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LA COSCIENZA

 

Funzione psichica complessa che consente la conoscenza e la consapevolezza della propria individualità e di quella degli oggetti esterni”                                                            

 

I presupposti della coscienza sono sia i processi psichici elementari (attenzione e vigilanza) che quelli complessi (memoria, affettività, pensiero): lo stato di coscienza, quindi, non coincide semplicemente con lo stato di veglia, in quanto, come ha detto Ey,  rappresenta l’esperienza sensibile immediata del presente rappresentato, vale a dire tutta l’attività psichica nella sua organizzazione, nel suo contenuto e nella componente soggettiva dell’appercezione.

 

Operativamente si possono distinguere:

a)      stato di coscienza: insieme dei processi psichici presenti in un determinato istante, caratterizzato da:

·         lucidità: la chiarezza dei contenuti osservabili coscientemente, che dipende dall’integrità delle funzioni percettive e cognitive;

·         campo di coscienza: la quantità dei contenuti osservabili coscientemente, che può presentare variazioni della sua ampiezza in rapporto alle stimolazioni interne ed esterne e delle funzioni adattive ad esse correlate.

b)      coscienza del Sé (o soggettiva): indica la coscienza della propria persona, del proprio corpo e della propria posizione rispetto alla realtà esterna (vedi oltre).

 

DISTURBI DELLO STATO DI COSCIENZA

A) DISTURBI QUANTITATIVI

A.1 AUMENTO DELLO STATO DI COSCIENZA

Condizione di aumentata consapevolezza, in cui esiste sensazione soggettiva di più ricca percezione, comprensione, ideazione, memorizzazione  e di allerta aumentata. Si possono associare alterazioni del tono dell’umore, solitamente in senso euforico o disforico.

Ø      Uso di sostanze (droghe allucinogene e stimolanti)

Ø      Episodio maniacale

Ø      Schizofrenia (fase iniziale?)

 

A.2 DIMINUZIONE DELLO STATO DI COSCIENZA

Condizione di alterato stato di coscienza con prevalenza di sintomi negativi, che possono essere sintetizzati come una riduzione o perdita della capacità di direzionare l’attenzione, elaborare gli stimoli, modulare la comunicazione, finalizzare il comportamento, nonché di autocollocazione nel tempo e nello spazio.

 

·        Ottundimento: aumento, transitorio e reversibile, della soglia sensitiva e percettiva.

 

·         Obnubilazione: perturbamento della coscienza, caratterizzato da lieve diminuzione della vigilanza e della chiarezza della coscienza; si evidenzia leggera sonnolenza (con o senza agitazione), difficoltà di attenzione, parziale disorientamento, rallentamento, rarefazione delle manifestazioni verbali spontanee. Il soggetto comprende ed esegue, seppur molto lentamente, ordini semplici (per esempio, aprire la bocca e tirare fuori la lingua); ritorna allo stato di vigilanza, se chiamato o stimolato fisicamente; sta in silenzio o tutt’al più mormora parole.

 

·        Torpore: si tratta di un livello ulteriore di diminuzione della vigilanza e della lucidità, per cui il paziente, estremamente apatico e sonnolento, se non stimolato, si addormenta rapidamente; se risvegliato, con stimolazione acustica o fisica energica, si mostra estraniato, talora più o meno disorientato, impacciato nell’eloquio, molto rallentato nella motricità; presenta reazione di evitamento agli stimoli dolorosi (movimenti di difesa e cambiamenti di posizione), i riflessi sono integri e il tono muscolare è ridotto.

 

·        Sopore: il paziente è incosciente e mostra un respirazione lenta e profonda (comunque ritmica); può essere risvegliato momentaneamente, ma solo con stimoli particolarmente intensi (la stimolazione dolorosa provoca contrazione dei muscoli mimici, ma non reazioni di esitamento); i riflessi e il tono muscolare sono fortemente ridotti.

 

·         Coma: il paziente è fortemente incosciente e non è risvegliabile, nemmeno con stimolazione dolorosa; può presentare diversi gradi di profondità (precoma e quattro stadi di coma) che si differenziano in base ai segni neurologici ed elettroencefalografici (scomparsa dei riflessi cutanei, tendinei periferici, poi del riflesso corneale e infine di quello pupillare alla luce).

Ø                  Traumi cranici

Ø                  Aumento della pressione endocranica (tumore, emorragia cerebrale, ecc.))

Ø                  Ischemia cerebrale e altri disturbi del circolo cerebrale)

Ø                  Ipossia e ipossiemia

Ø                  Crisi epilettica

Ø                  Infiammazioni dell’encefalo e delle meningi

Ø                  Lesioni cerebrali da agenti tossici

Ø                  Disturbi metabolici gravi (coma epatico, uremia, eclampsia, disturbi endocrini, ecc.)

 

B. DISTURBI QUALITATIVI

Disturbi della coscienza a sintomatologia prevalentemente positiva: questa è l’espressione della disorganizzazione dei vissuti soggettivi in conseguenza della disfunzione dell’attività integrativa centrale e si manifesta con alterazioni dei parametri spaziali e temporali, delle funzioni percettive, della logica e del giudizio di realtà.

 

·         Stato crepuscolare: il campo della coscienza è ristretto a un circolo di idee, cui viene mantenuto un certo livello di nesso logico e sequenzialità e che attingono esclusivamente a vissuti interiori; si realizza quindi esclusione o appannamento di ciò che avviene nell’ambiente circostante. Il comportamento del soggetto è condizionato da una produzione delirante e dispercettiva, sotto forma di illusioni o allucinazioni parzialmente strutturate e relativamente stabili. Ha in genere un inizio e un termine relativamente rapido, da alcuni minuti ad alcuni giorni, (di solito terminano con un sonno profondo) e lascia traccia mnesica assente o labile.

Ø      Cause organiche (epilessia, traumi cerebrali, disturbi circolatori, iopossia, tossici)

Ø      Cause psicogene (shock, panico, traumi psichici, isteria)

 

·         Stato oniroide: è una condizione simile a un sogno estremamente confuso, in cui il paziente, come nella condizione precedente, non riesce più a controllare la realtà esterna ed evidenzia un comportamento che, in base alla componente delirante-allucinatoria, può andare dallo stupor all’agitazione. Per quanto i confini tra le due condizioni siano piuttosto labili, può differenziarsi dallo stato crepuscolare  per le seguenti caratteristiche:

-          più grave destrutturazione dello stato di coscienza e maggiore disorganizzazione del comportamento;

-          presenza di una produzione delirante-allucinatoria estremamente cangiante, caleidoscopica, scenica, vissuta con intensa partecipazione affettiva;

-          relativo maggior contatto con la realtà esterna, nel senso che talora, dopo intense sollecitazioni, il soggetto può riprendere un effimero contatto evidenziando allora disorientamento, perplessità, ma non amnesia dell’esperienza;

-          inizio e remissione più lenti.

Ø      Schizofrenia a decorso acuto

Ø      Epilessia

Ø      Intossicazioni da farmaci e altre sostanze

 

·         Confusione mentale o Delirium: sconvolgimento di tutte le attività psichiche, sia affettive che ideative; flessione rapida della vigilanza, con stato di perplessità, falsi riconoscimenti, alterazione dei parametri temporo-spaziali e della memoria e disorganizzazione dell’attività motoria.

Ø      Delirium dovuto a Condizione Medica Generale
Ø      Delirium da Intossicazione di Sostanze
Ø      Delirium da Astinenza da Sostanze

 

LA COSCIENZA SOGGETTIVA

La coscienza del Sé o soggettiva indica la consapevolezza della propria persona, del proprio corpo e della propria posizione rispetto alla realtà E si differenzia in:

·         coscienza dell’Io: indica il modo nel quale l’Io è consapevole di se stesso attraverso la sua unità (essere “uno”), identità (essere “lo stesso”) e contrapposizione rispetto alla realtà esterna;

·         coscienza del corpo: indica l’insieme delle sensazioni del corpo e dei sentimenti dello stato corporeo.

 

DISTURBI DELLA COSCIENZA SOGGETTIVA

 

I disturbi della coscienza soggettiva si configurano come perdita del sentimento di familiarità che l’individuo normalmente ha verso se stesso e il mondo esterno. Sono sempre associati a una tonalità affettiva di angoscia e si distinguono in:

 

§         depersonalizzazione autopsichica: i contenuti di coscienza vengono vissuti “come se” non appartenessero all’Io e viene meno la rappresentazione del proprio Io, per cui il paziente perde la capacità di riconoscere la propria identità psichica e appare a se stesso del tutto diverso;

 

§         depersonalizzazione somatopsichica: parti di sé non sono più riconosciute come proprie, “come se” fossero diverse e distaccate; gli organi vengono “vissuti” come ingranditi, duplicati, spostati, alterati nella natura;

 

§          

§         depersonalizzazione allopsichica o derealizzazione: il soggetto avverte come estraneo il mondo esterno, con sensazione di trasformazione della realtà.  Può giungere a una vera e propria anomalia del senso di limitazione spaziale, con perdita dei confini tra sé e il mondo esterno: il paziente si sente invadere dall’universo e congiungersi con esso.

 

Ø                  Epilessia del lobo temporale

Ø                  Intossicazione di sostanze (alcol, allucinogeni, cannabinoidi)

Ø                  Disturbi dissociativi (spt. Disturbo di depersonalizzazione)

Ø                  Disturbo acuto da stress

Ø                  Disturbo di panico

Ø                  Schizofrenia

Ø                  Depressione

Ø                  Dismorfofobia

Ø                  Anoressia mentale

Ø                  Ipocondria

 

 L’ORIENTAMENTO

 

Capacità di collocarsi adeguatamente entro le condizioni di tempo e luogo, nonché rispetto alla propria persona e l’ambito circostante.

 

I presupposti dell’orientamento sono, prima di tutto, l’integrità della coscienza e del sensorio, ma anche l’attenzione, la memoria e un certo grado di intelligenza (soprattutto per l’orientamento situativo). Si distinguono:

a)      orientamento temporale: è la capacità di conoscere con esattezza anno, mese, giorno e momento della giornata; fra le diverse forme, è la più labile;

b)      orientamento spaziale: è la capacità di riconoscere il luogo in cui ci si trova; è abbastanza stabile se riferito a luoghi familiari o consueti;

c)      orientamento autopsichico: indica la consapevolezza di “chi” si è (nome, origine, data e luogo di nascita) e “cosa” si è (professione, ruolo);

d)     orientamento allopsichico (o situativo): capacità di cogliere significato e importanza di una determinata situazione, del perché ci si trova in un certo luogo e delle relazioni che intercorrono con le altre persone allocate.

 

DISTURBI DELL’ORIENTAMENTO

 

Alcune forme di orientamento possono essere conservate pur essendo compromesse le altre. Inoltre i disturbi possono andare dall’incertezza e oscillazione dell’orientamento (come può verificarsi nelle condizioni di grave deficit intellettivi o di significativa compromissione della memoria, anche senza alterazione della coscienza) fino al disorientamento vero e proprio.

 

·         Disorientamento: è la perdita della capacità di conoscere la propria attuale situazione nel tempo, nello spazio, rispetto a se stessi e agli altri; in questi casi può compartire, come meccanismo di compenso, un orientamento confabulatorio o “falso orientamento”, che comunque non è di tipo delirante.

-          Il disorientamento temporale si verifica in tutte le condizioni di obnubilamento della coscienza o di importante deficit mnesico.

-          Il disorientamento spaziale, almeno inizialmente, può presentare delle fluttuazioni  anche in rapporto alla pregnanza delle stimolazioni sensoriali  (un paziente affetto da morbo di Alzheimer, durante il giorno, può essere consapevole di essere ricoverato in ospedale, mentre di notte, magari, non sa dov’è o è convinto di trovarsi a casa propria).

-          Il disorientamento personale e quello situativo compaiono generalmente per ultimi, per cui, quando sono persistenti, sono associati agli altri disturbi dell’orientamento; talora possono verificarsi, in modo transitorio, al momento della ripresa da un’alterazione della coscienza. 

Ø      Delirium (da intossicazione e astinenza da sostanze, da condizione medica generale, ecc.)

Ø      Demenze

Ø      Disturbi amnestici (da sostanze, da condizione medica generale, ecc.)

Ø      Disturbi dissociativi

Ø      Psicosi

Ø      Depressione maggiore

 

L’ATTENZIONE E LA CONCENTRAZIONE

 

L’attenzione rappresenta l’orientamento dell’attività mentale, che permette la focalizzazione dell’attività mentale su un “oggetto”, con la contemporanea inibizione di possibili stimoli interferenti.

La concentrazione è la persistenza, per un certo periodo di tempo, dell’attenzione su un determinato oggetto.

 

L’attenzione (e la concentrazione) viene comunemente distinta in:

a)      attiva (volontaria): il soggetto si rivolge attivamente verso un oggetto, in rapporto ad una specifica particolare tensione affettiva;

b)      passiva (conativa, indotta, involontaria, riflessa): il soggetto viene attirato da un oggetto, in relazione a qualche sua peculiarità (può giungere alla fascinazione).

Inoltre può essere differenziata in:

a)      diffusa, caratteristica della vita di relazione quotidiana;

b)      concentrata, focalizzata su uno specifico contenuto;

c)      aspettante (stato di allerta), rivolta verso un evento atteso.

 

Orientamento e selettività dell’attenzione dipendono dallo stato di coscienza, dall’intelligenza e dall’affettività. Se la vigilanza è indispensabile per l’attenzione (si vedano, ad esempio, gli incidenti stradali), tuttavia non devono essere confuse, in quando disturbi dell’attenzione possono manifestarsi anche in soggetti vigili. Inoltre, attenzione e concentrazione, sollecitano a loro volta altre funzioni, in primis le facoltà percettive e di apprendimento.

 

DISTURBI DELL’ATTENZIONE E CONCENTRAZIONE

 

Non sono patognonomici di un determinato disturbo psichico, in quanto attraversano trasversalmente la psicopatologia, e possono essere presenti in molte situazioni della vita quotidiana (affaticamento, preoccupazione, dolore), nelle reazioni ansiose e depressive, sotto l’effetto di psicofarmaci, alcol ed altre sostanze.

 

A)   ALTERAZIONI QUANTITATIVE

 

Aprosessia-ipoprosessia: perdita dell’attenzione (che si realizza in tutte le condizioni di grave alterazione dello stato di coscienza) o ridotta capacità di dirigere e focalizzare l’attenzione su un determinato oggetto.

In funzione delle correlazioni dell’attenzione con le facoltà percettive, quando la prima è compromessa, come, per esempio, negli stati di grave affaticamento o durante l’addormentamento, si possono verificare dispercezioni, quali illusioni e allucinazioni.

Ø      Disturbi dello stato di coscienza

Ø      Demenze

Ø      Schizofrenia

Ø      Disturbi dell’umore

Ø      Disturbi d’ansia

Ø      Patologia focale del lobo frontale

Ø      Alcolismo cronico

 

Iperprosessia: aumento dell’attenzione e della concentrazione, solitamente presente in condizioni in cui si verifica un particolare stato di allerta (e quindi un incremento dell’attenzione “aspettante”) nei confronti dell’ambiente circostante.

Ø      Disturbi deliranti paranoidi

Ø      Stato maniacale (fluttuante)

Ø      Droghe stimolanti (amfetamine)

Ø      Disturbi fobici e ossessivi

Ø      Epilessia

 

B) ALTERAZIONI QUALITATIVE

 

Distrazione: difficoltà a fissare e mantenere su un determinato oggetto l’attenzione, che viene continuamente deviata verso stimoli esterni poco rilevanti.

Ø      Condizioni fisiologiche (bambini)

Ø      Oligofrenia

Ø      Stato maniacale

Ø      Disturbo da Deficit di Attenzione-Iperattività (sindrome ipercinetica dell’infanzia)

 

Astrazione: è il restringimento dell’attività attentiva su un solo oggetto, come può verificarsi in condizioni fisiologiche (intensa preoccupazione, paura, dolore) o nell’ideazione prevalente o dominante oppure ancora nella fissazione dell’attività attentiva del paziente psicotico su esperienze deliranti-allucinatorie particolarmente pregnanti.

Ø      Condizioni fisiologiche

Ø      Depressione

Ø      Anoressia

Ø      Dismorfofobia

Ø      Stato crepuscolare (e oniroide)

Ø      Disturbi deliranti o altre psicosi deliranti-allucinatorie

 

LA MEMORIA

 

Funzione mediante la quale le esperienze vengono ritenute e riportate nuovamente alla coscienza.

 

Si fonda su molteplici funzioni cognitive (stato di coscienza, attenzione e concentrazione, ecc.), ma è di particolare importanza anche la relazione con l’affettività (vedi meccanismo di rimozione).

Rappresenta il presupposto per le percezioni riconoscibili e l’apprendimento  e, da questo punto di vista, rappresenta una delle basi dell’intelligenza.

I tempi dell’attività mnesica comprendono:

§         fissazione o codifica (encoding): capacità di apprendere e di aggiungere ulteriori elementi al serbatoio della memoria (traccia mnesica ed elaborazione iniziale dell’informazione);

§         archiviazione (storage): capacità di consolidamento delle informazioni nell’archivio delle conoscenze permanenti, che in determinate situazioni possono essere richiamate alla coscienza;

§         rievocazione (retrieval): capacità di riportare alla coscienza, in un  dato momento, materiale mnemonico già archiviato.

 

Per quanto riguarda i tipi di memoria, classicamente si distinguono:

a)      memoria primaria (o a breve termine): capacità di apprendere e conservare il dato in un archivio momentaneo e di rievocalo in un lasso di tempo di pochi minuti dopo l’apprendimento;

b)      secondaria (o a lungo termine): capacità di mantenere a lungo (mesi e anni) il dato mestico e di consentirne la rievocazione.

Già in condizioni normali la memoria può presentare limiti ed oscillazioni.

 

DISTURBI DELLA MEMORIA

A)  ALTERAZIONI QUANTITATIVE

In base all’entità, sono distinte in:

·         globali o generalizzate (sono interessati tutti i ricordi)

·         selettive (riguardano specificatamente un certo ambito)

In base alla durata, sono classificate in:

·         permanenti

·         transitorie

 

A.1  AUMENTO DELLA MEMORIA 

Le ipermnesie possono distinguersi in:

·         permanenti: di natura non patologica, riguardano persone particolarmente dotate sul piano mnemonico-intellettivo; talora interessano specifici ambiti (memoria per i nomi, le date, i numeri, ecc.);

·         transitorie: sono per lo più connesse a particolari stati emotivi (situazioni catastrofiche, stati crepuscolari) o si rilevano, saltuariamente, negli stati ipomaniacali.

 

A.2  DIMINUZIONE DELLA MEMORIA

Le ipomnesie-amnesie rappresentano la riduzione o la perdita delle capacità mnesiche e sono distinte, in base all’eziologia, in organiche e affettive.

 

1.      Amnesie organiche: sono causate da lesioni cerebrali di vario tipo (degenerative, infiammatorie, metaboliche, traumatiche, tossiche) e possono essere:

-          anterograde (deficit di fissazione): riguardano gli avvenimenti verificatisi dopo l’evento patogeno, con conservazione dei vecchi ricordi;

-          retrograde (deficit di rievocazione): riguardano gli avvenimenti vissuti precedentemente l'evento patogeno (possono essere globali o lacunari);

-          retro-anterograde: associazione di entrambe le condizioni.

Ø      Trauma cranico

Ø      Intossicazioni da sostanze (ebbrezza patologica)

Ø      Demenze

 

2.      Amnesie affettive: sono diminuzioni o perdite della memoria correlate a particolari situazioni affettive; l’esistenza di tale correlazione è suffragata dal fatto che la “debolezza della memoria” è frequente nella depressione (fino ad arrivare al quadro della pseudodemenza) o anche negli stati d’ansia generalizzata. In quest’ambito si distinguono i seguenti disturbi.

·         Dimenticanza selettiva (o sistematizzata): consiste nel confinamento nell’inconscio e quindi nella cancellazione di tutti i ricordi riguardanti determinati fatti o persone, in relazione alla loro particolare pregnanza emotiva, che ne impedisce il mantenimento a livello dello stato di coscienza (si identifica con il meccanismo di difesa della rimozione).

Ø      Amnesia Dissociativa

Ø      Fuga Dissociativa

Ø      Disturbo Dissociativo dell’Identità

Ø      Disturbo acuto da stress

Ø      Disturbo post-traumatico da stress

 

·         Falsificazione mnemonica: costruzione immaginaria, frequente nei bambini e negli adolescenti, realizzata per una particolare necessità emotiva (per esempio, rendersi interessante o giustificarsi). Tale via di mezzo rispetto alla bugia vera e propria, può giungere alla pseudologia fantastica, in cui il soggetto arricchisce il proprio racconto di dettagli articolati, apparentemente credibili, ma non rispondenti a verità, al punto da non essere più cosciente della realtà o dell’irrealtà.

Ø      Disturbo di personalità (cluster B, in particolare il D. Istrionico)

 

B)  ALTERAZIONI QUALITATIVE

Si tratta di disturbi in cui i ricordi vengono deformati, interpretati ed elaborati in maniera abnorme in diverse situazioni psicopatologiche, generalmente in relazione al tono affettivo (disturbi dell’umore) o specifici contenuti del pensiero (situazioni deliranti). Sono anche chiamate paramnesie  e comprendono i seguenti disturbi.

 

1.      Allomnesie: "illusioni della memoria" con deformazioni di engrammi realmente fissati che portano alla percezione di ricordi incompleti, distorti o falsati.

Ø      Condizioni normali

Ø      Disturbi dell’umore

Ø      Psicosi

 

2.      Pseudomnesie:  "allucinazioni della memoria", distinte in:

  • Falsi riconoscimenti: si tratta di un’alterazione dell’affettività associata alla memoria, per cui il soggetto riconosce come familiare o ricorda una situazione mai vissuta ((dèja vu, dèja veçu, déja entendu) oppure vive l’esperienza esattamente opposta (jamais vu, jamais vécu, jamais entendu).

Ø      Condizioni fisiologiche (stanchezza)

Ø      Schizofrenia

Ø      Epilessia lobo temporale

 

§         Falsi ricordi (confabulazioni): produzione compensatorie di fatti immaginari e fantastici in soggetti con deficit mnesici; sono racconti improvvisati che mascherano il deficit mnesico del paziente, che sostituisce ai ricordi perduti dei falsi ricordi o ricostruzioni attuali di fatti realmente vissuti. In genere, soprattutto nelle forme organiche, sono mantenuti per poco tempo e quindi cangianti di volta in volta.

Ø      Deterioramento organico (da alcol e altre sostanze)

Ø      Sindrome di Korsakoff

Ø      Disturbo post-traumatico da stress

 

3.      Criptomnesie: è “il non rendersi conto che si sta ricordando”, in quanto il ricordo perde il suo carattere mnesico specifico e viene esposto come qualcosa di nuovo o originale (disturbo psicogeno della memoria).

Ø      Deterioramento organico (da alcol e altre sostanze ????

Ø      Sindrome di Korsakoff ???

 

L’INTELLIGENZA

 

E’ quella complessa attività integrativa che permette undi riconoscere, impostare e risolvere i problemi posti dall’esistenza, nel modo più finalizzato ed economico possibile.

 

Secondo Jaspers, nell’intelligenza si possono distinguere diverse funzioni:

·        condizioni preliminari (o premesse): i requisiti essenziali per l’espres­sione dell’intelligenza sono la memoria, il linguaggio, l’integrità delle funzioni sensoriali e psicomotorie;

·         patrimonio intellettuale: è il serbatoio delle conoscenze accumulate; a tal proposito, Jaspers ha sottolineato che se ”la scarsità di cognizioni è generalmente un segno di deficienza mentale, al contrario, la ricchezza di cognizioni non è, di per se stesso, un segno di intelligenza”;

·         intelligenza propriamente detta: è sostanzialmente la “capacità di giudizio”, su cui può influire una componente af­fettivo-volitiva, in quanto può dipendere da particolari sollecitazioni e motivazioni.

 

DISTURBI DELL’INTELLIGENZA

 

1.      Deficit intellettivo da cause organiche: “sono pregiudicati i presupposti somatici anatomo-fisiologici dell’intelligenza”. Possiamo distinguere:

 

·        ritardo mentale: funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, causato da una lesione cerebrale ereditaria o secondaria (ad affezioni pre-, peri- o postatali); oppure in relazione a gravi affezioni congenite o precoci delle funzioni sensoriali.

ØRitardo mentale da fattori ereditari o acquisiti

 

·        demenza: condizione clinica, caratteristica solitamente dell’età avanzata, in cui si sviluppano deficit cognitivi multipli in seguito a un’affezione, diffusa o localizzata, dell’encefalo. “Questa sindrome colpisce l’intera personalità (“alterazione dell’essere”), tutte le funzioni psichiche (non solo la memoria e l’intelletto) e in definitiva tutte le funzioni vitali basali (vigilanza, meccanismi vegetativi).

ØDemenza Tipo Alzheimer

ØDemenza Vascolare

ØDemenza Dovuta ad Altre Condizioni Mediche Generali (malattia da HIV, trauma cranico, malattia di Parkinson, malattia di Huntington, malattia di Pick, malattia di Creutzfeldt-Jakob, idrocefalo normoteso, ipotiroidismo, tumore cerebrale, deficienza vitamina B12, irradiazione intracranica)

ØDemenza Persistente Indotta da Sostanze

ØDemenza dovuta ad Eziologie Molteplici

 

2.      Insufficienze mentali da cause psicosociali: situazioni di deprivazione affettiva, grave isolamento o istituzionalizzazione con carenza di stimoli possono portare a un deficit delle facoltà intellettive.

 

3. Disturbi intellettivi secondari a cause psicopatologiche: si tratta di un deficit delle funzioni cognitive che compare in corso di altre disturbi psichiatrici.

IL COMPORTAMENTO

 

Secondo un’accezione riduzionistica di tipo psicofisiologico, il comportamento può essere inteso come una progressiva acquisizione di riflessi condizionati; secondo un significato più vasto e più complesso, rappresenta invece il modo di essere di un soggetto di fronte a stimoli sia interni che esterni, configurandosi quindi come manifestazione sincretica della personalità.

 

Si possono distinguere:

a)      comportamento di previsione: è l’insieme delle manifestazioni di un soggetto, che si realizza in seguito all’analisi progettuale delle possibili evenienze cui può andare incontro;

b)      comportamento di emergenza: è quello che viene espresso di fronte alla imprevista comparsa di situazioni che possono minacciare l'equilibrio psicofisico del soggetto.

 

 

LA VOLONTA

 

E’ la capacità di determinazione e di esecuzione impiegata allo scopo di regolare la conduzione della esistenza e affrontare e risolvere in modo efficace i problemi che si propongono quotidianamente all’uomo.

 

 

DISTURBI DELLA VOLONTA’

 

·        Abulia: inibizione della volontà, incapacità di prendere decisioni.

Ø      Disturbo schizoide di personalità

Ø      Schizofrenia (con sintomatologia negativa)

 

·        Impulsività: azioni improvvise, tumultuose, disinibite ed apparentemente afinalistiche.

Ø      Disturbo antisociale di personalità

Ø      Disturbo borderline di personalità

Ø      Tossicomanie

Ø      Anoressia mentale con crisi bulimiche

Ø      Schizofrenia

LA PSICOMOTRICITA

 

Riguarda i comportamenti motori nelle sue sue componenti funzionali, cognitive e affettive: in tal senso, permette di stabilire una comunicazione tra mondo esterno e mondo interno.

 

DISTURBI DELLA PSICOMOTRICITA’

 

·        Ipercinesia-agitazione: l’aumento della psicomotricità si può esprimere lungo un continuum che va dalla irrequietezza fino all’eccitamento psicomotorio.

Ø      Mania

Ø      Depressione agitata

Ø      Schizofrenia

Ø      Ansia

Ø      Uso o astinenza da sostanze

Ø      Demenza

 

·        Ipocinesia-acinesia-rallentamento: rallentamento e povertà dei movimenti (ipocinesia) che può giungere all’immobilità (acinesia) e allo stupor. Coinvolge anche la mimica (ipo-amimia) e l'eloquio (fino al mutacismo).

Ø      Depressione

Ø      Schizofrenia

Ø      Demenza

 

·        Arresto psicomotorio: il paziente evidenzia assenza di reazione a qualunque stimolo (stupor), pur essendo vigile, come è possibile dedurre dalla presenza del tono muscolare e dallo sguardo.

Ø      Schizofrenia catatonica

Ø      Depressione melanconica

Ø      Disturbo acuto da stress

Ø      Uso di sostanze

Ø      Encefaliti

Ø      Epilessia

Ø      Demenza

 

·        Tics: movimenti sempre identici, involontari, rapidi, a manifestazione improvvisa, la cui frequenza e intensità sono influenzate dallo stato d’animo e dalla tensione del paziente. 

Ø      Soggetti normali

Ø      Nevrosi isterica

Ø      Deterioramento cerebrale

Ø      Psicosi

 

·        Catalessia o flessibilità cerea: assunzione, solitamente passiva, di posizioni corporee innaturali, anche scomode, mantenute lungo; sono anche definite stereotipie posturali.

Ø      Schizofrenia catatonica

 

·        Catatonismo: stato di immobilità con assenza di reazione e con tensione persistente in alcuni gruppi muscolari, spesso evidente nella resistenza ai tentativi di modificarli.

Ø      Schizofrenia catatonica

 

·        Stereotipie motorie: frammenti di attività motoria, semplici o complessi,  che si ripetono iterativamente e a lungo; è possibile far rientrare fra queste:

-          le paracinesie: movimenti simili a quelli coreo-atetosici, da cui si differenziano per la possibilità di individuare talora un valore simbolico;

-          la paleocinesie: gesti e movimenti arcaici ripetuti nello stesso modo: paleomimie (dondolare, succhiare, masticare, ecc.) e palilalie-paligrafie (parole o frasi pronunciate o scritte).

Ø      Schizofrenia (catatonica)

Ø      Demenza

Ø      Lesioni cerebrali

Ø      Epilessia temporale

 

·        Manierismi: modalità di espressione motoria bizzarre e inadeguate, artificiose ed eccentriche, sono la caricatura di atteggiamenti normali.

Ø      Schizofrenia (catatonica)

Ø      Demenze

 

·         Negativismo: resistenza ferma, motivata da bisogni interni, all’esecuzione di qualsiasi atto richiesto dall'esterno. Si può distinguere  un negativismo “passivo” (rifiuto) da uno “attivo” (risposta opposta a quella richiesta).

Ø      Schizofrenia (catatonica)

 

·        Automatismo: esecuzione automatica di qualunque comando o suggerimento (opposto del negativismo). Può consigurarsi come automatismo di imitazione, sotto forma di parole e frasi (ecolalia), scrittura (ecografia) o movimenti (ecoprassia).

Ø      Schizofrenia

Ø      Oligofrenia

Ø      Demenze

 

L’AGGRESSIVITÀ

 

La definizione dell’aggressività è resa difficile soprattutto dalla molteplicità delle sue manifestazioni. Come ha sottolineato Ancona (1984), si tratta di un “concetto omnibus, elaborato per riferirsi ad una variabile di comportamento che è al contempo esterno ed interno, corporeo e mentale, prorompente e controllato, potenziale ed attuale, latente e manifesto, neurofisiologico e psicodinamico; o che, essendo in una fase solo una di queste alternative, può subitaneamente cangiare nell’altra”.

Il termine aggressività, che deriva dal latino ad gredior (“andare verso”), indica sia la spinta fondamentale del comportamento aggressivo che un aspetto del comportamento e del carattere.

Benché molte delle definizioni operative presenti in letteratura definiscano l’aggressività come un comportamento che mira ad infliggere un danno, fisico o morale, verso un altro individuo, in sé il termine non ha una connotazione specifica né in senso positivo né negativo, poiché questa dipende dalle modalità dell’atto aggressivo e dal contesto culturale in cui l’atto si svolge. Il termine violenza, invece, ha in sé una connotazione sempre negativa, indicando in genere un comportamento che ha un intento distruttivo.

Uno degli aspetti cruciali dell’aggressività umana è che essa viene enormemente influenzata dalla cultura, sia essa primitiva o evoluta, e la sua espressione risente dell’approvazione o della riprovazione sociale che sono determinate dalla cultura dominante in un dato momento in una data società. Non deve quindi stupire di trovarsi di fronte a un fenomeno che cambia nelle sue forme da cultura a cultura, da paese a paese, da periodo a periodo, poiché ad ogni modificazione sociale corrisponde un cambiamento nelle forme espressive dell’aggressività.

I diversi tipi di aggressione

Le condotte aggressive si presentano sotto forma di un enorme numero di comportamenti, che mutano a seconda dell’aggressore, dell’aggredito, del contesto, della finalità, della motivazione.

Già Laplache e Pontalis avevano sottolineato che l’aggressività può assumere “anche modalità diverse dall’azione motoria violenta e distruttrice; non vi è nessuna condotta, negativa (rifiuto di assistenza, per esempio) o positiva, simbolica (ironia, per esempio) o effettivamente eseguita, che non possa funzionare come aggressione”. Ciò è stato ribadito in una recente classificazione delle diverse modalità espressive (Masala, Preti e Petretto, 2002) in cui l’aggressività viene distinta in:

·         diretta o indiretta

·         attiva o passiva

·         conscia o inconscia

·         palese o nascosta

L’aggressività diretta consiste in una condotta aggressiva rivolta contro uno specifico oggetto senza deviazioni, sostituzioni o intermediari; l’aggressività indiretta, per contro, può essere tesa a danneggiare l’immagine sociale di una persona, i suoi oggetti o persone con cui intrattiene stretti rapporti, o può esplicarsi mediante condotte moleste ed insidiose, esitando in forme di danno psicologico.

L’aggressività attiva trova espressione nel “fare” concretamente qualche cosa contro la vittima, mentre l’aggressività passiva, al contrario, si esplica nel “non fare”, quindi attraverso l’omissione, il silenzio, il rifiuto o l’assenza di collaborazione.

Nell’aggressività cosciente vi è una vera e propria consapevolezza da parte dell’aggressore della propria aggressività e delle finalità aggressive delle proprie azioni; nella modalità inconscia l’origine della condotta aggressiva è da ricercarsi in un’ostilità rimossa o repressa nei confronti di una determinata persona: essa si può esprimere allora attraverso dimenticanze, lapsus verbali o smarrimento di oggetti.

Nell’aggressione palese, infine, l’aggressore può essere facilmente indicato dalla vittima, mentre in quella nascosta l’aggressore non può essere identificato.

A queste dimensioni manca quella motivazionale, esaminata da Feshbach (1964), che distinse tre forme di aggressione, indipendente dal tipo di condotta: a) ostile, il cui obiettivo è di infliggere un danno all’altro; b) strumentale, in cui l’aggressione serve per ottenere uno scopo diverso dal danneggiare l’altro (aggressività finalizzata); c) espressiva, il cui obiettivo è l’espressione di se stessi attraverso l’aggressività (afinalistica, in quanto l’aggressione è finalizzata a se stessa).

Le modalità aggressive vengono abitualmente distinte in:

a)      Aggressività verbale:  è tipica dell’uomo, che la usa in forme dirette (in cui la valenza aggressiva è più chiaramente percepibile) e indirette (per esempio, il sarcasmo, in un contesto non amichevole); può essere il prodromo di manifestazioni aggressive fisiche, che possono partire sia dall’aggressore che dalla vittima.

b)      Aggressività fisica: viene a sua volta distinta in:

·         aggressività fisica verso persone

·         aggressività fisica verso cose: queste spesso hanno la funzione di sostituto o meta secondaria (e in tal caso agisce il meccanismo di previsione della punizione)

c)      Aggressività verso di sé (autoaggressività): può essere considerata la forma più grave del comportamento aggressivo, in quanto scompaiono le funzioni adattativi e difensiva.

Aggressività e psichiatria

Nella patologia psichiatrica l’aggressività non è legata ad una particolare caratteristica diagnostica, pur potendo essere manifesta in modo particolare in alcune patologie.

E’ da ricordare, inoltre, che nel paziente psichiatrico l’aggressività può porsi come estrema forma di comunicazione di sofferenza non altrimenti esprimibile.

Sharfetter ha individuato quale motivo fondante dell’aggressività nel paziente psichiatrico, indipendentemente dalla dimensione diagnostica, la rabbia per i seguenti motivi: per la limitazione della libertà che un ricovero comporta;  per il vissuto di sopraffazione da parte di un paziente che non aderisce al trattamento; per il senso di inferiorità e di impotenza che la condizione di malattia determina; per lo “scacco”, la vergogna e l’isolamento affettivo inerenti la condizione di paziente psichiatrico. A questi aspetti bisogna tuttavia aggiungere la reazione allo stigma, tuttora presente, nei confronti della malattia mentale.

Ø     Ritardo mentale

Ø     Disturbi cognitivi (delirium, demenza, disturbo amnestico)

Ø     Abuso e astinenza da sostanze

Ø     Disturbi d’ansia (nevrosi osessivo-compulsiva; nevrosi isterica)

Ø     Depressione

Ø     Mania

Ø     Schizofrenia

Ø     Disturbi di personalità