le uose sono allacciate sul davanti e finiscono in una staffa cui s'annodano i cordoni.
Il polsino è di cuoio - ha nella parte cubitale un'ansa robusta da passarvi il cordone, e si adatta ad ogni misura di polso, potendo il suo capo libero impegnarsi a volontà nel fesso di un fermaglio a cassa mediante una stanghetta mossa da vite. Nei casi in cui l'agitato è laceratore, si sostituiscono ai polsini semplici i polsini colle manopole. Queste sono fatte di tela canapina addoppiata, ed hanno fra i due strati della parte palmare un pezzo di cuoio che dalle eminenze arriva all'apice delle dita.
I cordoni del corsaletto, dei polsini e delle uose si fissano, anziché con semplici nodi, che potrebbero facilmente sciogliersi dal malato, con un piccolo anello metallico munito di vite a pressione, in cui il cordone entra prima e dopo di essersi ripiegato sull'ansa dei mezzi di coazione, e vi è rattenuto con pochi giri della vite.
Il cordone del corsaletto scorre fra il guanciale ed il lenzuolo nella gola di una puleggia assicurata nel mezzo di una cinghia, che s'annoda ben tesa ai fianchi del letto, s'immette in un tubetto di ferro disposto verticalmente sulla parte anteriore centrale della spalliera, ed arrivato presso il margine superiore della lama del letto, si ripiega a destra, entra nella gola di una carrucola che scorre sui regoli di un telaio, appoggiandovisi con quattro alette di lamiera, e va a fissarsi in un piegatello munito di vite a pressione, ben presso l'estremità inferiore del tubetto. Questo tubetto ha una puleggia in ciascuna delle sue estremità, e consta di due parti, di cui la superiore scorre nell'inferiore e si fissa a diverse altezze mediante una vite a pressione. La mobilità della parte superiore dà il vantaggio di tenere sempre la puleggia superiore in corrispondenza del piano del letto, qualunque sia la Grossezza della materassa.
Il telaio ha la lunghezza della metà della spalliera, è largo sette centimetri, si posa di costa sulla lama del letto e vi si fissa con alcune viti. Le alette della carrucola del telaio sono formate da due piastre di lamiera, delle quali quella che guarda la materassa porta la carrucola, l'altra porta il manubrio, e tutte e due sono finite ad un quadrello che scorre fra i due regoli.
La lunghezza del cordone dalla sua uscita dal tubetto all'entrata nel piegatello è di poco inferiore ai 75 centimetri. E’ dunque perciò chiaro:
- che quando la carrucola del telaio trovasi al centro della spalliera, l'ammalato dispone di 75 centimetri di cordone e può con tutta comodità mettersi a sedere sul letto;
- che quando la carrucola trovasi all'altra estremità, l'ammalato è obbligato alla posizione supina
- che quando la carrucola trovasi a 15 centimetri dall'estremità esterna, l'ammalato ha per sé 30 centimetri di cordone e può liberamente voltarsi sui fianchi.
Per ottenere l'arresto della carrucola nei due punti estremi indicati vi sono sulla faccia superiore del regolo di sotto due tacche, in cui entra un dente del quadrello, spintovi da una molla, di cui è munita la faccia del quadrello che corrisponde al regolo di sopra.
Per alzare il dente dalla tacca e restituire la libertà di corsa alla carrucola, basta spingere leggermente in alto il manubrio, il quale essendo infisso nel quadrello tra la parte attiva dalla molla ed il dente, va a premere la molla ed obbliga il dente ad uscire dalla tacca.
Perché poi la materassa non intrighi il cordone, si copre la parte posteriore del telaio con una lastra di lamiera che rade la carrucola affinché il cordone non scivoli, e che piegata a squadra nei suoi lati maggiori, s'invita alla faccia libera dei due regoli.
Per l'applicazione del polsino vi ha un cordone, che fermato in basso da vite a pressione in un tubetto di ferro invitato nella lama laterale del letto a 90 centimetri dalla spalliera da capo, entra, salendo, nell' occhio del fermaglio a forma d'anello, e ripiegatosi nell'ansa del polsino, rientra, discendendo, nell'occhio del fermaglio stesso, ov'é 'fissato da alcuni giri di vite. L'occhio dei fermaglio è abbastanza largo, perché, allentata la vite, il cordone raggiunga con facilità il grado di lunghezza indicato dal medico.
Per le uose si ha un cilindretto di ferro, che porta ad una delle sue estremità una puleggia disposta in senso orizzontale, e che coll’altra estremità entra e scorre in un tubetto pure di ferro, il quale si fissa, mediante una lamina piegata a ginocchio, sulla parte centrale della lama della spalliera da piè. Questa ripiegatura a ginocchio, allontanando di qualche centimetro il piccolo apparecchio dalla spalliera, permette di rincalzare le coperte sotto la materassa.
La mobilità del cilindretto fa sì che, mediante una vite a pressione disposta nella parte posteriore del tubetto, si può sempre tenere la puleggia poco sotto il piano del materasso, e si ha così il doppio vantaggio d'impedire che il cordone abbia una corsa stentata per il troppo fregamento, e che il malato s'offenda i piedi urtando contro l'apparecchio.
Il cordone entra nella staffa della puleggia, e ciascuno dei suoi capi va a raggiungere la uosa, cui s'annoda col fermaglio ad anello a quella giusta distanza stabilita dal medico.
Le aggiunte fatte a questo letto ebbero per obbiettivi l'indipendenza dei vincoli tra loro e la facilità di cambiarne la tensione compatibilmente con la semplicità dei mezzi meccanici. Giova però avvertire che questa semplicità non esclude la sufficienza. E per vero nelle agitazioni dei dementi e dei semi-agitati, che si curano nelle rispettive sezioni, non vi ha di regola che la tendenza a buttarsi dal letto ed a lacerare. Ora, anche quando le due tendenze sono associate, si possono eludere senza ricorrere ad una coazione incomoda, ed è perciò difficile-che il medico ordini di mutarla per tutta la durata dell'agitazione. Ciò riguardo ai cambiamenti del grado di tensione dei vincoli. S'aggiunge poi, per ciò che riflette l'assicurazione, che se l'ammalato non tende che a buttarsi dal letto, deve essere. lasciato affatto libero delle braccia, e che sarebbe misura ingiustificabile vincolare le gambe a chi avesse solamente la tendenza a lacerare. Per la libertà dei pasti si scioglie uno dei polsini e si dà al corsaletto tutto il cordone disponibile, e queste operazioni sono facili e pronte.
Il giudizio dei medici che ebbero a sperimentare questo letto nelle rispettive sezioni fu favorevole.
letto meccanico degli agitati.
Fusto di ferro di 2 metri per 0,85 - spalliera da capo bassa, alla cappuccina - fianchi e spalliere piene, e munite all'ingiro di cordoni di legno - fianchi e spalliera da piè flessibili, non elevantisi oltre il piano del letto e chiusi colla chiavetta comune.
Il fondo è di tela metallica a sponde fisse, bucato nel mezzo con sotto il posticino del secchiello, ed ha ai due lati robuste sbarre di ferro da fissarvi i legacci del lenzuolo, del guanciale e della cigna del corsaletto.
Le sponde e le spalliere sono basse, perché le alte sono un pericolo per l'agitato ed un impaccio per i serventi.
I fianchi e le spalliere sono di lamiera:
- Perché il nodo degli ora detti legacci sia solo accessibile ai domestici;
- perché nei vani dei bastoni il malato potrebbe impegnare la testa e le estremità;
- perché i bastoni sarebbero in questo letto affatto inutili, in quanto che i mezzi di coazione si fissano altrove;
- perché il letto è, così, sempre assettato.
I fianchi flessibili agevolano l'entrata nel letto e l'annodamento dei legacci, e la flessibilità della spalliera da piè è richiesta dall'uso delle uose.
Le sponde del fondo sono fisse perché il malato non arrivi ai nodi delle spranghe.
Il materasso a sdrucciolo è uguale a quello dei dementi paralitici. Il materasso ordinario è anche in questo letto forato nel centro e tenuto in rapporto col fondo mediante l'anello di congiunzione.
Il guanciale è quello stesso del letto dei semi-agitati e s'annoda alle sbarre del fondo.
I mezzi di coazione sono: per l'imbusto, il corsaletto - per le braccia, i polsini - per le gambe, le uose.
Il meccanismo consiste essenzialmente in tre ruote poste di traverso contro la spalliera da capo, ed in due telai infissi alle estremità dei fusto, in cui vi ha una puleggia che, appoggiandosi ai regoli laterali con due alette della staffa, scorre nel senso della lunghezza del letto, ed ha verso la spalliera da capo un anello per l'attaccatura dei cordoni che mettono in rapporto le due pulegge colle ruote laterali. Nella gola delle pulegge sono allogati i cordoni delle estremità. I due capi del cordone delle mani, i quali hanno la via segnata da 4 piccole carrucole, raggiungono il piano del -letto a 90 centimetri dalla spalliera, e si uniscono ai polsini. Il cordone delle gambe, arrivato alla spalliera da piè, la percorre verticalmente in due punti, uno per capo, e, raggiunto il piano del letto, s'annoda alle uose. Il cordone dell'imbusto s'attacca alla maglia della parte posteriore del corsaletto, entra, sotto il cuscino, in una puleggia infissa ad una cinghia fortemente assicurata ai fianchi del fondo, e ripiegatosi sopra un'altra carrucola contro la spalliera, discende sulla ruota di mezzo a cui si fissa.
L'asse delle ruote, non appena uscito dalla spalliera, s'immette in un dischetto di ghisa che gira colla ruota, ed ha nella sua circonferenza tre tacche che servono di bocchetta alla stanga di un serrame che sovrasta verticalmente al disco dalla parte interna della spalliera, e che ha l'ingegno regolato esternamente dal capo di una vite fatto acconcio a ricevere le punte della chiavetta comune e da un bottoncino d'ottone. La stanghetta è inferiormente piegata a squadra e sporge colla parte orizzontale da un fesso della spalliera, che col volgere del disco viene a soprapporsi a ciascuna delle tacche.
Per calare la stanghetta nella tacca, si preme il bottone; per rimandarla nel fesso si gira a destra od a sinistra il capo della vite, per trasportarla da tacca a tacca, la si solleva nel fesso, dopo impugnata la manovella; messo quindi in moto il disco, si comprime il bottone e la stanghetta, giunta sulla tacca, cala e si fissa da sé.
Nei trasporti fra le tacche estreme la pressione del bottone si fa oltrepassata la tacca intermedia.
Le ruote delle estremità hanno un perimetro uguale alla lunghezza dei telai, la quale è di trenta centimetri, e la circonferenza della ruota di mezzo misura quarantacinque centimetri, che rappresentano la maggior lunghezza dell'imbusto, contando dalla maglia del corsaletto.
Le tacche indicano e fissano il grado di libertà prescritto dal medico, ed il becchetto che ne tramezza la prima e l'ultima ci avverte che il giro della ruota è compito e ci addita senza più la direzione da darsi al disco nei nuovi movimenti.
La manovella ha l’asta lunga e robusta perché le stratte dell'agitato non soverchino la mano dell'infermiere, ed ha il quadro d'una misura cogli assi, perché una o poche bastino per la sezione.
A ruote scaricate, le pulegge dei telai si trovano all'estremità inferiore dei regoli, la stanghetta è nella prima tacca e l'ammalato può mettersi a sedere sul letto e flettere ad angolo retto gli avambracci e le gambe.
A ruote cariche a metà le pulegge sono nel mezzo dei telai, la stanghetta è nella seconda tacca, e l'agitato può voltarsi nel letto e disporre di quindici centimetri di cordone per ciascuna delle estremità. E siccome i cordoni vanno senza arresti da mano a mano e da piede a piede, un braccio ed una gamba possono anche valersi della libertà del loro corrispondente, con ciò che un membro perde quanto l'altro guadagna.
A ruote interamente caricate, le pulegge sono all'estremità superiore dei telai, la stanghetta, nella terza tacca, l'imbusto fermato in posizione supina, le mani portate contro le sponde del letto, e le gambe distese quando l'annodamento dei cordoni alle uose è regolato a norma di statura.
Il medico può dunque in ciascuna visita ordinare il grado di libertà che giudica conveniente ad ogni ammalato tanto relativamente alle braccia, che alle gambe ed al tronco, essendo i moti di queste parti regolati da meccanismi affatto indipendenti gli uni dagli altri. E l'agitato è reso inoffensivo anche quando i vincoli delle estremità sono affatto allentati, perché la libertà piena d'un braccio o di una gamba porta la completa inazione dell'arto corrispondente.
I cambiamenti di grado sono precisi, facili, istantanei, e, ciò che è molto importante, non possono compiersi senza che il domestico si allontani dall'ammalato.
Questo letto è in uso dal 1884, ed è molto apprezzato.
Fusto di ferro di 2 metri per 0,85 - fianchi flessibili - fianchi e spalliere elevantisi 20 centimetri sul piano della materassa e fatti interamente di rete metallica imbullettata a delle spranghe di ferro a forma di V, le cui aste, a letto chiuso, fanno corpo coi prolungamenti delle gambe. Il fondo è fatto della stessa rete, ed ha nel centro l'apertura per il tubo delle deiezioni, e sotto, il disco del secchiello. Il guanciale è fatto di una spranga di ferro a L che ha pur essa la forma dell'U coll'apertura rivolta verso il centro del letto, e le aste leggermente flesse sul davanti per comodo delle spalle.
A questo ferro è imbullettata la rete metallica, ed è sopra di essa fissato un guancialetto di lana alto 4 centimetri, che ha 25 buchi circolari disposti in modo che, giacendovi sopra a faccia prona, naso o bocca si trovano sempre su qualcuno di essi.
La federa ha pur essa 25 buchi, che corrispondono a quelli del guanciale, e sono chiusi da dischetti reticolati di cotone, che rendono regolare il piano del cuscino, senza impedire la circolazione dell'aria. Il guanciale poi ha dei semplici congegni, che lo tengono sospeso, e gli danno nei singoli casi le inclinazioni richieste per il più comodo riposo della testa e delle spalle dell'epilettico; e ciò sono:
- una spranga biforcata di ferro duttile, che invitata alla parte posteriore del ferro a L, entra in un piegatello della sottoposta lama del fusto, dove si fissa a diverse altezze con una vite a pressione
- due spranghette a squadra mastiettate alle estremità del ferro a L, e fermate, come la spranga biforcata, in piegatelli delle lame laterali.
La tela impermeabile ha un solo metro di lunghezza ed un tubo piccolo, perché negli accessi epilettici non vi ha, ordinariamente, che la incontinenza delle orine, ed è coperta dal lenzuolo ordinario.
L’epilettico usa nella notte una cintura, che. mentre gli permette di voltarsi liberamente sui fianchi e di mettersi a sedere sul letto, impedisce che nelle convulsioni si precipiti o cada a terra. Questa cintura, fatta di robusta tela, è alta 3 centimetri, si stringe sul davanti col fermaglio del corsaletto ed ha nei due lati una cignetta di 80 centimetri, che introdotta in un piegatello della lama laterale, è impedita di uscirne da un fermaglio oblungo di ottone fissato in un occhiello. Quando l'epilettico si agita, il fermaglio di ottone è spinto con forza contro il piegatello di ferro, e dà col rumore il segnale dell’accesso.
Se gli accessi si complicano di turbamenti psichici, l’epilettico passa nel letto degli agitati.
Questo letto è in uso dal 1882, ed ha il doppio scopo, fin qui raggiunto, di salvare l'epilettico dalle lesioni traumatiche e di impedire che affoghi sul guanciale e contro le sponde.
Letto delle istero-epilettiche.
Fusto di ferro di 2 metri per 0,87, con ritti di 1,60 e cortinaggio di tela metallica, che imbullettata ai regoli del telaione scende a fasciare il letto, e con linguette di cuoio tagliate ad occhiello si fissa a bottoni di ottone ribaditi sulle quattro lame. La tela dei lati maggiori è verticalmente divisa nel mezzo in due cortine, i cui lembi si finiscono tra loro con linguette e bottoni. Il cielo ed il fondo sono della stessa tela, che fatta a strisce si fissa contro gli angoli a riparo dai ritti. Il materasso è solidamente fermato con robusti cordoni ai bottoni delle lame per eludere la tendenza di queste malate a cacciarsi in ogni buco, a scompigliare ogni cosa.
Questo letto fu ideato nel 1884, ma finora non fu posto in uso per mancanza di casi gravi d'istero-epilessia.
Il cortinaggio è fatto di una sola cortina di percalle bianco e di quattro aste di ferro. Le aste misurato 160 centimetri, ed hanno nella parte inferiore una piastrella di lamiera capace di ricevere il piede del letto - a 40 centimetri d'altezza una staffa che ne abbraccia la gamba, ed all'estremità superiore un gancio a cui è fissata la cortina, la quale è lunga quanto i lati del letto ed è alta poco meno delle aste.
Nello impegnare le piastrelle sotto i piedi del letto si procede coll’ordine dei numeri infissi alla sommità delle aste, perché la cortina non si spieghi irregolarmente.
L'allestimento si fa in meno di un minuto.
Lettuccio per la lavatura e medicazione dei dementi paralitici.
Fusto da letto a due piani senza spalliere e con sedia a ribalta. Il piano superiore, su cui s'adagia il malato, è fatto di robusta tela canapina con sopra un lenzuolo impermeabile avente nel centro un tubetto di caoutchouc che s'immette in sottostante secchiello. L'altro piano è fatto, nel mezzo, di lamiera - ai due lati, di tela canapina, e serve a riporvi il secchiello, i rimedi, le spugne e la biancheria.
Tele e lenzuolo hanno all'ingiro molti occhielli, e sono tesi da una cordicella che gira intorno alle spranghe del fusto entrando mano mano negli occhielli.
Il guanciale ha la federa impermeabile, ed è circolare, perché più manesco.
In uno dei lati minori del lettuccio è allogato il recipiente dell'acqua per la lavatura, e nell'altro la sedia per lo asciugamento.
Il recipiente consiste in una cassetta quadrangolare di zinco, capace di 20 litri, e divisa trasversalmente in due parti, le quali comunicano con una vaschetta che aggetta sul davanti del recipiente, per mezzo di due cannelle, delle quali la superiore è interna, rifornisce ad ogni lavatura la vaschetta di acqua pulita, ed è regolata da una lancetta che gira sulla cassa; l'altra è esterna, sotto la vaschetta, e porta l'acqua sucida nella parte inferiore del recipiente.
La sedia è formata di tre assi coperte di teli impermeabili: l'appoggiatoio, il sedere ed il suppedaneo, invitato il primo, gangherati gli altri alle gambe del lettuccio. Il sedere è sostenuto da due aste di ferro, che imperniate tra loro nel mezzo, s'incrociano a forma d'iccasse, e sono unite al predellino, una con un perno e l'altra con un moschetto. Il suppedaneo ha nella parte di sotto due piccole ruote matte perché non istrascichi quando il lettuccio, i cui piedi si reggono su ruote di egual forma, è condotto in giro.
Il paralitico è, durante l'asciugamento, assicurato alla sedia con una fascia di tela impermeabile che gli passa trasversalmente sul petto e si fissa al didietro della spalliera, all'un dei capi con bullette, all'altro con occhielli inseriti in un rampino.
Finito il giro della sezione, e fatta la pulizia del lettuccio, si solleva il sedere contro la spalliera, e vi si fissa passando un bottoncino invitato al disotto del sedere nell'occhiello di una correggia che cala dall'alto della spalliera cui è imbullettata. Si svincola quindi l'asta dal monachetto e, scomposto l'iccasse, si dispongono le due aste sulla coda dell'arpioncello del suppedaneo che si solleva e si fissa contro e come il sedere.
Il lettuccio è usato utilmente dal 1882.
Poltrona dei dementi paralitici.
La spalliera è alta centimetri 60, larga 50, imbottita, coperta di stoffa impermeabile, concava sul davanti, leggermente inclinata all'indietro e corsa verticalmente da due fessi paralleli da passarvi la fascia di sostegno, la quale, percorso trasversalmente il petto. si fissa al di dietro della poltrona a diverse altezze a norma di statura.
I fianchi sono pieni, non imbottiti, coi braccioli lunghi 45 centimetri e uniti a squadra coi ritti.
Il sedere è forato nel centro, ed è coperto da un cuscino impermeabile munito di tubo di caoutchouc che porta le deiezioni nel secchiello la cui cassa s'apre dal didietro della poltrona.
Il suppedaneo è a mezz'arco, perché serva ai più ed ai meno alti, è a regoli perché sia di più facile pulitura, e perché il calore della cassettina da piedi, che vi sta sotto in apposita incanalatura, sia meglio goduto.
La poltrona è chiusa da un'asse che appoggiata ai braccioli e mastiettata ad uno di essi per libertà d'accesso, serve da tavola, ed ha imbullettata sul davanti una cortina di tela impermeabile che scende fino al suppedaneo, e che con due strisce d'uguale tela infisse all'estremità dei braccioli provvede alla decenza.
Quando la poltrona è occupata, la tavoletta si fissa -ad uno dei braccioli con un serrame a vite che s'apre colla chiave comune.
Abbiamo anche i canapè a tre posti, che sono tre poltrone riunite per comodità di servizio, per guadagno di spazio e per risparmio di spesa.
Questa poltrona è in uso dal 1884.
Questa poltrona si compone essenzialmente di due parti: la posteriore in cui si mette l'ammalato a sedere, e l'anteriore che serve di mezzo di coazione.
La parte posteriore è, nella forma, uguale a quella dell'altra poltrona, ma non misura che 45 centimetri in altezza, e non ha né l'imbottitura né i fessi della poltrona dei dementi paralitici. La parte anteriore è formata da tre lamine sottili di ferro, e ricorda per via di somiglianza il grembiale del calesse. Le lamine laterali hanno 12 centimetri di largo in alto e 40 in basso, e sono al pari ed a filo coi ritti della parte posteriore, a cui s'uniscono, a destra con robusti mastietti, perché la parte anteriore girando su se stessa dia libertà d'accesso all'altra parte, a sinistra con serratura a sdrucciolo che si apre colla chiavetta comune. La lamina di mezzo è concava in avanti colla gradazione segnata dalla curva delle lamine laterali, e, come questa, si ripiega verticalmente negli ultimi dieci centimetri.
La tavoletta scorre dall'indietro in avanti appoggiandosi con quattro piegatelli a due spranghe di ferro, che dalla lamina di mezzo si protendono verso la spalliera e ad impedire ch'essa, quando è spinta verso il malato per la chiusura, possa esser causa di molestia ai più complessi, è munita di un congegno che permette di fissarla a tre diverse distanze.
Questo congegno è rappresentato esternamente, sotto la tavoletta, dal capo dì una vite che ha due tacche per le punte della chiavetta comune e da un bottoncino di ottone.
Per aprir la poltrona si volge a destra il capo della vite finché cessa ogni resistenza, si spinge quindi la tavoletta dall'avanti all'indietro sino alla metà dei braccioli, e, aperta la serratura a colpo, si tira a sé il pallino che sporta presso lo scudetto.
Per chiuderla si spinge con qualche forza la parte anteriore contro la posteriore, si fa quindi scorrere la tavoletta dall'indietro in avanti, e la si fissa premendo d'alto in basso il bottoncino d'ottone, avvertendo di agire sul bottoncino prima di spingere la tavoletta se il malato è corpulento, e dopo di averla spinta se l'ammalato ha una complessione ordinaria.
Per il trasporto della tavoletta dall'uno all'altro dei punti d'arresto che distano tra loro tre centimetri, si agisce sul congegno come per l'apertura e la chiusura della poltrona. Girata la vite ed abbassato il bottoncino, la tavoletta, arrivata a posto, si ferma e si fissa da sé.
L'agitato è messo nella poltrona interamente sciolto, e non può per isforzi né uscirne né rovesciarla. Ove però l'agitato fosse molto esile converrebbe fissarlo affibbiandogli al pube le due cinghie di tela imbullettate ai fianchi del sedere, se pure non si vorrà provvedere a questi casi eccezionali con una poltrona di minori pro- porzioni, con una poltrona da ragazzo.
Questa poltrona è in uso da cinque anni ed è singolarmente apprezzata dai medici.
Letto-barella degli epilettici.
Questo letto consta di due spranghe di ferro vuoto della lunghezza di 115 centimetri, dalle cui estremità si tirano, come i tubi minori di un cannocchiale, quattro bastoni di ferro, dei quali due concorrono a dare la necessaria lunghezza al letto dalla parte dei piedi, e tutti servono d'impugnatura nei trasporti. Quanto manca in lunghezza dalla parte del capo è dato da due spranghette di ferro vuoto, che finite a nodo colle spranghe maggiori, si ripiegato su di esse, a letto chiuso, e formano, a letto spiegato, i fianchi del guanciale, il cui terzo lato è fornito da due bastoncini sguainati dalle stesse spranghette e fissati in una fascetta d'ottone col congegno della baionetta.
Le gambe si uniscono tra di loro ad iccasse, e si flettono, a letto raccolto, contro le spranghe principali a cui sono imperniate.
La tela è di filo canapino molto robusto e si fissa per mezzo di cordicella e di occhielli alle spranghe maggiori, ai lati del guanciale ed -ai due bastoni inferiori.
Questo letto si stende e si raccoglie in pochi istanti e quand'è raccolto ha la lunghezza delle spranghe maggiori, e potrebbe entrare in un anello del diametro di 10 centimetri.
Su questo letto s'assicurano e si trasportano nell'infermeria gli epilettici incolti nei giardini da accessi gravi o lunghi.
E per impedire che nei trasporti le spranghe si stringano sull'ammalato, non potendosi fare sicuro assegnamento sui due bastoncini trasversali del guanciale, si fissano le gambe della barella, spingendo il cilindretto che sporge in prossimità del perno entro i due fori che le attraversano.
Perché poi l'ammalato non cada a terra, lo si assicura passandovi sopra trasversalmente od in croce due strisce di telai le quali si fissano con occhielli a bottoncini invitati alle spranghe maggiori. Le strisce servono anche di legaccio al letto raccolto.
Per gli epilettici, i cui accessi sono di breve durata, si ha il letto rappresentato dalla seconda figura. Le stanghe di questo letto sono formate da tre pezzi articolati fra loro in modo che tanto quello del capo, il quale ha l'inclinazione del guanciale, quanto quello delle gambe si ripiegano esattamente sul pezzo maggiore. I pezzi minori sono vuoti per dar posto ai due bastoncini che, a letto spiegato, si uniscono insieme in una fascetta a congegno e compiono il piano del letto.
Le gambe e la tela sono uguali a quelle del letto-barella.
Specie di cassapanca con l'intelaiatura di ferro, le pareti di tela metallica ed un piccolo appoggiatoio.
Il fondo è retto da quattro larghi piedi; ed il piano, mastiettato alla lama dell'appoggiatoio, serve di sedere all'ammalato e di coperchio alla cassa da riporvi le vestimenta.
La tela metallica favorisce la circolazione dell'aria, e l'appoggiatoio fa anche da presa.
Questa sedia fu ideata per gli epilettici i quali sono, di regola, abbastanza intelligenti per approfittarne e troppo sospettosi per comportare che altri metta le mani sulle cose loro.
In altre sezioni si usa per le vesti d'ogni ammalato una rete di spago, che si chiude con un cordone passato in una guaina, e si appende, durante la notte, ad una delle spalliere del letto o si mette in una grossa ed elegante cassapanca di tela metallica, in cui si evita la confusione tenendo riuniti i cordoni e munendoli di un cartellino col numero dei letti.
Le donne dell' infermeria hanno per soprappiù una sedia a iccasse.
Il vestito ha i pantaloni, la giacca e le scarpe a fermaglio, coll'aggiunta della sottana per le donne.
I pantaloni sono cuciti in giro alla giacca - hanno lo sparato dell'inforcatura lungo ed abbottonato alle estremità come quello dei ragazzi - danno attacco in corrispondenza dei malleoli ad una forte striscia di tela, e finiscono a forma di uose.
La giacca è aperta nel didietro, ed ha all'estremità dei lembi un robusto gancio, e nel mezzo due ordini d'occhielli per l'allacciatura.
La parte interna delle maniche è dal gomito al giro fortemente cucita ai fianchi della giacca in quella giusta direzione che permette alla mano di arrivare alla bocca ed alle estremità dello sparato dell'inforcatura. La direzione della cucitura è quella stessa che prende il braccio nello stato d'inazione. A rinforzo della cucitura vi ha una striscia robusta di tela, che partendo da uno dei lembi dello sparato del dorso, gira attorno al braccio corrispondente, percorre la parte anteriore della giacca, gira attorno all'altro braccio e raggiunge il lembo opposto. La striscia corre orizzontalmente fra i due strati del vestito cui è fortemente cucita, e non fa veruna pressione sulle braccia. I paramani sono lunghi, ed hanno nella parte libera una guaina corsa da un cordone, il quale montando coperto sino al gomito, non può essere raggiunto né dalle mani né dai denti dell'agitato.
In questo vestito la striscia scusa le pastoie - il cucito delle maniche, la cintura -- il paramano, calato ed increspato, la manopola.
Per vestire l'agitato, il domestico leva le uose e mette i pantaloni e le searpe, rimossi quindi il corsaletto ed i polsini, fa scendere l'ammalato dal letto, ne impegna le braccia nelle maniche, e portata di un colpo la giacca sulle spalle, la ferma coi ganci e la allaccia.
Questo vestito è in uso dal 1884 e corrisponde.
Cintura degli agitati.
Questa cintura è fatta da una striscia di tela canapina addoppiata, la quale ha tre centimetri d'altezza, cinge la vita e si fissa al davanti collo stesso fermaglio del corsaletto.
In corrispondenza dell'anca si eleva dai due strati della striscia un'ansa della stessa tela, che riceve il braccio e che, stretta col fermaglio del corsaletto contro la parte cubitale, fa da polsino.
Da noi le pastoie isolate non si usano più. Chi offende anche col piede è contenuto col vestito degli agitati, e si hanno così i vantaggi senza le molestie, senza i danni delle pastoie ordinarie.
Manicotto dei laceratori.
Il manicotto è tutto di tela canapina molto robusta, ricetta comodamente le due mani e dà attacco nel mezzo della parte posteriore ad una forte striscia della stessa tela, i cui capi si fermano ai lombi. I fermagli del manicotto sono uguali a quelli del corsaletto e della cintura; e ciò fa che questo mezzo di coazione può, come il corsaletto e la cintura, servire per qualunque individuo.
Riportata la descrizione del mobilio data dall'inventore stesse Dott. Perotti, riprendo io la penna.
Nel nostro Manicomio il vitto ricevette nel corso di questo secolo già ripetute modificazioni e ciò è naturale, non potendo a verun alienista sfuggire l'importanza massima di quello nel trattamento curativo dei mentecatti, per molti dei quali un vitto appropriato costituisce quasi l'unico mezzo di cura.
Non ritornerò su queste modificazioni, avendone già parlato di proposito nella mia monografia sul vitto dell'alienato povero, pubblicata in questo giornale stesso. Aggiungerò solo che una savia larghezza dell'Amministrazione lascia al medico la facoltà di prescrivere agli ammalati cui creda necessario, quegli alimenti che ravvisi richiesti dalle loro condizioni.
Il nutrimento giornaliero viene ripartito in tre pasti: colazione , pranzo e cena.
Le ore destinate ai pasti sono:
- Per la colazione quella che immediatamente sussegue la visita medica del mattino, epperciò tra le 7 e le 8.
- Pel pranzo la distribuzione comincia alle ore 11 e termina alle 12.
- La cena comincia alle 6 di sera.
La razione regolamentare varia secondo la pensione pagata dal ricoverato, come si può notare dal prospetto seguente: (qualità e quantità degli alimenti)
Per la preparazione di queste mense occorrono giornalmente le seguenti quantità di materie prime:
- Per il pensionario da £ 1200: - pane K. 0,500 (di cui 320 gr. in grissini); carne K. 0,320; salumi o burro K. 0,040; vino litri 0,600; cacio (qualità superiore gr. 0,020, paste dolci gr. 50; paste gr. 50; riso gr. 50; latte gr. 150 con caffè gr. 18, e zucchero gr. 45; frutta; legumi gr. 16; verdura gr. 250: crema o zabaglione fatto con altro latte gr. 170- farina di frumento gr. 5; altro zucchero gr. 15; uovo 1. - Per la donna il vino è ridotto a litri 0,400 ed il pane a K. 0,460.
- Per il pensionario da lire 900: - pane K. 0,500; carne K. 0,320; paste gr. 50; riso gr. 50; erbaggi gr. 375; legumi gr. 16; formaggio fino gr. 30; frutta; latte 150 con 12 grammi di caffè e 30 grammi di zucchero.
- Per il pensionario da lire 600: - carne K. 0,170; pane K. 0,500 di cui 90 gr. di grissini; vino litri 0,300; due minestre composte di paste gr. 50 e riso gr. 50; legumi gr. 16; erbaggi gr. 250, formaggio nostrano gr. 20.
- Per il pensionario da lire 450, o povero: - pane K. 0,500; carne K. 0,170 computata cruda colle ossa; paste K. 0,050; riso K. 0,050; legumi K. 0,016; erbaggi K. 0,312; vino litri 0,300.
Il sale consumato giornalmente nella preparazione dei cibi per i 500 ricoverati e le 60 persone di servizio sale a K. 12; il burro a K. 3,37; l'olio a K. 2; l'aceto a litri 6; il lardo a K. 2,00; il formaggio da grattugiare a K. 2; la farina a K. 0,100.
I cibi vengono preparati in una sola cucina per gli uomini e per le donne, sia nello stabilimento di Torino che in quello di Collegno. Un gran fornello in ferro, alimentato in massima parte a carbone di coke, si presta a tale ufficio. Una caldaia papiniana permette di estrarre dalle ossa i materiali nutritizi, che vengono per tal modo utilizzati nella preparazione del brodo. Appositi elevatori per la sezione maschile e femminile permettono il rapido trasporto delle vivande ai refettori dei piani superiori.
In complesso il vitto del nostro Manicomio, rispetto a quello di altri Stabilimenti nostrani, tiene un posto elevato; non tacerò però che sarebbe conveniente portarvi delle modificazioni, e queste vennero già da me accennate nella sunnominata monografia.
Aggiungerò solo, a conferma delle mie proposte, che negli Stabilimenti stranieri che mi fu dato visitare nella Germania e nella Svizzera, gli alimenti derivati dal regno animale, latte, carne o cacio, non mancano mai di fare parte integrante di ciascuno dei tre pasti giornalieri, di cui godono i ricoverati di quelli Stabilimenti. A Kónigsfelden i pasti sono anzi quattro.
Alimento appetitissimo dai malati e per lo più loro conveniente è il latte, e dappertutto lo vidi usato a profusione. A Stephansfeld presso Strasburgo se ne consumano dai mille ricoverati 102 litri per capo all'anno, somministrato dalle vacche allevate nello Stabilimento stesso e la mortalità vi è minima non raggiungendo che il 5,8 per cento sul totale dei ricoverati.
In questa questione come in ogni altra le considerazioni economiche naturalmente hanno il loro peso, e questo tanto maggiore in quanto che, purtroppo, nella popolazione dei manicomi vi ha un numero di individui, per i quali, né speranza di salute, né probabilità di migliora, e neppure sensazione di godimento possono molte volte essere invocate per giustificare maggiori spese a loro riguardo. E le Province notano con sorpresa le gravi spese che loro incombono pel mantenimento dei rispettivi alienati poveri.
Ma d'altra parte giova osservare che il buon nutrimento, in ultima analisi, è l'agente più potente di cura che sta nelle mani dell'alienista, siccome il mezzo più sicuro ed efficace per rendere l'organismo resistente contro i germi infettivi e tutte le altre cause che ne turbano o minacciano l'integrità, mentre che l'alimentazione impropria od insufficiente costituisce la causa principale del passaggio di tante forme primarie guaribili, allo stato di forme secondarie incurabili.
Non riuscirà quindi difficile. messa da parte ogni considerazione umanitaria, il comprendere come le semplici considerazioni economiche debbano consigliare una maggiore larghezza nel vitto degli alienati.
Basterà, per convincersi di questa verità, il portare uno sguardo alla statistica.
Alla fine del 1889 noi avevamo nei nostri Stabilimenti di Torino e Collegno riuniti, sopra una popolazione mista di 954 poveri, 245 affetti da demenza secondaria; di questi, 105 contavano meno di 10 anni di permanenza nello Stabilimento, 110 invece li superavano, e fra essi, 65 avevano oltrepassati i 15 anni di ricovero. Di tali dementi nel 1890 ne vennero a morire 29, fra i quali 15 solamente non avevano ancora raggiunto il 10° anno di ricovero, mentre 14 lo superavano e, fra questi, 10 avevano oltrepassato il 15° anno. Dietro questi dati è lecito il dichiarare che, calcolando a 10 anni la vita media di uno affetto da demenza secondaria, si sta al disotto anziché al disopra della verità.
Ora, ammettiamo che annualmente otto ricoverati maniaci o melancolici, o affetti da frenosi sensoria, passino per vizio qualitativo o quantitativo di alimentazione allo stato secondario di demenza, ed abbiano in conseguenza a vivere dieci anni nello Stabilimento in tale stato, giusta il calcolo sovraccennato o, se meglio aggrada, consideriamo come conseguenza di tal difetto il passaggio a tale stato del terzo dei dementi presenti, sempre troviamo derivarne un sovraccarico annuo di circa 29,000 giornate di permanenza nel ricovero a carico della Provincia, che fanno contrappeso al risparmio che questa fa in tal periodo di tempo sul costo di mantenimento dei ricoverati stessi in virtù dell'alimentazione meno generosa; e il calcolo non potrà da verun competente in materia esser valutato troppo elevato. Lascio di parlare delle altre malattie accidentali e spese relative, morti evitabili, ecc., che il vitto improprio può cagionare.
Riporterò per confronto i quadri del consumo delle principali derrate alimentari nello Stabilimento di Stephansfeld e succursale Hórdt ed in quello di Torino e succursale Collegno.
Quanti si occupano della cura dei poveri alienati debbono di necessità riconoscere il valore di un buon personale di assistenza per ottenere favorevoli risultati. L'infermiere è quello che tuttodì sta col malato, e che molte volte arriva a sorprenderne il delirio che questi si studia di nascondere al medico.
L'infermiere è, si può dire, l'unica persona di mente sana che seco lui si trovi, prenda parte ai suoi discorsi, lo vigili nei suoi atti. D'altra parte, dalle qualità morali dell'infermiere dipende l'attuazione dei sistemi di cura meglio ideati; su di esso riposa il trattamento umano dei poveri mentecatti.
Sono troppe le ore durante le quali l'alienato si trova in balia dell'infermiere, perché questi non possa sevire contro di esso, se malanimo, ignoranza e pregiudizi lo rendono proclive ad un trattamento barbaro verso i malati affidati alla sua custodia, quando l'umanità, la compassione e le esigenze della malattia, allorché suscettibile di guarigione, richiederebbero da lui cure amorevoli, pazienti ed intelligenti.
Non basta aver abolite le catene, aver prescritto nei regolamenti che ogni sevizie sia bandita dal trattamento degli alienati. L'attuazione della riforma umanitaria, l'eseguimento di ogni disposizione che rifletta il trattamento dell'alienato è affidato alla buona volontà. ed al sano criterio dell'infermiere che lo assiste.
Lagni e proteste dalla bocca del mentecatto non possono generalmente aver valore ed ottenere ascolto se non appoggiati a prove di fatto, potendo essere dettati da delirio di persecuzione, da allucinazioni od illusioni di cui sia preda il malato stesso. Quindi il medico che dirige la disciplina dell'ospizio, deve di necessità per lo più fidarsi sulle relazioni dell'assistente anziché dell'assistito.
L'assistenza dei ricoverati maschi è affidata agli infermieri, sotto la sorveglianza diretta di tre capi-camerata. uno per la sezione dell'infermeria e dei sucidi, l'altro per quella dei tranquilli, ed il terzo per la sezione degli epilettici, dei semi-agitati e degli agitati.
Tutti dipendono dall'infermiere-capo, scelto fra gli infermieri stessi in ragione di anzianità e di merito.
Le donne alienate sono assistite dalle infermiere in concorso e sotto la sorveglianza delle suore. Ad ogni camerata ne presiede una, ed a tutto il servizio femminile presiede la suora superiora. Alle suore resta ancora affidata la manutenzione della biancheria e del vestiario, tanto degli uomini che delle donne, ed in tale opera sono coadiuvate da buon numero di ricoverate.
Il servizio di cucina è invece affidato a personale maschio destinato a quel solo lavoro speciale.
La sorveglianza e direzione dei ricoverati addetti ai lavori di laboratorio a Torino ed ai lavori agricoli a Collegno, è affidata ad infermieri che vi abbiano l'attitudine speciale.
Le condizioni per essere ammesso fra gli infermieri sono: aver l'età dai 20 ai 35 anni, statura non inferiore a m. 1,58 per gli uomini, m. 1,52 per le donne; godere buona costituzione fisica, esente da difetti od infermità; avere fedina penale netta.
Ogni infermiere alla sua entrata nello Stabilimento deve fare un noviziato di tre mesi, ed è solo dietro rapporto favorevole del medico primario che, dopo tal tempo è ammesso definitivamente al servizio.
Dovere dell'infermiere è di assistere e sorvegliare i malati, prestar loro tutte le cure di nettezza e tutti i servigi di cui hanno bisogno, tener conto delle tendenze che spiegano, contenerli opportunamente quando occorra, adoperando sempre modi umani, senza mai trascorrere ad atti di violenza, anche quando debbono impiegare la forza per frenare i furiosi. Ogni cattivo trattamento, ogni atto di violenza verso i ricoverati, provoca il licenziamento immediato di chi se ne rese colpevole.
La Direzione si preoccupa anzi tutto che ciascun infermiere sia bene istruito nei doveri che gli incombono. A tal uopo i medici capi sono incaricati di impartire due volte al mese lezioni sull'assistenza dei malati. A queste debbono assistere tutti gli infermieri non direttamente occupati nel servizio durante quell'ora.
Il numero degli infermieri destinati alle varie sezioni varia secondo queste. Naturalmente un minor numero relativo viene addetto ai tranquilli; massimo invece è il numero relativo di quelli che prestano servizio nella sezione degli agitati. In media il numero degli infermieri addetti allo Stabilimento ammonta ad uno ogni dieci ricoverati, non contando quelli individualmente applicati al pensionari di prima categoria.
Di notte ad ogni camerata stanno addetti in servizio speciale due inservienti. Di questi due pernottanti uno deve sempre essere in piedi per l'assistenza ai ricoverati, l'altro, pronto per ogni chiamata, può, se non richiesto, riposare la metà della notte. Ogni infermiere di servizio deve tener conto di quanto di notevole avviene nel frattempo nella sezione, e riferirlo al capo-camerata che redige il rapporto da presentarsi al mattino al medico al tempo della visita. Questa terminata, il capo-infermiere degli uomini, e la suora che nella sezione femminile ne copre le funzioni, raccolgono i rapporti dei capi camerata per riunirne i dati in un prospetto generale di quanto successe nelle 24 ore precedenti; il quale prospetto viene in giornata presentato al medico, che lo conserva come materiale per la compilazione delle storie cliniche dei vari ricoverati. Giornalmente del pari viene presentato al Direttore d'ispezione un altro che riflette le persone di servizio ed i ricoverati.
Agli infermieri si accorda vitto, alloggio e vestiario dallo Stabilimento, ed un salario che varia da lire 30 a 60 mensili, secondo la categoria ed il grado. Le infermiere hanno paga da 20 a 30 lire.
Le disposizioni per animare gli inservienti ad adempire ai loro doveri sono varie.
La posizione degli infermieri è assicurata come quella di tutti gli impiegati dell'Amministrazione. Dopo 30 anni di servizio normalmente, e dopo 25 qualora non siano più capaci di prestare servizio, sono collocati a riposo con pensione vitalizia, o trattenuti nello Stabilimento come famigli e non più incaricati che di lavoro adatto alle loro forze.
Dopo tre anni di lodevole servizio, ogni infermiere passa alla categoria superiore con diritto a salario maggiore; ed anche senza passare al grado di capo-camerata può il loro salario aumentare da 30 a 40 lire. Il capo-camerata ha da 45 a 50 lire mensili ed il capo-infermiere da 60 può cogli aumenti triennali pervenire al salario di 75 lire mensili.
Ogni infermiere ha diritto ad avere una semi giornata di libertà, dalle 1 pom. sino alle 5 1/2 pom., e dalle 8 alle 9 3/4 pom., ogni quarto giorno. Può inoltre il secondo pernottante uscire dallo Stabilimento al mattino, dopo la visita medica, fino all'ora della distribuzione del pranzo; ed il servizio è così distribuito, che questa libertà coincide col secondo giorno dopo quello dì semilibertà; dimodochè a giorni alterni ogni inserviente può godere della facoltà di uscire per un tempo più o meno lungo, e fruire così del vantaggio fisico e morale di allontanarsi temporaneamente dall'ambiente del manicomio.
Ad ogni infermiere vengono inoltre ogni anno accordati dieci giorni di ferie.
Sarebbe utile consiglio che si esigesse da ogni postulante, per essere ammesso in qualità di infermiere, un grado di coltura mentale superiore al sapere semplicemente leggere e scrivere, e che a ciascuno di essi, appena ammesso al servizio, anzi, fin dal tempo della domanda di ammissione, fosse consegnato un libretto colle istruzioni necessarie a sapersi da ciascun infermiere per il disimpegno regolare e ragionevole delle sue funzioni. Così fin dal principio ogni infermiere conoscerebbe i suoi doveri e, non venendo meno la buona volontà, potrebbe più facilmente eseguirli.
Tale pratica adottata dal Dott. Roller a Illenau era stata da lui riconosciuta utilissima. Presso lui i sorveglianti erano scelti ancora più a rilento, e non ammessi definitivamente che dopo un anno di buona prova.
Egli esigeva che dovessero avere un mestiere per diventare all'uopo capi officina e che fossero a sufficienza intelligenti. Ricevevano all'entrata un formulario in cui erano notate tutte le particolarità del servizio. Erano pensionati e quando meritevoli anche decorati. I più antichi e provati potevano ottener alloggio nello Stabilimento per sé e la loro moglie e figli (FALRET, Des maladies mentales et des asiles d'aliénés. Visite à l'Etablissement d'aliénés à Illenau près Achein. - Paris, 1864).
Non sarebbe impossibile procurare eguali vantaggi ai nostri infermieri a Collegno, senza inconvenienti per lo Stabilimento, anzi con profitto del servizio che ne sarebbe tanto più vantaggiato in quanto che sarebbe eseguito da persone che assai perfettamente lo conoscerebbero e interessate doppiamente ad eseguirlo a dovere per la convenienza propria e della famiglia.
Un infermiere ammogliato e con famiglia per lo più viene dal sentimento paterno ammaestrato ad essere anche più umano cogli ammalati.
La possibilità di accasarsi e poter convivere colla propria famiglia, fuori delle ore di servizio, legherebbe allo Stabilimento le persone più regolate, che ora dopo fattosi un certo peculio e trovando impiego più soddisfacente molte volte lo abbandonano.
A Torino potrebbero riceversi gli infermiere nuovi. La destinazione a Collegno, con facoltà e facilità di accasarsi, sarebbe il premio di qualche anno di buon servizio.
Certo è che il frequente rinnovarsi delle persone di servizio quale si osserva ora nella sezione maschile, porta un incaglio notevole al buon andamento dell'assistenza ai ricoverati, e per ovviarvi non può esservi mezzo migliore che quello di porre maggior rigore nella scelta dei nuovi aspiranti, onde questa risulti buona, e non occorrno frequenti licenziamenti per punizioni, e d'altra parte aumentare i mezzi di attrazione per quelli che furono ammessi onde meno facilmente si decidano ad abbandonare volontariamente lo Stabilimento.
Riporto il tenore dei moduli che il capo camerata presenta giornalmente al medico alla visita del mattino, non che quelli in cui il capo-infermiere riassume giornalmente e presenta al medico capo ed al direttore d'ispezione le variazioni occorse nelle 24 ore precedenti.
Il servizio medico dello Stabilimento, compresa la succursale di Collegno, è disimpegnato attualmente da nove medici, di cui.cinque risiedono a Torino e quattro a Collegno. A Torino sta il medico primario, un medico capo-divisione, un anatomo-patologo e due assistenti. A Collegno vi sono tre medici capi-divisione ed un assistente.
Il medico primario assume la direzione superiore della polizia medica generale dello Stabilimento, compresa la succursale di Collegno. Esercita in Torino l'alta sorveglianza sulla regolare ripartizione in servizio del personale di custodia e di assistenza dei ricoverati, riferisce alla Direzione circa le cose più notevoli riguardanti il servizio sanitario, e propone le modificazioni ed i miglioramenti che nell'interesse dei ricoverati e per il regolare andamento dell'Ospedale giudichi convenienti; propone direttamente alla Direzione le ammissioni definitive e le dimissioni dei ricoverati affidati alle sue cure. Ha pure la direzione del Laboratorio clinico, non che quella del Giornale dello Stabilimento.
Egli ed il medico capo-divisione di Torino disimpegnano entrambi, come medici curanti, il servizio clinico dei due riparti (maschile e femminile) nei quali sono divisi i ricoverati, alternandosi scambievolmente da un riparto all'altro ogni biennio.
La responsabilità della cura dei ricoverati spetta intera a ciascun medico curante.
Ognuno di essi ordina, nel proprio riparto, la classificazione dei ricoverati e tutte le successive modificazioni che si rendono necessarie; determina la misura della libertà da accordarsi ad ogni ricoverato, tanto interna che esterna, permette o vieta ai ricoverati le visite dei parenti, degli amministratori, degli amici, secondo che lo giudica utile e conveniente; promuove le ricompense, propone le punizioni, indica le occupazioni e le distrazioni ad ognuno appropriate; avvisa infine a tutti li provvedimenti che stima conformi agli interessi dei propri clienti.
Il medico capo-divisione trasmette le proposte di ammissione o di rinvio degli individui in osservazione nel proprio riparto coi rispettivi documenti al medico primario, e così pure le proposte per la dimissione. Questi rassegna tali proposte alla Direzione, aggiungendovi, ove occorra, le proprie osservazioni.
Il medico primario ed il medico capo-divisione sono coadiuvati, nel loro servizio clinico, ed in tutte le occorrenze, ciascuno da un assistente proprio.
L'anatomo-patologo ha il servizio delle autopsie, non che la direzione del laboratorio anatomo-patologico; sostituisce in sezione il medico primario, quando è assente.
Gli assistenti coadiuvano i rispettivi capi-clinica nelle sezioni, e fanno per turno un regolare servizio di guardia, di modo che sempre uno di essi si trovi presente nello Stabilimento per l'accettazione dei nuovi entranti, non che per tutte le occorrenze del servizio. Ciascuno di essi attende inoltre ad uno dei due laboratori, clinico ed anatomo-patologico, sotto la direzione del rispettivo capo.
A Collegno il servizio clinico dei ricoverati è disimpegnato dai tre medici capi-divisione.
Al medico-capo anziano spetta la cura dei ricoverati pensionanti dell'uno e dell'altro sesso, ai due altri la cura degli ammalati dei due riparti in cui sono divisi i ricoverati poveri. Il medico-capo anziano rappresenta il medico primario e il direttore d’ispezione nella loro assenza, ed ha la direzione del laboratorio clinico. Uno degli altri due medici-capi ha la direzione del laboratorio anatomo-patologico.
Il medico assistente coadiuva i medici-capi e li sostituisce nella loro assenza; attende inoltre al servizio delle autopsie sotto la direzione del direttore del laboratorio anatomo-patologico.
L'ufficio del personale sanitario è duplice. Spetta cioè ai medici dello Stabilimento dapprima il dovere di attendere alla cura degli ammalati del loro riparto, disimpegnando insieme l'incarico affidato dalla società all’alienista pratico, di esaminare cioè accuratamente le persone loro affidate prima di ammetterle definitivamente nello Stabilimento, e così pure quelle che si riconoscessero suscettibili di far ritorno in società.
Oltre a questo obbligo la Direzione affida ancora al personale sanitario il compito di adunare materiali e lavorare attivamente per il progresso della scienza.
I medici-capi visitano giornalmente due volte gli ammalati, al mattino e nel pomeriggio. Alla sera gli assistenti fanno ancora una controvisita agli ammalati più bisognosi di essere sorvegliati, e che già videro in giornata accompagnando i medici-capi nelle loro visite ordinarie. E’ inoltre ufficio del personale sanitario di assistere al pasto dei ricoverati e di sorvegliare le applicazioni idroterapiche prescritte. Non devono mai i sanitari abbandonare lo Stabilimento tutti assieme: sempre deve rimanerne uno per le possibili evenienze.
Il medico primario e i due assistenti a Torino hanno inoltre l'alloggio nello Stabilimento, onde di necessità vi passano buona parte della giornata e tutta la notte, ciò che importa sempre una maggior facilità di sorveglianza per parte loro nel servizio, e maggior prontezza di prestar l'opera nei casi in cui questa sia richiesta.
A Collegno tutti i medici hanno alloggio nell'interno dello Stabilimento.
Al secondo compito soddisfano i sanitari in varie maniere. Ogni anno i medici-capi sono tenuti a presentare un rendiconto statistico sul movimento dei ricoverati appartenenti alla loro sezione, secondo le varie forme dell'alterazione mentale da cui sono colpiti.
In nessun altro ramo della medicina si fecero studi statistici cosi numerosi e complessi come in quello che riflette la psichiatria. L'interesse sociale ed umanitario connesso allo sviluppo ed allo estendersi delle malattie mentali fu forse il movente di questo più approfondito studio statistico della pazzia. Forse anche la varietà dei metodi curativi e di tutte le disposizioni di varia natura adottate pel trattamento dei pazzi non fu estranea al progresso ed alla diffusione di questi studi e delle relative pubblicazioni per parte degli alienisti, destinate a provare la bontà dei provvedimenti da loro adottati per la cura e il trattamento dei loro clienti.
Noi troviamo pel nostro Stabilimento già divulgati dati statistici dal Trompeo, dal Bertolino, poi dal Bonacossa, dal Porporati, dal Lombard, ed altro è ora in corso di pubblicazione per parte dello scrivente.
Colla raccolta dei dati statistici si ottengono preziose indicazioni.per stabilire non solo l'efficacia dei metodi curativi, ma anche la curabilità delle varie forme morbose. Si riesce poi massimamente a penetrare nella conoscenza della eziologia delle malattie mentali ; onde vengono suggerite al legislatore, all'igienista ed al privato utili consigli per andare incontro alla estensione di questa vera piaga sociale ed a renderne meno nocivi gli effetti.
- BENEDETTO TROMPEO, Saggio sul Regio Manicomio di Torino, 1829
- BERTOLINO, Rendiconto statistico del Regio Manicomio di Torino nei due semestri dell'anno 1837.
- STEFANO BONACOSSA - Saggio di statistica del Regio Manicomio di Torino.
- ID., Statistica medica del Manicomio di Torino e di Collegno dal1° gennaio 1854 al 31 dicembre 1863. Torino, 1864.
- MICHELE PORPORATI - Ragguagli statistici sul Manicomio succursale di Collegno durante il decennio 1864-73.
- ID., Cenni storico-statistici intorno al Regio Manicomio di Torino.
- CARLO LOMBARD -Sul lavoro dei mentecatti nella casa succursale di Collegno nell'annata agricola 1876-77. , 1878.
- A. MARRO - La pazzia nelle donne. Annali di Freniatria, vol. 2° e 3°.
Altra incombenza del corpo sanitario, che concorre colla raccolta dei dati statistici ad adunare materiali utili per il progresso scientifico, è la compilazione delle storie cliniche dei singoli ricoverati. E’ questo un compito gravoso, in ispecie pel corpo sanitario dello Stabilimento di Torino, ove vengono ricevuti di regola i nuovi ammessi; ma nessuno potrà metterne in dubbio il vantaggio per la conoscenza dello stato generale e psichico del nuovo entrato, non che per la serietà ed attendibilità dei dati statistici che ne verranno prelevati.
L'istituzione delle storie cliniche rimonta all'anno 1876 e fu dovuta, all'iniziativa del dott. Porporati. Esse subirono qualche modificazione in progresso di tempo. L'ultima avvenne nel 1886. Dietro proposta del corpo sanitario la Direzione approvò un apposito modulo, nel quale si segnano distintamente tutte le particolarità del decorso della malattia, trattamento curativo, condotta del ricoverato, ecc., di modo che con uno sguardo alla storia si possono subito conoscere tutte le particolarità riflettenti un dato individuo, ciò che rende più facile il compito del medico quando lo stesso individuo, fattosi recidivo, venga un'altra volta a presentarsi per l'accettazione; e permette similmente di rispondere con prontezza e con un certo grado di sicurezza anche alle questioni che venissero dall'autorità giudiziaria od amministrativa rivolte al medico sullo stato degli individui che si trovano oppure furono ricoverati nello Stabilimento. Di ogni nuovo entrato si fa un esame anamnestico, antropometrico, clinico e psichico, e i relativi dati che se ne ottengono vengono segnati nella storia clinica (sul modulo qui a fianco riportato) che deve presentarsi alla Direzione quando si fa la proposta della ammissione definitiva o della non ammissibilità del ricoverato. Di mano in mano che una storia viene compilata e che l'ammissione del malato è decretata, essa viene collocata nel rispettivo casellario alfabetico per essere notata e consultata ogniqualvolta se ne presenti il bisogno. Quando il malato viene trasferito allo Stabilimento di Collegno, seco lui si manda la storia, e per tal modo il medico che lo riceve in cura può subito conoscere lo stato del ricoverato ed il profitto ricavato dai precedenti trattamenti. Le storie dei malati usciti o morti, messe a parte, formano dei volumi annui che vanno a far parte della biblioteca e che possono sempre essere consultati con frutto quando occorre aver qualche notizia riflettente coloro che già furono ricoverati nello Stabilimento. La biblioteca dello Stabilimento è riccamente fornita dalla Direzione delle opere migliori riflettenti lo studio della psichiatria, non che dei periodici indigeni ed esteri più commendati. A tale oggetto la Direzione stabilisce ogni anno una somma in bilancio, e tutte le domande motivate dai medici dello Stabilimento per l'acquisto di nuove opere occorrenti per i loro Studi vengono favorevolmente accolte. La biblioteca resta aperta agli studiosi anche estranei allo Stabilimento. Ecco il modulo di cui si è fatto cenno avanti.
Fino dai tempi andati la Direzione che presiede al Manicomio di Torino mostrò il massimo zelo per il progresso della scienza.
Nessun dubbio può ammettersi sull' utilità dell' insegnamento della psichiatria. Il medico pratico ne riceve lumi per le occorrenze dell'esercizio pratico, sia come medico che come perito. Lo studio approfondito delle malattie mentali insegna a meglio apprezzare l'influenza del sistema nervoso nelle malattie, anche interessanti altri organi. Molte diagnosi riescono rischiarate. La medicina legale, la filosofia e la pedagogia ricevono da tale studio lumi inapprezzabili: e chi più di tutti avvantaggia dalla diffusione di tale studio sono gli alienati stessi che, meglio conosciuti nelle loro alterazioni, fin dai primordi della malattia, vengono più prontamente soccorsi con sussidi terapeutici o per lo meno con maggior prontezza fatti ricoverare negli opportuni Stabilimenti.
Nei secoli scorsi mancando ospizi speciali per raccogliere gli alienati, anche l'insegnamento della psichiatria dovette naturalmente andar negletto. Il primo corso clinico delle malattie mentali fu inaugurato dal Battie in Inghilterra, all'epoca della fondazione dell'Asilo di San Luca a Londra nel 1758. Gli amministratori dell'Asilo avevano approvato all'unanimità il disegno del valente iniziatore della clinica psichiatrica. Con tutto ciò il suo esempio restò a lungo senza seguaci, e non fu che 84 anni dopo che il dottore Sutherland ripigliò un simile corso nello stesso Ospizio, mentre A. Morrison ne intraprendeva un altro a Bedlam, e più tardi il Conolly ad Hanwell.
In Germania non fu che al principio del secolo che cominciò l'insegnamento della psichiatria aver luogo a Berlino per opera dell'Horn e del Múller a Wurtzburg. Successivamente insegnò Autenrieth a Tubinga, Giuseppe Frank a Wilna, Conradi a Heidelberg, Nasse a Bonn ed Heinroth a Lipsia.
Pressoché contemporaneamente il Pinel in Francia cominciava a trattare delle malattie mentali, preparando il campo all'Esquirol, il primo vero professore clinico di psichiatria, che cominciò il suo insegnamento alla Salpetrière nel 1817, seguito poi dal Ferrus a Bicétre, dal Bottex a Lione e dal Beck a Mompellier.
In Italia la prima metà del secolo passò senza che ancora venisse aperto insegnamento clinico delle malattie mentali. Nel 1829 il dott. Hildebrand, professore all'Università di Pavia, presentava un primo progetto per l'istituzione di una clinica psichiatrica, Ma la proposta non ebbe corso e doveva essere riservato alla Direzione del Manicomio di Torino l'onore di farsi con frutto iniziatrice del movimento scientifico in questo ramo di studi in Italia.
Nel 1848 essa faceva istanza al Ministro d'istruzione pubblica perché venisse impartito un insegnamento regolare di psichiatria agli studenti di medicina e chirurgia. La domanda veniva due anni dopo accolta, e l'insegnamento affidato al medico primario dello Stabilimento Dott. Bonacossa. Così ebbe luogo l'istituzione della prima clinica psichiatrica in Italia. L' insegnamento, reso obbligatorio per legge, venne esteso alle altre Università, restando al nostro Manicomio il merito di averlo provocato.
Attualmente la Direzione dello Stabilimento provvede gratuitamente il locale per la Scuola, che fu anzi creato di nuovo nell'edificio di recente costrutto, appropriato a tale scopo. Alla scuola va pure annessa una sala per il laboratorio del professore di psichiatria.
La Direzione provvede inoltre alla manutenzione, illuminazione e riscaldamento dell' uno e dell'altro locale senza compenso di sorta da parte del Governo.
E’ stata agitata la questione se per l'insegnamento della psichiatria meglio convenisse ammettere direttamente gli allievi nell'asilo, ovvero trasportare gli ammalati nella Scuola per sottoporli all'esame degli studenti. Il metodo seguito nella clinica psichiatrica partecipa ora dell'uno e dell'altro.
Nella Scuola si impartisce l'insegnamento teorico. Alla Scuola vengono inoltre chiamati gli ammalati delle diverse forme morbose sulle quali il professore richiama l'attenzione degli studenti. Gli studenti poi vengono nel corso dell'anno introdotti nello Stabilimento a prendere cognizione dell'ordine suo, delle divisioni degli alienati secondo le varie categorie, delle disposizioni adottate per ciascuna di queste, e di tutto quanto insomma può giovare venga da essi appreso per ben conoscere ed apprezzare lo Stabilimento nei vari suoi riparti.
LABORATORI
La Scuola sola ha però un vantaggio limitato. Essa è per sé destinata a divulgare le cognizioni acquistate alla scienza. Il vero progresso di questa consiste nell’aumentarsi del suo patrimonio, nella raccolta di nuovi fatti, di nuove osservazioni che estendano i confini della scienza stessa: e questo non si può ottenere che da laboratori appositamente istituiti, convenientemente dotati, e giudiziosamente diretti. Una tal verità non poteva sfuggire alla intuizione della mente sagace che dirigeva negli ultimi anni il movimento di riforma del nostro Manicomio: quindi la erezione dei nuovi fabbricati nel locale di Torino per creare un sito conveniente allo impianto dei laboratori che il sano criterio scientifico indicava necessari per un efficace progresso negli studi psichiatrici.
L'antica Psichiatria aveva basato il principale suo fondamento sullo studio della psicologia.
Non vi ha dubbio che questo studio è necessario per distinguere le varie forme morbose sotto le quali si presentano le alienazioni mentali, non che per conoscere i processi e la genesi delle alterazioni dell'organismo psichico: ma è evidente che esso non può da solo bastare a far conoscere e stabilire la vera natura ed estensione del processo morboso che veste le suddette forme, né a suggerire le indicazioni razionali per contenerlo od abbatterlo. L' indirizzo positivo che informa l'odierna medicina nei vari suoi rami doveva di necessità estendersi anche al psichiatrico, la cui importanza ha la sua misura nel valore del sistema di cui essa si propone studiare in modo particolare le alterazioni.
Per seguire questo indirizzo la psichiatria doveva di necessità posare la sua base di studio sulle indagini delle alterazioni biologiche e morfologiche, le quali accompagnano o susseguono il processo morboso, adoperando nelle vie di indagine quei processi che la scienza indicava come più convenienti a raggiungere lo scopo cui si mirava.
E’ di tal modo che sorsero l'uno dopo l'altro i due laboratori, i quali ora vivono di vita propria, indipendenti dalla Scuola governativa, diretti ciascuno da un direttore speciale, cospiranti entrambi allo stesso fine di portar lume sulla genesi, sulle modalità di sviluppo, non che sui reliquati dei processi morbosi, dai quali sono generate le varie alterazioni mentali.
Laboratorio anatomo-patologico.
L'iniziativa dell’istituzione dei laboratori va pure dovuta al Dottore Angelo Perotti, che col valido appoggio della Direzione nulla lasciò intentato per la loro buona riuscita.
Primo a sorgere fu il laboratorio anatomico-patologico destinato a favorire, colle combinate ricerche macro e microscopiche, gli studi sul sistema nervoso in rapporto specialmente all'alienazione mentale.
Alla direzione del laboratorio in via di formazione fu chiamato dapprima il dottor Laura Giovanni Battista, con l'incarico speciale di attendere alle ricerche anatomo-patologiche macro e microscopiche. Tale direzione venne in seguito affidata al dottore collegiato Salvioli, e, dopo rinuncia sua, al dottore Sanquirico. Ma non fu che nel 1885 che poté essere inaugurato ufficialmente il laboratorio nel nuovo locale appositamente fabbricato e completamente arredato sotto la direzione del dottore Mondino, ora professore d'istologia a Palermo. A questi succedette nella direzione del laboratorio, nel 1890, il dottore Carlo Martinotti.
Laboratorio neuro-patologico.
A mezzanotte del Manicomio sorge un fabbricato a due piani, simmetrico a quello destinato pei bagni, ove si trovano i laboratori scientifici. L'area di questo fabbricato è di 140 mq. circa, e la sua posizione di levante e ponente. Nella formazione e disposizione di questo locale nulla fu-trascurato che potesse tornar utile per l'igiene del locale e per l'utilità degli studi.
Il laboratorio neuro-patologico occupa le cinque sale del piano terreno così distribuite:
1°- Una camera pel direttore del laboratorio;
2°- Una sala-museo;
3°- Una sala per la bacteriologia;
4°- Una sala per le autopsie;
5°- Una camera pel reagentario.
Il laboratorio va fornito dei seguenti strumenti più importanti:
a) Due microscopi Zeiss con relativa serie di obbiettivi acromatici ed apocromatici.
b) Un microscopio Seibert;
c) Due microtomi Gudden;
d) Un microtomo Reichert, grande modello;
e) Due stufe Arsonval, di media dimensione.
f) Sterilizzatori a secco ed a vapore;
g) Una pompa a mercurio;
h) Un grande apparecchio microfotografico Zeiss con relativo microscopio;
i) Un apparecchio fotografico semplice;
l) Un tavolo per le autopsie, sistema Colomiatti.
Il laboratorio ha una dotazione annua di L. 1600 che è a disposizione del direttore dei laboratorio
Laboratorio clinico.
Colla istituzione del laboratorio neuro-patologico e collo sviluppo in esso dato, erasi provvisto allo studio delle alterazioni morfologiche macro e microscopiche indotte dal processo morboso nell'organismo. Queste però non costituiscono che una parte delle lesioni che nello stato morboso avvengono nell'organismo. Dal punto di vista scientifico non doveva essere meno interessante conoscere le prime manifestazioni biologiche della reazione dell'organismo al malore che le travaglia. manifestazioni che alle volte non vanno, unite ad alterazioni di forma negli elementi anatomici, o per lo meno se l'affettano, danno luogo ad alterazioni che sfuggono ai nostri mezzi di indagine. Pressoché inesplorato restava il campo delle alterazioni del ricambio materiale nelle varie forme di alienazione mentale, e nei vari stadi da queste percorse. Eppure, partendo dal punto di vista terapeutico cui in ultima analisi devono convergere tutti i progressi scientifici, l'importanza del loro studio non poteva essere misconosciuta, che anzi doveva imporsi sulle altre per le indicazioni che esso poteva suggerire.
Fu perciò con l'intento di colmare siffatto vuoto, e soddisfare a questo postulato della scienza e della pratica, che sul finire dell'anno 1885 si diede mano alla costruzione del nuovo laboratorio clinico, di cui venne affidata allo scrivente la direzione.
Il laboratorio consta di una sala per analisi chimiche ed esame dei malati, di una camera oscuri per l'esame dell'occhio e della laringe. e di un gabinetto pel direttore.
Il laboratorio è fornito di tutti gli strumenti che possono occorrere per l'esame antropometrico, peso, statura, misure del cranio e della faccia, esame dell'occhio, dell'orecchio, del naso, della laringe e del petto. Una macchina elettrica a corrente costante composta da 60 elementi, ed una macchina a corrente interrotta con pile sistema Eclansé, e slitta Dubois Raymond, non che una macchina ad elettricità statica, servono sia per gli esami esplorativi dei ricoverati, sia per scopo terapeutico, quando si presenta l'indicazione.
Il laboratorio è dotato di ricco reagentario con fornello chimico e soffietto a mantice, di pompa aeroidrica Bunsen, di macchina pneumatica, di apparecchi a distillazione, di centrifugatore, di bilancia di precisione, montata in cristallo di rocca, al decimillesimo di gramma; di apparecchi per estrazione del grasso, per generazione dell'acido solfidrico, di crogiuoli di platino e di porcellana, di burette, misure e vetrerie; di quanto insomma può essere richiesto per i più minuti e delicati studi analitici e clinici, quindi anche di microscopio e di spettroscopio ecc.
Corrispondenti laboratori vennero creati in questi ultimi anni nella succursale di Collegno, ove il Dott. Morpurgo, attualmente professore di patologia all'Università di Ferrara, presiedeva all'impianto del laboratorio anatomo-patologico, ora diretto dal Dottore Tirelli, mentre il Dottor Rivano curava l'impianto del laboratorio clinico, di cui conserva la direzione.
I MALATI
Nel Manicomio vengono ricoverati gli alienati poveri della Provincia di Torino; sono parimenti in esso accolti alienati pensionari di qualsiasi provincia, purché sia la domanda d'ammissione corredata dai documenti necessari per l'accettazione dei ricoverati. Tali documenti consistono:
1°- in un attestato medico giurato della malattia mentale che travaglia l'individuo, unicamente ad altro attestato giurato di due testimoni, che depongano sugli atti commessi dall'alienato, i quali devono essere tali da compromettere l'ordine pubblico e costituire una minaccia per la conservazione dell'individuo o contro la società;
2°- nella fede di nascita;
3°- nella domanda al Prefetto per il ricovero dell'alienato.
I documenti sono presentati alla R. Prefettura, la quale, riconosciutane la validità, pronuncia il decreto di accettazione. Nei casi urgenti, la Questura coll'appoggio di una fede medica può direttamente mandare il malato al Manicomio, colla riserva di far procedere in seguito alla formazione e presentazione dei documenti regolarmente richiesti. Può anche il Medico Primario accettare di urgenza alienati che si presentino in istato di grave agitazione. Ammessi nel Manicomio, i malati vi sono tenuti quindici giorni in osservazione, quindi, dietro il parere del Medico capo, o sono dichiarati accettati definitivamente, ovvero rimandati in libertà.
Per i ricoverati poveri, oltre i documenti sopracitati si esigono i documenti legali comprovanti la mancanza di mezzi pecuniari per pagare la pensione. La Provincia paga per essi una quota annua di L. 436. Qualora la povertà non sia assoluta, le famiglie concorrono per una tangente, varia secondo i casi, alla quota pagata dalla Provincia.
Per i pensionari si richiede il pagamento anticipato di un trimestre della pensione o una guarentigia di persona solvibile residente nella città. Le pensioni sono di tre gradi, da L. 600 annue, da L. 900 e da L. 1200. Volendo che lo Stabilimento fornisca al malato la biancheria ed il vestiario, conviene pagare altre L. 200 annue. Se si pretende inoltre che un domestico resti fisso alla persona del malato, si debbono aggiungere altre L. 600.
Nell'ordinamento dei ricoverati si ebbe cura di disporli in modo da soddisfare alle esigenze del servizio ed a quella della cura degli ammalati. Questi vennero perciò divisi in tre sezioni principali:
1°- quella dei tranquilli,
2°- dell'infermeria,
3°- degli agitati.
La sezione dell'infermeria si suddivide poi in due sottosezioni:
1°- quella dell'infermeria propriamente detta,
2°- quella dei paralitici o sudici.
A queste si aggiunse ultimamente una sezione speciale per i bambini o ragazzi sotto i quindici anni d'età, con dormitorio e giardino separato.
La sezione degli agitati comprende tre sezioni:
1°- quella degli agitati,
2°- dei semi-agitati,
3° degli epilettici.
0gni nuovo entrato viene di regola inviato all'infermeria, ove sono parimenti riuniti coloro che, senza soffrire grande agitazione, trovansi affetti da qualche malattia comune che richiede cure urgenti o speciali. Dopo un'osservazione di 15 giorni, su proposta del Medico primario, la Direzione delibera sull'accettazione definitiva o sul rinvio del ricoverato.
Qualora esso venga definitivamente ammesso, lo si destina alla sezione cui meglio lo designa il suo stato di mente. Alla sezione dei tranquilli vengono inviati sia i tranquilli curabili che gli incurabili. E’ stata dibattuta la questione se convenisse separare assolutamente i curabili dagli incurabili. Ragioni militano per l’una e l'altra proposta.
Si dice, da una parte, che un convalescente prossimo a ricuperare la ragione non può che trovarsi sfavorevolmente influenzato nel suo progresso verso la guarigione dal quotidiano contatto con imbecilli o dementi.
D'altra parte si fa osservare come la separazione,sistematica dei curabili dagli incurabili, oltre ad essere molte volte arbitraria ed incerta, è sempre crudele, in quanto che pronuncia in certo modo una condanna di incurabilità, la quale deve di necessità esercitare una sfavorevole influenza sull'animo dei malati non solo, ma anche delle rispettive famiglie, le quali inoltre, in certi casi, sono per tale convinzione indotte a trascurare i loro malati ed a nulla più fare per parte propria onde migliorare il loro stato e concorrere al tentativo di una possibile guarigione.
Senza discussione è generalmente approvata la divisione degli alienati nelle altre categorie; nessuno potendo sconoscere la convenienza di tener separati gli agitati e semi-agitati, nonché gli epilettici dagli altri ricoverati, sia per ragioni di servizio, che come mezzo di trattamento curativo; e lo stesso dicasi dei sucidi.
La divisione delle varie categorie viene conservata sia nei dormitori che nel refettorio e nel giardino, ove i ricoverati vengono inviati, sempre che lo permetta il tempo e la stagione, per buona parte della giornata come mezzo igienico di cura fisico e morale ad un tempo.
Per la cura fisica dei ricoverati, servono inoltre i presidii terapeutico-farmaceutici preparati nella farmacia interna dello Stabilimento.
L'esercizio di questa farmacia, destinata ad uso esclusivo dello Stabilimento, è affidato a persona sperimentata che è attualmente il chimico farmacista Bracco, capitano in ritiro.
Molta importanza, anzi parte preponderante nel trattamento curativo fisico degli alienati hanno le varie applicazioni idroterapiche sotto forma di bagni, docce, impacchi ecc. Vengono quindi le applicazioni elettriche, le aeroterapiche ecc.
E’ generalmente riconosciuta da tutti gli alienisti l'utilità della cura morale della pazzia come coadiuvante della fisica. La Direzione lascia naturalmente al medico il regolare l'una e l'altra secondo le esigenze dei casi speciali di cui è egli stesso giudice; però provvede essa stessa a che il medico possa trovare nelle disposizioni adottate a favore dei ricoverati i mezzi opportuni per attuare quel genere di cura che verrà ritenuto più conveniente.
I malati hanno bisogno nel loro trattamento morale di essere tolti alle preoccupazioni del mondo immaginario in cui li trascina la loro fantasia, di trovarsi in buone condizioni igieniche, perché le funzioni della vita vegetativa possano compiersi normalmente riordinandosi dalle oscillazioni morbose più o meno profonde che vennero loro impresse, e di essere bel bello ricondotti alla vita ordinaria sociale sotto l'influenza di tutte le leggi che la regolano.
L’una delle prime condizioni perché sorta efficacia il trattamento curativo degli alienati è la pronta loro ammissione nello Stabilimento non sì tosto si è manifestata la malattia. Il Dottore Roller erasi per tal modo preoccupato di una tale condizione che aveva fatto stabilire dei premi, quale l'esenzione per sei mesi da ogni pagamento per gli ammalati poveri che fossero stati portati all'asilo nei primi sei mesi dall’epoca dello sviluppo della malattia. Come già faceva osservare il Bonacossa (Sullo stato dei mentecatti) fra le cause per cui i mentecatti sono tardivamente inviati al Manicomio vuolsi annoverare:
1°- la ripugnanza delle famiglie a consegnare all'Ospedale i loro congiunti pazzi, ciò che importa di palesare questo difetto di famiglia;
2°- la speranza di risparmiare denari conservando in casa gli ammalati;
3°- le formalità e la riluttanza delle province ad alterare i bilanci delle spese per alienati che non costituiscono reale pericolo vivendo in società.
Una ben intesa economia dovrebbe invece consigliare di favorirne il pronto ritiro, siccome quello che offre maggiori probabilità di essere coronato da felice successo.
Per quanto riguarda i mezzi curativi abbiamo già notato come la Direzione provvide nella costruzione dei nuovi locali e nell'adattamento devi vecchi ad adunare tutte le condizioni igieniche generali e speciali che la scienza suggerisce come utili per il trattamento curativo degli ammalati ricoverati nello Stabilimento.
Anche le innovazioni generali nel mobilio, che ora sta in prima linea per comodità, eleganza e adattamento, e può servire di modello per altri stabilimenti congeneri, cospirano nel togliere al ricoverato elementi di irritazione, mentre pure provvedono alla sicurezza generale.
Le innovazioni del vitto generale, e la facoltà concessa al medico di prescrivere agli ammalati quell'alimentazione speciale che ritiene conveniente, hanno lo stesso fine.
Sebbene anche ora dei mezzi di coazione non si faccia uso che quando ne è sentito il bisogno, si è già fin dall'anno scorso stabilito di massima di fare tentativi per l'aplicazione della no restraint, e nei nuovi padiglioni che si stanno erigendo a Collegno per le donne si è deciso di fare in parte le Celle per le agitate, per modo da potere applicare tal metodo, sempre che sia giudicato conveniente.
Oltre questi mezzi fisici, oltre le passeggiate in giardino come mezzo tonificante e distraente, la Direzione provvede come mezzo, morale la distrazione dei malati per mezzo di divertimenti, giuochi delle dame, delle carte e dei tarocchi per giocare, per i tranquilli anche bocce, e poi libri e giornali divertenti.
Ma il mezzo più efficace ed adatto a tale scopo consiste nel lavoro che essa si preoccupa di procurare a coloro che sono in grado di attendervi. La legge del lavoro è la prima che regola la vita sociale ed il lavoro è senza dubbio il mezzo morale di maggiore efficacia per ricondurre l'alienato alla ragione: lavorando l'attenzione dell'uomo è deviata dalle impressioni psichiche soggettive perché occupata dall'impressione esterna degli oggetti sui quali deve fissarsi per compiere il lavoro. Trattandosi di lavori manuali, si aggiunge a questo beneficio quello proveniente dall'esercizio muscolare, il quale favorisce il processo di ossidazione nei tessuti, promuove lo scambio materiale. favorisce perciò una nutrizione migliore che attiva tutte le funzioni organiche, distrugge le tendenze alle congestioni viscerali e promuove il riordinamento delle funzioni alterate.
Anche ai ricoverati inguaribili il lavoro torna di sollievo, servendo come mezzo di distrazione e sorgente di qualche vantaggio materiale, onde l'umanità stessa deve raccomandarlo, per togliere questi infelici alla disperazione. Per tutti giova come mezzo di disciplina e di conservazione dei buoni costumi.
Il beneficio da ricavarsi dal lavoro venne intuito di buon'ora dalla Direzione del Manicomio di Torino: né stimo fuori proposito riferire le disposizioni che essa stabiliva a tal riguardo, per procurarne il vantaggio sia agli uomini che alle donne, fin dal 1837 nelle istruzioni pel maneggio interno dello Stabilimento:
“ART. 391.- Tosto che dalla Direzione si sarà fatto costruire il locale apposito per la lavatura della biancheria, sarà dovere della suora, specialmente incaricata di questo servizio, di assistere al medesimo con ogni puntualità e diligenza, distribuendolo in siffatto modo, che tutte le ricoverate tranquille e non altrimenti occupate, vi trovino una convenevole occupazione e possano simultaneamente contribuire al buon esito di questa operazione cosi necessaria allo stabilimento e sommamente proficua alla propria salute morale.
“ART. 460.- Appena la Regia Direzione sarà riuscita a stabilire nell'Ospedale dei pazzi il mezzo di convenientemente occupare i ricoverati in qualche lavoro di competenza, si dovranno nelle ore intermedie fra la colazione ed il pranzo riunire nei diversi laboratori ad essi destinati, sotto la sorveglianza del capo di mestiere e degli infermieri di guardia, per ivi guidarli ed assisterli nelle loro occupazioni, allontanando però quelli che recassero disturbo agli altri, o fossero meno atti al genere di lavoro a cui venissero applicati..
“ART. 461. - Dopo il lavoro, il quale avrà fine all'ora del pranzo, si faranno passare i ricoverati nei rispettivi refettori dove riceveranno l'opportuno trattamento, e questo finito, potranno essi rientrare nelle loro camere o dormitori, per godere nell'estate di due ore di riposo, e di un'ora nell'inverno; passato questo termine si farà loro riprendere il lavoro, il quale durerà fino ad un'ora dinanzi cena.
“ART. 462. - I ricoverati saranno alternativamente ammessi nel. mattino e nel dopo pranzo a godere il beneficio dei giardini, dove potranno anche essere occupati nella coltivazione della, terra od in altri esercizi salutari e di diporto.
“ART. 413. – 0gni lavoro dei ricoverati e ricoverate povere sarà ricompensato con una retribuzione in denaro da fissarsi dai Direttori di economia, di cui un terzo sarà ritenuto in deposito per essere loro consegnato in caso di uscita dall'Ospedale, l'altro terzo sarà convertito in loro uso personale e l'ultimo terzo andrà a beneficio dell'Opera, avvertendo che siano le suore di carità ed i capi mestieri che, sotto l'ispezione dei Direttori suddetti, loro facciano sentire questo beneficio onde vieppiù animarli al lavoro.
Come si vede, la Direzione non aveva solo considerato il lavoro, dal lato materiale, come esercizio fisico che mantiene in attività le parti del corpo destinate ad eseguirlo, ma essa aveva valutato il pregio morale di questo mezzo che, mostrando coronate di premio le fatiche dell'uomo, addita a questo la via da seguire per veder soddisfatti i propri bisogni e desiderio: onde si fa agente di vera moralità e come tale può spiegare la migliore influenza per ricondurre alla ragione la mente fuorviata.
Finché i mentecatti furono tutti racchiusi nello Stabilimento di Torino, la ristrettezza del locale non permise lo sviluppo dei lavori su vasta scala, onde pochi ricoverati ne potevano fruire.
Il Bonacossa, in proposito, scriveva già nel 1840 che due terzi delle donne erano utilmente in vario modo occupate, quali nel fare pagliericci, lenzuola, camicie e simili, e quali nel filare e nell'aiutare le infermiere al disimpegno dei servizi alle ricoverate o di pulizia dello Stabilimento, per i quali lavori ricevevano mercede in denaro, con cui potevano comprarsi vesti, caffè o altre cose di loro gradimento.
Minore assai era invece il numero degli uomini impiegati nei lavori. Alcuni erano impiegati in cucina, altri alla dispensa dei viveri, al trasporto dell'acqua e ad altri servizi interni. Alcuni pochi attendevano alla coltivazione di un giardino attiguo, che venne pochi anni dopo alienato.
Erasi anche fatto l'esperimento nel 1839 di inviarne alcuni a lavorare fuori dello Stabilimento per dissodare terreni e nettare le pubbliche strade attorno la città, nei quali servizi avevano mostrato docilità e buon contegno.
Quando coll'acquisto della Certosa di Collegno lo Stabilimento entrò in possesso di un vasto podere coltivabile, allora fu permesso di offrire alle persone conservanti un certo vigore il mezzo di esercitare le forze nei lavori campestri che hanno il vantaggio, su tutti gli altri lavori, di essere eseguiti nelle migliori condizioni igieniche di ambiente, fisico e morale, in cui la purezza dell'aria respirata e la distrazione delle belle vedute naturali esercitano la più benefica influenza sulla mente preoccupata dell'alienato.
Attualmente nello Stabilimento di Torino vengono occupati alcuni ricoverati nel laboratorio del fabbro ferraio ove si fabbricano i letti dello Stabilimento, in quello del calzolaio, in cucina, alla distribuzione dei viveri e al servizio dei laboratori scientifici, alla litografia, nonché al disimpegno dei vari servizi interni, come quello del muratore, del verniciatore, ecc. Furono inoltre impiantati in varie epoche laboratori per la fabbricazione delle spazzette e per il rivestimento delle bottiglie. Disgraziatamente non è sempre possibile ottenere ordinazioni per questi lavori speciali, i quali perciò vengono di quando in quando interrotti.
Per le donne esiste un laboratorio situato al piano superiore ove, sotto la direzione delle Suore, le ricoverate tranquille e capaci di lavorare vengono impiegate alla confezione e rammendatura degli oggetti di vestiario e di biancheria dell'intiero Stabilimento. Quelle che non sono capaci di essere impiegate in lavori di ago, possono, volendo, ricevere del lino da filare, oppure applicarsi a lavori di maglia, sempre che il loro stato di agitazione non sia tale da far ad esse sciupare le materie prime che venissero loro concesse per lavorare.
A Collegno, come si rileva dalla bella relazione del dottor Carlo Lombard sui lavori dei mentecatti in detta Succursale nell'annata agricola 1876-77, fin dal 1854 si cominciarono impiegare ricoverati, oltre che nei lavori ordinari dell'interno dello Stabilimento, alla coltivazione dei terreni ad ortaggio sotto la direzione del dottore Porporati, in allora medico ordinario di quello Stabilimento.
In progresso di tempo, ampliata la superficie del terreno coltivo ed avviati i lavori di riparazione del locale per adattarlo al nuovo ufficio, e poi quelli di costruzione di nuovi locali, il numero dei ricoverati impiegati a detti lavori andò man mano crescendo, onde dalla casa di Torino venivano inviati a Collegno i ricoverati capaci di essere impiegati in tali lavori, perché vi fossero con profitto occupati.
Nel 1876-77, a detta del dottore Lombard, su 272 ricoverati ben 116 presero parte, più o meno assiduamente, ai lavori, non contando quelli che non ebbero occupazione fissa. Egli calcola che un terzo circa dei ricoverati trovasi giornalmente occupato nel lavori propri allo Stabilimento. Malgrado la facilità di eludere la sorveglianza, le fughe non furono che tre, e due dei fuggiti furono ritenuti alle loro case come sufficientemente guariti.
Perché il lavoro sia scevro di inconvenienti e possa dare buoni frutti per il trattamento curativo degli alienati, sono necessarie varie condizioni fra le quali:
1° - La scelta opportuna delle occupazioni per i vari ammalati. In qualsiasi lavoro, compreso l'agricolo, vi sono occupazioni varie e differenti fra loro per l'impiego di forze ossia di attività cerebrale e muscolare che richiedono, onde la giusta scelta può notevolmente migliorare l'effetto del lavoro eseguito, per modo da dargli tutta quella benefica influenza che se ne desidera e che potrebbe altrimenti mancare;
2° - La scelta di buoni sorveglianti atti a ben dirigere i lavori e guidarvi opportunamente i ricoverati;
3° - Poi l'oculata vigilanza che mai dovrebbe venir meno per tutti i ricoverati lavoratori, ed esercitarsi sul loro atti, sul contegno, nonché sugli strumenti che maneggiano;
4° - L'adattamento delle condizioni di vitto, di vestito, ecc., alle esigenze dell'attività muscolare cui è sottoposto il ricoverato.
Quanto ai risultati del lavoro io non posso che riferirmi all'esperienza del dott. Carlo Lombard, il quale, come direttore dei lavori a Collegno, poteva meglio di altri essere in grado di giudicarne.
«Uno degli effetti primi del lavoro, scrive egli, è quello di attrarre e di fissare l'attenzione del mentecatto, distraendolo momentaneamente dalle occupazioni che lo travagliano; in questo senso l'effetto benefico del lavoro è quello stesso che si ottiene colla musica, colle rappresentazioni teatrali, col canto, col ballo e simili: e per questo lato io potrei dire che tutti i ricoverati che hanno partecipato un po' assiduamente ai lavori manuali, hanno sentito questa favorevole influenza.
« Altro risultato del lavoro è di accelerare le funzioni organiche, determinare un maggiore scambio di materiali e per conseguenza favorire la nutrizione, accrescendo l’appetito; anche per questo verso direi che l'effetto benefico si fece sentire sulla generalità dei lavoratori, giacché a quasi tutti si dovette aumentare la razione dei pane. Conseguenza del che fu un miglioramento fisico, una maggiore resistenza alle cause morbose, d'onde l'incolumità contro le malattie, che li risparmiarono a preferenza degli altri.
Lo stato mentale in molti, bisogna pur dirlo, rimase tale e quale, ed il lavoro non agì che come palliativo, inducendo una calma momentanea, che pure non è da disprezzarsi. Ma in molti eziandio lo stato mentale si avvantaggiò considerevolmente. In parecchi, sotto l'influenza del lavoro, ed in concorrenza con altri agenti terapeutici, colle condizioni individuali e colla natura della malattia, si ottenne un ristabilimento completo»
Egli così riassume i risultati ottenuti: «Pochissimi furono gli ammalati fra i lavoratori, le morti avvennero pressoché tutte fra quelli che non attesero ad alcun lavoro, le uscite, quantunque limitate, furono pressoché tutte riferibili ai lavoratori, ed il benessere morale dello Stabilimento ne ebbe un notevole vantaggio”. Soggiunge poi averne vantaggio anche moralmente e fisicamente il personale di servizio, il quale, obbligato alla sorveglianza dei ricoverati, poté godere più agevolmente dell'aria libera dei campi, non essendo più continuamente esposto a quella mefitica delle camerate, d'onde usciva bene spesso per andare a respirare l'ambiente affumicato delle taverne; e ne avvantaggiò anche per l’esempio, imperocchè a molti cuoce l’animo di vedere tutti affaccendati ai lavori, ed essi starsene lì semplici spettatori.
Per il lavoro delle donne, a Collegno, fu provvisto adeguatamente coll'impianto della lavanderia sistema Decoudum, che ebbe luogo nel 1882, cui venne annesso un essicatoio per il prosciugamento della biancheria nelle giornate fredde o piovose.
Una grande caldaia automatica della capacità di un ettolitro è continuamente alimentata dai due fornelli laterali ove sta raccolta la biancheria. Il tubo di alimentazione è munito di una valvola. Quando la caldaia è piena, la valvola si chiude, ed arresta l'arrivo dell'acqua fredda. L'acqua fattasi bollente nella caldaia sale dal tubo di emissione e si versa nei tinelli; di mano in mano che si versa l'acqua bollente si fa il vuoto nella caldaia, la valvola si apre e scende l'acqua raffreddata dalle tinozze dopo aver attraversato lo strato di biancheria in essi deposto. Il tubo di emissione è unico e si può far volgere facilmente all'una od all'altra tinozza, colla sua estremità superore foggiata ad inaffiatoio. L'estremità inferiore non arriva alla superficie della caldaia, ma solo a metà.
La lavanderia è provvista di due caldaie, munita ciascuna di due tinelli, onde quattro sono i tinelli, ciascuno dei quali può contenere 500 chilogrammi di biancheria.
La biancheria tolta dai tinelli si torce, poi la si mette nell'idrostatore, ove per forza centrifuga perde l'umidità che la impregna.
Ad asciugatoi servono 17 celle munite di carrelli sui quali viene stesa la biancheria da asciugare. Da una stufa alimentata a coke partono due tubi ad U, i quali vanno a scaldare le camerette. I carrelli tirati occludono l'apertura e l'aria calda non viene a perdersi nell'ambiente, né a molestare la persona che carica il carrello.
Quando il sole splende e la stagione è propizia, la biancheria viene sciorinata all'aperto su corde tese nella campagna.
Tutta la biancheria sucida dei due Stabilimenti viene alla lavanderia di Collegno. Le vasche per la lavatura sono disposte in modo che colla massima economia e colla migliore utilizzazione del ranno si ottenga il miglior effetto.
Il numero delle ricoverate impiegate in questo lavoro che esige attitudine e discreto dispendio di forza è di circa 40 oltre a 10 ricoverati.
Vi prendono parte attiva le suore e le infermiere, e lo stato di prosperità di queste che traspare dai visi rubicondi, dai movimenti vivaci e dalla fisionomia animata, ben prova il vantaggio di questo esercizio che si contrappone con tanto favore agli inconvenienti ,derivanti dal confino nell'aria dell'infermeria e delle varie camerate, impregnate sempre, ad onta della miglior ventilazione e della più accurata pulizia, di esalazioni morbose quali provengono dalle persone malate, non che dagli escrementi solidi e liquidi di cui molte pel fatto del loro stato mentale e fisico sogliono imbrattarsi. La varietà ed attività di moti serve inoltre a distrarre l'animo dalle penose impressioni inevitabili in ospizi di questa natura.
Oltre la lavanderia, sono destinati per le donne lavori di ago nel laboratorio apposito, ove si fanno e si rattoppano biancheria e vesti pei ricoverati dello Stabilimento, ed altri lavori di maglierie e di filatura, onde si può asserire che tutte le donne capaci di lavorare pel loro stato psico-fisico, e vogliose di adattarsi alle variate occupazioni che loro presenta lo Stabilimento, vi possono essere impiegate.
La previdenza della Direzione a favore dei mentecatti, non paga di provveder loro lavoro e compenso alle fatiche, volle ancora provvedere al miglior impiego dei risparmi da questi fatti: per tal fine dispose essa, che venissero tali risparmi investiti in depositi alla Cassa postale di risparmio. Con tal mezzo si impediva che i ricoverati fossero quasi obbligati a spendere, e non sempre a proposito, i denari guadagnati, che essi ritenessero presso di sé somme discrete che talvolta avrebbero potuto malamente dispendere, o che potevano fomentare l’altrui cupidigia e dar occasione a furti, con consecutivi alterchi, risse e malumori,. Si venne inoltre a provvedere che il ricoverato, in caso di guarigione, o la sua famiglia venissero a godere dei frutti del suo lavoro.
Queste sono le disposizioni emanate dalla Direzione del R. Manicomio a favore degli alienati raccolti negli Stabilimenti da essa governati per alleviarne la sorte e procurarne, quando possibile, la guarigione ed il ritorno in società.
Le uscite dei ricoverati dallo Stabilimento possono avvenire
1° - O per temporanea licenza, la quale di regola non si concede che ai ricoverati non pericolosi, e solo per ore e per pochi giorni;
2° - O per trasloco ad altra casa di salute;
3° - O per dimissione in seguito a guarigione od a miglioramento dei ricoverati.
Qualora il malato non sia dichiarato guarito, durante sei mesi, mediante una semplice dichiarazione medica che egli abbisogni di essere nuovamente ricoverato, egli viene ricevuto nello Stabilimento e sottoposto alla osservazione regolare per promuoverne l'ammissione definitiva o la dichiarazione di non ammissibilità nello Stabilimento.
Di regola, anche quando i ricoverati sono in apparenza guariti, vengono dichiarati semplicemente migliorati, perché in caso di recidive non infrequenti purtroppo anche durante questo periodo di sei mesi dopo la dimissione, possano essi senza troppe formalità venire con prontezza ricoverati e curati a maggior loro benefizio e senza tanti disturbi da parte delle famiglie.
A seguire e completare l'opera benefica del Manicomio, sorse in questi ultimi anni una Società di patrocinio pei convalescenti alienati, la quale fino dai suoi primordi poteva consolidarsi mediante il lascito di L. 25.000 ottenuto dal signor Francesco Giuliano da Pinerolo. Eretta in ente morale, essa si propone di esercitare una provvida tutela sui dimessi dal Manicomio per sorreggerli e proteggerli nei primi tempi del loro ritorno in società e prevenire, finché possibile, la loro ricaduta. I mezzi che meglio possano rispondere a tale scopo formano ora oggetto di studio per parte del Consiglio direttivo.
Resterebbe ora a parlare dei risultamenti pratici ottenuti nella cura dei ricoverati nelle due Case di Torino e di Collegno.
Ma a questa ultima parte risponderà il lavoro di altro sanitario dello Stabilimento, che se ne assunse l'incarico.
DOTT. ANTONIO MARRO.