Lo sviluppo scientifico |
Cenni storici sull'origine e sullo sviluppo tecnico-scientifico del Regio Manicomio di Torino
CENNI, STORICI SULL'ORIGINE E SULLO SVILUPPO TECNICO-SCIENTIFICO DEL REGIO MANICOMIO DI TORINO La storia dell'evoluzione tecnico- scientifica del R. Manicomio di Torino. dalle sue origini, ai suoi sviluppi fino agli assetti odierni, si divide spontaneamente, per la logica eloquenza dei fatti e per le necessità dei tempi, in tre periodi successivi; i quali amo designare come: Periodo assistenziale; Periodo clinico; Periodo clinico- biologico. Il primo tempo va dal 1727, cioè dalla fondazione dell'istituto, al principio del 1800, verso il 1825; quando, attraverso a regolamenti adatti, compare, per la prima volta, la storia clinica del ricoverato, considerato come alienato. Il secondo corre da quest'epoca al 1885; anno in cui furono istituiti i laboratori scientifici e biologici, ad opera specialmente di un illustre amministratore dell'Opera Pia. il Dott. Comm. Angelo Perotti. Il terzo si estende da quell'epoca ai nostri giorni. Questa distinzione non ha solo importanza cronologica e clinica; ma, inquadrata nella sua cornice storica naturale, acquista sapore sociale squisito; perché l'evoluzione di quel microcosmo che è l'ospedale psichiatrico, sintesi necessaria di ogni deviazione della vita, è uno degli indici più delicati del contemporaneo, parallelo modo di svilupparsi del vivere civile: dagli scopi della provvidenza assistenziale pura e semplice a quelli, più vasti e comprensivi, della Medicina sociale. |
DEL PRIMO PERIODO E DELLA FASE ASSISTENZIALE Durante tutta questa fase, l'Istituto nostro mantenne, e non a caso, la denominazione di " Spedale dei Pazzerelli ". Il suo assetto interno fu, allora, quasi esclusivamente atecnico, e tutto convergente nell'Amministrazione dell'Istituto,, tenuta dalla Congregazione del SS. Sudario. Fu verso la metà del 1727 che la Confraternita del SS. Sudario. imprese il ritiro dei primi mentecatti poveri in una casa : Battiani, nei pressi della Chiesa della Consolata (allora di S. Andrea); presa a pigione, e, sùbito dopo, al principio del 1728, Re Vittorio Amedeo Il di Savoia, con suo regio biglietto, donava a detta Confraternita un terreno nel nuovo ingrandimento verso Porta Susina, nell'isola di S. Isidoro "perché vi si costruisse un ospedale dei pazzi ". In quell'occasione la Confraternita, ringraziando il Sovrano e chiedendo a lui "speciali grazie e privilegi, acciò poter più facilmente continuare a far provvedere, e assistere, e mantenere li mentecatti poveri che, in quello, sono e verranno ricoverati " trasmette un proprio memoriale, nel quale, all'art. 8, è il primo accenno ad una regolamentazione tecnica, per quanto elementare; là dove si chiede: " che S. Maestà si compiaccia decretare non essere tenuta la Confraternita a dar ricovero ad alcun mentecatto senza previa dichiarazione di un medico. che lo riconosca per tale". Interessa questo rilievo, per quanto modesto, specialmente se si consideri che esso è unico, e solo, in quell'ordinamento primordiale. Che, quanto alla conduzione dell'Istituto, si parla solo " dello zelo di carità dei Confratelli e delle Consorelle. Dei primi: in quanto si addossarono, infatti, la amministrazione, il servizio interno di vigilanza, la raccolta delle elemosine entro e fuori le mura di Torino, il provvedere largamente del proprio i poveri ricoverati e tutte le altre cure necessarie al buon andamento di un Istituto; il quale non ha, e non può ancora avere, norme e regolamento fisso; ma si regge come ogni famiglia sul senno e sul buon volere dei propri capi ". Delle seconde, delle Consorelle: perché "con carità veramente squisita, si diedero ad aver cura. per turno, delle povere ricoverate, ad apprestare vesti, lenzuola, asciugamani ed ogni genere di biancheria, necessaria all'Ospedale ". ( "La Confraternita del SS. Sudario e B. Vergine delle Grazie" , per Giov. Battista Artufo. Torino. 1898; Tip. e Libreria Salesiana). Solo nel 1730, la Congregazione (, essendo ormai trascorsi tre anni da che è stata aperta quest'Opera, senza che sia stabilito nessun regolamento, né tampoco data alcuna immunità alli Ufficiali, e custodia per la direzione dei medesimi " propone di darsi una norma che serva ad Ufficiali e Confratelli, sotto forma di Congregazione. E allora, si scrive del Priore, del vice Priore, del Capo di Consulta, dei Sindaci, dei Tesorieri, dell'Economo, ecc. ecc. ; ma non si accenna affatto al servizio sanitario; prova questa palmare della natura prettamente ospiziale che lo Istituto, in quelle condizioni di organizzazione iniziale, solo poteva darsi. (1) Invece l'anno successivo 1731 è ricco di notizie e di fatti, i quali provano la fase di rapida energica evoluzione dell'Istituto; pur nei confini assistenziali puri su accennati. Già, in una deliberazione del 27 maggio, si assiste alla prima scissione tecnica della cellula primordiale in una distinzione fondamentale degli alienati " in fatui e furiosi "; intendendo per fatui gli innocui, gli indifferenti. In quell'occasione, si scrive che " vi sono mentecatti fatui che, indebitamente, contro la regola dell'Istituto, occupano il posto in pregiudizio di quantità di mentecatti furiosi, quali vagabondi, con incomodo pubblico e che non si possono ritirare per mancanza di piazze ". Epperciò si propone di invitare i parenti dei fatui a ritirarli. Ciò che viene approvato. La deliberazione ci interessa anche dal lato sanitario; " perchè l'esecuzione di questa decisione è demandata al signor Medico dello Spedale ". Del quale non è detto chi fosse, né che qualità avesse, né quali mansioni; ma a noi basta incidere il fatto dell'esistenza, fin da quell'epoca, di un'assistenza medica, per quanto elementare. In quell’occasione, la Congregazione propone anche " di fare un quartiere per ricoverare li pazzerelli furiosi e quelli che vanno vagando, fingendo di essere mentecatti ". Può interessare meno il sapere che li pazzerelli furiosi sono destinati ad essere ritirati "nel crotone del bosco" debitamente adattato. Ma non possiamo disinteressarci invece alla distinzione, fondamentale davvero, che. fin da allora, si fa oltre che fra tranquilli e furiosi, anche fra questi e i simulatori; con che è già posta molta parte dell'ossatura tecnica futura manicomiale e della futura classificazione psichiatrica; mentre, anche per questa decisione " è mandato per l'approvazione del Sig. Medico e dei regolamenti della Congregazione ordinaria, per quelli che stimeranno degni di tale ricovero ". Ho detto che, sotto un certo punto di vista, l'anno 1731 è considerevole. Infatti, " in una deliberazione del 5 agosto, si parla anche di ipocondria e di situazione adatta per dare i bagni; oltre alla necessità dell'isolamento dell'Ospedale dalla Città" ; e ciò mentre si stabilisce anche " che non si debbono visitare i malati senza permesso scritto dei Direttori ". I quali, si capisce, sono i Membri della Congregazione; ciò che, mentre è consono all'indole e alle necessità dei tempi (tanto che durerà, si può dire, fino al 1904, cioè fino all'avvento della Legge attuale sui Manicomi e sugli alienati) permette, come già fu detto, di considerare l'organizzazione dell'Istituto come ospiziale. Nell'anno 1732 viene, invece, adottato un assetto medico-sanitario sicuro e definito, anche se ancora molto modesto; a mezzo di un medico e di un chirurgo. E' il signor Priore che, fin dal principio dell'anno (seduta 13 gennaio), stabilisce lo stipendio di quei due funzionari, rispettivamente in lire 100 al primo e in lire 50 al secondo - annue - con retroattività al 1731. E così sappiamo anche che il primo sanitario effettivo dello Spedale dei Pazzerelli fu il signor Medico Mario Aureglio Gianoglio e il Chirurgo: il signor Michele Lottery. Non solo. Ma, siccome istituito l'organo, giustamente se ne esige il funzionamento normale, cosi la Confraternita, nell'anno 1734, formula il primo regolamento (2) e, in data 24 gennaio di quello stesso anno, prescrive che " essendo stata riconosciuta la necessità dell'Opera che il signor Medico ordinario di essa faccia giornalmente la visita a' ricoverati, ed in ora fissa, perché, ad essa, possa assistere il signor Direttore di settimana ", delibera in questo senso. E siccome il dottor Gianoglio - pur nella sua maggior dignità conferitagli dal nuovo titolo di Ordinario - non ottempererà a quella disposizione, così, in data 9 gennaio 1735, a proposito delle mancate visite sistematiche ai malati, s; prescriverà al Primario dottor Gianoglio, l'obbligo regolamentare delle visite mediche, in due settimanali: al pomeriggio del lunedì e del giovedì " e che in caso d'impedimento di lui, possano, esse visite, essere fatte da uno altro medico ". E' evidente, ormai la tendenza chiara verso un'organizzazione sanitaria definita. Non solo. Ma anche il proposito di rivestire la medesima della dovuta dignità; dappoichè "il medico, ormai propone nel consiglio dei signori Direttori, le dimissioni dei malati, da approvarsi dal Consiglio stesso ", come si legge a proposito della dimissioni di certo Dornenico Viale, in data 22-IV-1736 e nel verbale della seduta del 21-XII-1737 in occasione dell'elezione del nono Priore per il 1738; là dove " dovendosi far la rosa, interviene a quell'ufficio anche il dottor Gianoglio ordinario, col dottor Giovanni Ignazío Garrone assistente ". Il quale, con deliberazione 27-XII-1740, e nell’assenza, da mesi, del dottor Gianoglio, appena convalescente per malaria, è chiamato a sostituirlo. E siccome ha chiesto relativo compenso, così " la Confraternita lo ha eletto e depputato per medico di questo Ospedale dei Pazzerelli, a luogo del predetto medico Aureglio Gianoglio ). Si arriva così al 1750; quando si legge della necessità, ormai incombente in quell'epoca, di un ampliamento per donne. D’onde, tre anni dopo (1753), un regolamento ulteriore da cui piace estrarre quelle disposizioni nuove, che rispecchiano i mutamenti, ed i progressi tecnici adottati. In esso, infatti, rimane la carica di Direttore e quella di Direttrice di settimana "vigilanti sulla condotta dei domestici: uomini e donne; ma obbligati, occorrendo male ai malati, a domandare il signor Medico Ordinario dell'Ospedale; che ricetterà ciò che crederà e che il signor Direttore e la Signora Direttrice faranno eseguire. Ciò per il temporale. Ché, per lo spirituale, provvederà il signor.Rettore ". (art. 7). All'art. 9 poi si parla del Medico e del Cerusico " che regolano le visite ". E all'art. 13 : delle rette dei pensionarii; già stabiliti dunque, fin da allora. L'art. 18, poi, prescrive, è vero, che l'accettazione dei mentecatti spetti alla Congregazione; ma, - novazione basale - " a condizione però che, tali, siano prima riconosciuti per via di prove giudiciali ed ordinanza sommaria di pronunciata mentecattaggine; che rendano, in conseguenza, degno il soggetto del richiesto ritiro ". L'art. 19 - a proposito delle quattro annuali della Congregazione e delle riunioni dell'ultima domenica di ogni mese - stabilisce che " ad esse intervenga il signor Medico Ordinario dell'Opera; il quale farà la distinta, universale relazione del stato di tutti i mentecatti e vi proporrà le dimissioni, devolute alla Congregazione". Nel 1761 (deliberazione del 10 marzo) si organizza già un servizio di "bagni a scopo di cura " ; là dove la Congregazione pensa di utilizzare, a quello scopo, un locale " per bagni coperti ", in sostituzione di altra, preesistente organizzazione di "bagni in vasca allo scoperto ". E, alla stessa data, " istituisce un regolamento per lo Speziale-Economo ", con minute indicazioni specifiche, adatte. Arriviamo così al 1768: quando, a proposito dell'ammessione, nell'Istituto, di un alienato: certo Alasonatti, si ha notizia del nome del Medico in carica, proponente al Consiglio di Amministrazione e che è certo dottor Fulcheri, aiuto del dottor Garrone. E, tre anni dopo, nel 1771, apprendiamo che le funzioni assistenziali dell'Ospedale dei Pazzerelli si allargano fino ad accogliere anche alienati militari; come si evince da una deliberazione del 22 Aprile di quell'anno; secondo la quale "sendo devenuto pazzo il soldato B... del Reggimento Dragoni la Regina, Compagnia Goriegno, in conformità delle richieste del rispettivo signor Quartier Mastro in data delli 22 corrente, si richiedono li sigg. Amministratori del Regio Ospedale dei Pazzerelli di voler dare i suoi ordini per far ritirare il detto soldato B... in detto Spedale; acciò venga curato di simile malattia; che le verrà da questo ufficio generale del Soldo, fatto corrispondere la paga, pane e vantaggi, e per il tempo che avrà a dimorare in detta Opera ". E, ancor più interessante è la notizia relativa all'anno 1774 quando rileviamo che l'Ospedale dei Pazzerelli funziona anche come Manicomio giudiziario - se non proprio criminale nel senso moderno della parola -; perché, in data 17 gennaio 1774, si ha notizia di un caso di trasferimento, dalle Senatorie, nello Spedale dei Pazzerelli, di certo Giuseppe Gallo " pazzo e scemo di cervello " che ha ferito al collo nella Chiesa di S. Filippo, Marianna Del Pozzo, moglie di Ludovico Arborio Gattinara di Breme. A questo punto possiamo ben ritenere che l'ossatura tecnica dell'Ospedale dei Pazzerelli di Torino è ormai completa. Direi quasi esaurita come organizzazione ospiziale, e preparata agli sviluppi ulteriori, spedalieri psichiatrici; anche se dovrà attendere ancora tempi ulteriori e occasioni propizie per le immancabili novazioni. Ché, sempre, nella pratica della vita, la legislazione preparatrice dell'attuazione dei criteri nuovi, ritarda sui fatti contingenti fino alla loro maturazione sociale completa, e ciò a cagione delle necessità, sempre prementi, dei fattori economici. Ma frattanto, e come cronaca dello sviluppo sanitario dell'Istituto, in quelle condizioni, può interessare il sapere che, da allora in poi, il servizio sanitario si fissa, nella pratica di due Medici; dei quali, uno è il Primario e l'altro è l'Assistente, coadiuvati dal Chirurgo, che, per allora, limiterà le sue funzioni esclusivamente alla flebotomia e alla così detta Chirurgia minore. Ben diversamente da quanto vedremo essere verso il 1830; quando il "Cerusico " si sviluppa, naturalmente nel " Chirurgo " ; che non è ancora il nostro operatore, ma è " Chirurgo e Anatomo-Patologo " insieme. Infatti, dopo operati i malati, " farà le autopsie e raccoglierà il materiale anatomico relativo, che presenti qualche interesse ". Così sappiamo che, in data 19 maggio 1776, occorre la nomina ad Assistente, di un dottor Clemente Bertetti. " il quale si è offerto senza compenso, sua natural vita durante e in supplenza del Medico dell'Opera (leggi: Ordinario) dottor Velasco; quando questi sia assente o impedito ". Questo dottor Francesco Velasco (o Vellasco) è, niente meno che Medico Collegiato e Consigliere sovrannumerario del Magistrato del Protomedicato, e lo si trova a prestar servizio nello Spedale dei Pazzerelli fin dal 1760 " in sussidio del fu Signor Medico Collegiato dottor Garrone;- senza aver percepito mai stipendio alcuno o gratificazione ". Esso è poi stato nominato Medico Ordinario nel 1765, con l'annuo stipendio di L. 100 che ha percepite fino alla morte del dottor Garrone, (Occorsa circa alla fine del 1770), quando gli fu aumentato a L. 200 annue (Seduta del Consiglio di Amministrazione della Confraternita 27 giugno 1790). E, in quel 1790, troviamo il Velasco, ancora in servizio, chiedere, alla stessa data, di essere collocato a riposo. Orbene, ai 17 aprile 1787, il dottor Velasco informa la sua Amministrazione di " non essere in caso di poter fare la sua visita giornaliera dell'Ospedale. prescritta dal regolamento, a cagione delle molte sue occupazioni e chiede che si utilizzi anche il signor Medico Morizio Clemente Bertetti, uomo molto zelante e che potrà servire, in quanto, soventi, non si può provvedere con la prontezza che sarebbe necessaria riguardo alle operazioni chirurgiche ". Ond'è che il dottor Velasco chiede le necessarie provvidenze. E l'Amministrazione " lodato molto il signor Medico Primario Vellasco per l'opera da molti anni prestata; eccetera, eccetera, gli conserva lo stipendio col grado di primario (17-4-1787) e assume anche il dottor Bertetti come Ordinario a L. 100 annue, conchè, presi i necessari accordi fra di loro, essi due prestino, ogni giorno, alle ore 10 di Francia, della mattina, le loro visite; od in qualunque altra ora, per le necessità, venissero chiamati ". Là dove appare che, realmente, a quest'epoca, è già instaurato un Servizio Sanitario continuativo e regolare, se non proprio continuo e assoluto. Tanto più che, alla stessa data, e nominato anche " il signor Chirurgo, cui si dà la camera e il vitto e l'annuo stipendio di L. 50, e ciò dal primo del 1787; salvo a deliberare quegli aumenti e quelle gratificazioni che del caso ". Il Servizio Sanitario è dunque disimpegnato, allora, dal Primario: dottor Velasco; dall'Ordinario: dottor Bertetti e da un Chirurgo; che presumibilmente, fu il signor Panara, come apparirà più avanti. Questo ordinamento durerà per un certo numero di anni; e attraverserà la bufera Napoleonica. E, infatti, lo ritroveremo, dopo di essa, quasi immutato. Interesserà sapere, frattanto, che già verso la fine del diciottesimo secolo si comincia a tenere una statistica dei malati; non solo numerica, ma anche sanitaria; come appare in un documento interessantissimo del 1800; dove, a proposito della statistica dell'ultimo, decennio (1791-1800), si dice che le ammessioni annue salirono da 68 a 147; con un totale di 921 ricoverati nuovi, nel decennio. Ciò che sta bene. Ma ciò che non sta altrettanto bene è che, nello stesso decennio, è denunciata una cifra complessiva di morti pari, nientemeno, che a 403; e con un crescendo, annuo, di decessi da 31 a 55. 'Ed è significativo come, malgrado l'aiuto di un alleato cosi poderoso, il problema dell'affollamento non sia stato affatto neutralizzato; che, anzi, proprio in quell'epoca, l'amministrazione ne parla e se ne preoccupa. Questo dato statistico è ben valevole - a nostro modesto avviso - nel senso dell'organizzazione ospiziale dell'Istituto; se si pensi, che, assolutamente considerata, quella cifra rappresenta, in linea aritmetica, la stessa rnortalità che oggi si ha su di una massa di presenti tre volte maggiore. Sopravviene intanto, e infuria poi, la bufera Napoleonica. Il Sovrano è cacciato. L'Amministrazione francese si insedia in Piemonte. Poi ne è spazzata via. Il Sovrano legittimo ritorna e riprende l'amministrazione dei suoi Stati. Ma la Confraternita del SS. Sudario - che gerisce, oltre allo Spedale dei Pazzerelli anche il Collegio delle Figlie dei Militari, la custodia della SS. Sindone e la Chiesa stessa del Sudario - riemerge dalla tempesta, amputata, impoverita, prostrata, ma ancor viva; sebbene con patrimonio meschinissimo. Chiede al Sovrano gli arredi per l'esercizio sacerdotale della propria Chiesa. ma non li ottiene perché tutti prelevati dai portatori degli immortali principi; che, in compenso, hanno trasferito, oltr'Alpe, tutto quello che hanno potuto; si che appena hanno lasciato alla Parrocchia del Carmine, gli occhi per piangere e la fede nella Divina Provvidenza. Pure, malgrado tante difficoltà, l'esercizio dello Spedale che ci interessa continua; sebbene in tali condizioni economiche che saranno tosto lumeggiate. A noi preme il rilievo che l'organizzazione sanitaria resistette attraverso quel difficile periodo senza modificazioni importanti. Se non sia che, ai due medici: Velasco e Bertetti si sono sostituiti i dottori Gillio e Chiesa; i quali, ora, riscuotano lo stipendio in franchi invece che in lire. Vantaggio morale evidentemente notevolissimo; anche se non fu, dagli interessati, convenientemente apprezzato, sotto pretesto che la maggior libertà apportata non compensava l'amarezza della stazionarietà degli antichi stipendi, pur nei cresciuti bisogni correnti. E', infatti, del 20 agosto 1815 (notisi: solo due mesi dopo Waterloo) una deliberazione della Direzione del Manicomio nostro nel senso che "dopo le novità occorse nel passato Governo, stante le quali venne sospesa la Regia Amministrazione, i signori Medici Michele Alessio Gillio e Domenico Ormea Chiesa; i1 primo come Primario e l'altro come Ordinario, sono succeduti ai dottori Velasco e Bertetti " e hanno sempre prestato l'opera loro zelante, ecc. ecc. onde è giusto che ne abbiano anche i compensi secondo le disposizioni del 1787. Onde sono nominati, rispettivamente, a quei due uffici con gli emolumenti di franchi 240 e 120 annui. E nelle stesse condizioni troviamo, dieci anni dopo, nel 1825, il dottor Domenico Vincenzo Chiesa, come Medico Ordinario, in carica dal 1814. Invece, il dottor Gillio - già Primario - non figura più. Al suo posto è un dottor Lorenzo Ceva, stato nominato Assistente al 7-1-1818, con stipendio di 100 franchi dal 4-3-1819 " perchè aiuti gli altri medici nel loro servizio ". E ciò mentre, come Chirurgo Assistente, è un Bernardo Tessiore, nominato a quel- l'ufficio dall'8-10-1820; succeduto al Chirurgo Capo Friolo, che aveva sostituito altro Chirurgo, a cognome: Panara. Ecco, come si ricostruisce la successione dei Sanitari addetti al Manicomio in quell'epoca. Orbene, cotestoro, in data 17 marzo 1825, ricevono un rifiuto a certe loro richieste di miglioramento. Ciò che interesserebbe mediocremente; se non fosse che questo episodio ci fa sapere che, frattanto, il numero dei malati è molto aumentato. E qui può terminare il primo periodo quello ospiziale, assistenziale puro, dell'organizzazione dello Spedale dei Pazzerelli di Torino. Il quale oltre all'interesse cronistorico evidente, presenta anche molta importanza; perché, esaurito ormai pienamente tutto quanto quel metodo di assistenza poteva dare, prepara già, necessariamente, la fase ulteriore, più propriamente clinica; anche se l'avvento di essa sarà ostacolato, per qualche tempo, da difficoltà varie: economiche, tecniche e politiche; le quali però non vietarono l'imminenza del periodo ospedaliero, sotto molti aspetti, illustre. (1) Queste e molte altre informazioni, di cui non si trascrivono le indicazioni bibliografiche, furono ricavate dagli Archivi del R. Manicomio di Città: ciò di cui si rende qui grazie all’Ill. Sig. Presidente dell'Amministrazione dell'Istituto: il Generale Lionello Chiapirone e al Sig. Avv. Rino Falconio, Segretario del Manicomio. (2) Altri ne istituirà poi successivamente: nel 1750; nel 1759; nel 1766, nel 1775 (Vittorio Amedeo, III), e nel 1837; fondamentale questo per la modernità sua e solo seguìto dal nuovo Statuto, del 29 luglio 1909 e dal relativo regolamento modello, che vigono tuttora (PAOLO CERRUTI : Cenni sui R. Manicomio di Torino, 1911). |
DEL SECONDO PERIODO - DELLA FASE CLINICA Intenderemo meglio questa fase dello sviluppo sanitario-tecnico del Manicomio di Torino se si pensi che si era, in tutta Europa, alla vigilia della grande rivoluzione tecnica e scientifica che fece, della materia manicomiale un'arte, e dello studio della medesima una scienza. Quella Scienza che si è poi affermata impressionantemente, come "Psichiatria" ; la quale, successivamente, cioè nella terza fase : nelle sue aule, nei suoi laboratori biologici, negli studi suoi sociologici e medico-legali, si impose - fra le consorelle - come la più profonda nel campo clinico; la più vasta nel campo sociale; la più meritoria nel campo pratico. Era l'alba radiosa dei tempi geniali di Chiarugi, di Esquirol e di Pinel, che trasformarono, senz'altro, tutta questa materia. Ma il Piemonte era uscito appena da una crisi economica, politica, sociale così grave, per cui - come gli altri Stati italiani, fra loro ancora slegati, prostrati ed impossibilitati ad azione qualsiasi e unitaria - faticosamente andava ricercando se stesso. Però, anche nel nostro Ospedale manicomiale, si assiste al lavoro prodromico, di preparazione verso gli sviluppi migliori imminenti. E, prova sicura di ciò, in data 22 marzo 1825, l'amministrazione dell'Ospedale vuole che, " insieme ai documenti generici necessari per l’ammissione, sia anche una relazione del medico e chirurgo che curò e visitò e riconobbe il ricoverando in stato di mania furiosa; la quale indichi il principio, il progresso, e stato della malattia, e dell'individuo; la probabile causa della malattia stessa, i rimedi dati e i loro effetti, il sentimento di chi ne ebbe la cura e il modo che crede poterlo guarire". E siccome " fin allora era riuscita inutile ogni cura dell'Amministrazione presso li Parroci e medici degli individui ricoverati ", cosi l'ispettore dell'Opera chiede e ottiene, in data 6 aprile 1825, dalla Regia Segreteria di Stato per gli affari interni, l'interessamento, a ciò, dei Sigg. Intendenti delle Provincie. E' chiaro il significato di quest'atto; come avviamento tecnico alla metodica della compilazione della storia clinica; base e punto di partenza per l'osservazione ulteriore e per lo studio più completo del ricoverato. " Il quale, dunque, non è più, ormai il Pazzerello di prima; ma sta diventando il futuro psicopatico " Cosi, anche nell'ordine sociale, l'assistenza del ricoverato abbandona già l'angusto àmbito del ricovero puro e si evolve, nell'ordine clinico, in quello della cura ospedaliera; mentre nell'ordine politico, essa sta diventando funzione di Stato. Correlativamente e contemporaneamente, infatti, si assiste - per la prima volta - al tentativo di organizzazione vera e propria di un servizio medico; continuativo non solo, ma anche continuo e ininterrotto. Fin allora, cioè fino al 1828, erano stati tre i sanitari - medici e chirurgo - in carica; ma con servizio esterno. .D'ora in avanti, invece, l'amministrazione del Manicomio deciderà di avere un medico interno, stabile. Interpella, al riguardo, ciascuno dei tre funzionari in carica. Tutti si rifiutano a quel nuovo ufficio. E allora l'amministrazione, ferma nel suo divisamento e nell'interesse unico dell'Istituto, con un procedimento "nuovo" significantissimo, indice un concorso; cui accedono 6-7 candidati e nomina a medico interno il dottor Benedetto Trompeo. Siamo al maggio 1828. Subito dopo (e presumibilmente in accordo con tutto un assetto nuovo prestabilito) arrivano (22 giugno 1828) 7 Sorelle della Carità: 5 da Thonon e 2 da Vercelli " a prendere servizio per l'assistenza ordinaria " ; e, al 6 luglio, il dottor Trompeo " propone, come nuova cura, il lavoro dei malati e i bagni medicamentali ". Come si vede: concetti nuovi; era nuova; homo novus: il Trompeo. Il quale - evidentemente conscio della propria autorità, in quanto scelto col giusto criterio del libero concorso - in data 13-17 luglio stesso anno, presenta un progetto "per la medicina domestica", e (fatto mai occorso prima d'allora) scrive " sullo stato dei fatui e degli epilettici ". I quali, dunque, si differenziano già come forma clinica a sé dagli altri psicopatici. Corrispondentemente, alla medesima data - 27 luglio 1828 - è un regolamento per l'entrata dei malati. Al 5 settembre, viene compilato l'orario e il regolamento per gli infermieri e per i malati, e così si chiude il cerchio dell'organizzazione ospedaliera; non solo quanto alla scelta dei medici, ma anche per l'assunzione del personale di assistenza femminile (Suore) e maschile (Infermieri); paragonabile a quello attuale. E, al 26 ottobre stesso anno, si attua il concetto del Trompeo sul lavoro, come cura dei malati. Infatti si decide l'impiego dei ricoverati nella nuova fabbrica. Perché, frattanto, si comincia a costruire l'edificio di via Giulio, che ancora ci ospita, e giustamente definito " per quei tempi degnissimo ". Nel 15 marzo dell'anno successivo (1829) l'Amministrazione, sempre su proposta Trompeo, acquista i nuovi letti per furiosi; e, due mesi dopo (5 maggio 1829) uno studio dello stesso dottor Trompeo " Saggio sul R. Manicomio di Torino" stampato a spese dell'Amministrazione, (ora la chiamano Direzione) informa che, nell'Istituto ancor sito in via Figlie dei Militari (ora: via S. Domenico), " sono non meno di 300 persone ricoverate ". Al 13 dicembre, sempre Trompeo, fa adottare (e ne scrive in una nota speciale) il raddolcimento dei mezzi contentivi; specie nei casi di nuova ammessione; tendendo, cosi francamente, all'abolizione loro, oggi codificata nella moderna tecnica manicomiale; sulla base del concetto della pericolosità dell'alienato, solo come sintomo non necessario, né informatore, anzi accessorio della psicopatia. Finalmente in quella stessa seduta " memorabile davvero " l'Amministrazione trasmette alla Segreteria di Stato un progetto del Prof. Hildebrand della Università di Pavia per l'istituzione di una clinica psichiatrica nostra. Quell'iniziativa si realizzerà solo più tardi, a tempi maturi; ma, frattanto, rileviamo che, fin dal 1829, l'amministrazione del Manicomio di Torino, sollecita sempre del bene dell'Istituto,. gettò i semi dei futuri, rigogliosi germogli scientifici, che la onorano ancora. Ormai, a voltarsi indietro, nel tempo, si ha l'idea lucida della molta strada già percorsa; e le formazioni antiche puramente assistenziali sono così remote da apparire in lontananze telescopiche: che, si sentono già le tiepide albe dei tempi nuovi imminenti. Ond'io, penso che ben dovrebbe l'amministrazione, benemerita del nostro Manicomio, ricordare il fervore d'opere e di intenti dei suoi Colleghi d'allora; e anche il nome del dottor Benedetto Trompeo, insieme a quello del suo successore; il dottor Cipriano Bertolini; così come fissò già nel marmo i meriti indiscutibili di altri loro successori. Di Cipriano Bertolini, si ha notizia, per la prima volta nella seduta del 13 marzo 1830; quando egli è nominato Primario, con effetto dal 24-IV-1830. In quell’occasione l'amministrazione del Manicomio crea una nuova pianta organica per i Medici e Chirurghi addetti all'Ospedale " con un Medico Primario; un Medico Assistente e un Chirurgo. TUTTI INTERNI ". Inoltre, detta istruzioni ai medici di Provincia per l'ammessione dei ricoverati, con norme anche per il loro rilascio. Notizie ulteriori del dottor Bertolini si hanno poi nel 1837; nella forma, nel modo e nell'aspetto più degni per un medico ospedaliero " cioè a mezzo delle opere sue - stampate e praticate ". Che, nel 1831, egli scrive " su di un nuovo sistema di bagni medicali (maggio) -, e, nel dicembre " su di un metodo di disinfezione al cloruro di calce ". Nel 1832 pubblica " sulla riforma delle manette dei ricoverati e sulla precauzione nell'ammessione degli stessi " (marzo); e, in data 2 settembre, ci dà notizia del trasloco, nel nuovo Ospedale, dei primi 20 malati, a dormirvi. Siamo ai tempi di Esquirol. La Psichiatria corrente è tutta piena delle concezioni di lui sulle monomanie. Anche Cipriano Bertolini, Medico Primario, nell'iniziare la pubblicazione di un prospetto statistico-psichiatrico, che non sarà poi più interrotto, tenta anch'egli " una classificazione dei ricoverati del R. Manicomio di Torino " secondo gli indirizzi nuovi. Il lavoro è dedicato " al signor Prof. di Chirurgia Sala, in attestato di stima ed amicizia " e si rende interessante; non foss'altro che come curiosità scientifica. Per esso le malattie mentali sono distinte in: Olomanie, Polimanie, Monomanie, Ninfomanie; cui si aggiungono le Melanconie, le Lipemanie e le Demomanie a seconda che esse siano continue, remittenti e intermittenti; oppure quiete, o tristi, o liete, agitate o furibonde; nonché semplici e complesse. Infine, distingue l'Epilessia, le Demenze, l’Idiotismo, la Imbecillità, la Stupidità e la Fatuità. Nessuno stupirà degli speciali particolarismi diagnostici, del tutto propri dell'epoca che, allora, volgeva; mentre quella classifica appare notevole nell'ordine psicologico che la informa, e fissa il nome del suo autore; anche se non originale, in quanto ricalcata, in molta parte, sui concetti allora vigenti in Francia. Intanto, nel 1834 - a mezzo del Condirettore Chirurgo Ardy - il dottor Bertolini informa che nel Manicomio di Torino sono 188 uomini e 129 donne (7 ottobre). Al 20 dello stesso mese Bertolini segna la visita del dottor fisico Lattanzio Rossi, Direttore dell'ospedale dei Pazzerelli di Parma, venuto a visitare il nostro nosocomio; e, in quello stesso anno, il Bertolini va in Francia, insieme all'ingegner Talucchi, a visitarvi quei Manicomi, nell'imminenza della costruzione del nuovo Istituto. Nel 1836 - cosa originale - propone " una specie di radunanze fra i Pen- sionarii mentecatti, onde trattenerli per la cura morale, in cose di letteratura, letture, lavori di agricoltura e farli travagliare nel giardino ". E l'amministrazione. sempre alerte, accetta subito quell'idea e mette a disposizione di lui " l'alloggio già occupato dall'Economo, onde stabilire le radunanze ricreative proposte; come pure quella parte del giardino per gli agricoltori che il sullodato crederà più confacente; e ciò provvisoriamente, sinché nella disposizione della nuova fabbrica possa farsi più adatta tal genere di cura morale ". Evidentemente, il dottor Cipriano Bertolini ebbe vasta cultura, grande amore per il Manicomio e attività notevole. Ciò che però, non gli vietò i tristi lutti dopo i lieti onori. Era l'anno 1835. L'anno del Cholera. il Bertolini, come Medico Primario, aveva presentato una sua relazione statistica, elogiata e mandata alla Commissione Sanitaria (dell'Amministrazione) dove era anche l'Ardy, che ne proposte la stampa a spese dell'Istituto. Nell'Agosto, scoppiò l'epidemia cholerica. La Direzione stabili norme preventive rigidissime contro quel morbo. Fra queste, le seguenti : " - che nessuna persona potesse più sortire ne entrare nel recinto dello Spedale per tutto il tempo in cui continuerà l'anzidetta malattia nella Città di Torino " ; " - che fosse nominata una Commissione con poteri illimitati; i cui membri potessero funzionare: etsi non omnes ". Anche i due Medici: vale a dire il Primario dottor Bertolini e il Medico Collegiato Bonacossa, avrebbero dovuto rinchiudersi in Ospedale. Ma il Primario Bertolini si riserva di rispondere. La Direzione decide, in caso di risposta negativa, di provvedere immediatamente " acciò vi siano i due Medici ". Cipriano Bertolini ammala e viene sostituito, dalla Direzione, col figlio, dottor Michele. E ciò, mentre istituisce - forse in rapporto con la giusta idea dell'isolamento per l'epidemia colerica - una reparto di accettazione, e di osservazione insieme, dei nuovi entrati. Chi scrive ha l'impressione che, in tutto ciò, non sia stata estranea l'influenza del giovane Bonacossa, che avanza già, impaziente, a passi di gigante. Fatto è che il Vicario generale non approva il concetto dell'isolamento assoluto dell'Ospedale della Città; e che Cipriano Bertolini, il quale, frattanto, era stato allontanato, è riassunto in servizio (1836) con regio biglietto del febbraio, nel quale è detto da Re Carlo Alberto che " avendo noi ravvisato opportuno che il dottor Cipriano Bertolini, Medico Primario del Manicomio di Torino, faccia parte, d'ora innanzi, del Corpo d'Amministrazione nel detto pio Istituto, lo abbiamo nominato Consigliere amministratore nel medesimo; volendo che intevenga alle congreghe dell'Amministrazione e vi abbia voce deliberativa ". Questo riconoscimento regale dell'opera sua deve aver certamente confortato il Bertolini. Ma la carriera manicomiale di lui era ormai finita. E l'ultima sua manifestazione tangibile è il rendiconto statistico sul secondo semestre 1836 e sul primo 1837; indirizzato " all'Ill.mo Signor Marchese D. Michele Giuseppe Francesco Benso di Cavour, Conservatore del R. Manicomio di Torino. Poi scende su di lui il silenzio. Non l'oblio - almeno da nostra parte -: perchè Cipriano Bertolini merita di non essere dimenticato. Anche se la luce sua, limpida, tranquilla, modesta, fu oscurata poi dai bagliori successivi di Giovanni Stefano Bonacossa; il quale rischiara indubbiamente il punto centrale, culminante di questo secondo periodo: clinico-ospedaliero del R. Manicomio di Torino. Nell'atrio d'ingresso del Manicomio di Città è una lapide, sui cui è incisa la seguente scritta GIOVANNI STEFANO BONACOSSA DA CASALGRASSO SALUZZESE PSICHIATRA ILLUSTRE FU PER TRENTADUE ANNI MEDICO PRIMARIO IN QUESTO MANICOMIO PER ORDINATO DELLA DIREZIONE L'ANNO DELLA SUA MORTE 1878 La vita manicomiale di Giovanni Stefano Bonacossa comincia al 4 aprile 1830, come Medico Assistente, sotto la direzione del Bertolini; del quale in certi momenti, egli parve, se non insofferente, credo impaziente. Forse la coscienza del proprio valore, unita alla consapevolezza della necessità di sviluppare sùbito le superbe disposizioni e le favorevoli disponibilità del momento che passava, lo spinsero a svincolarsi presto dal posto di second'ordine in cui giacque confinato in quel primo tempo della sua carriera. - La quale, pare a me, debba poi considerarsi sotto tre punti di vista, che ci additano il Bonacossa, a vicenda:
" Perché Stefano Bonacossa fu il primo professore di Psichiatria nella Facoltà medica di Torino e fra le Università italiane ". Come Tecnico manicomiale egli ebbe la fortuna di coincidere con un'Amministrazione illuminata; la quale - non so se, e quanto, aiutata da lui, fissò, nel 1837, tale ordinamento interno nuovo, cosi commendevole, che durò poi, immutato, più di mezzo secolo e che fu, e rimane, modello difficilmente superabile di modernità. Per esso, all'art. 13, il Servizio sanitario, è disimpegnato da un vero Corpo medico completo; composto da un Medico Primario, da un Medico Ordinario, da un Medico Assistente, da due Allievi di medicina, da un Chirurgo e da un Farmacista. Completati (art. 15) da un Medico Consulente e da un Chirurgo Consulente. Inoltre, all'art. 58, si contempla l'istituzione di una sala anatomica, munita degli strumenti necessari per le sezioni dei cadaveri e di un gabinetto patologico " in cui si conserveranno i pezzi anatomici che, nelle seguite autopsie, avranno fissato maggiormente l'attenzione dei Medici ". Il Primario è indipendente nelle sue funzioni; perché (art. 60) egli ha la direzione superiore della polizia medica dello Stabilimento, della cura di tutti i ricoverati, della loro classifica e delle visite; rilascia i certificati di loro stato di salute e dirige gli altri medici mediante norme stabilite in appositi articoli. La competenza della Direzione continua, è vero, quanto alle accettazioni provvisorie e definitive e alle uscite " attraverso il Direttore, deputato al servizio sanitario; il quale veglia sulla regolarità delle medesime e richiede, all'uopo, il Medico o il Chirurgo Consulente di concorrere. coi loro lumi, alla cura dei ricoverati ". Ma, in sostanza, ormai, l'amministrazione (la Direzione) esercita, nell'àmbito sanitario, un'azione vasta è vero, ma puramente formale. Di fatto, è il Primario che riferisce, che propone, che esercita - nel campo tecnico - in modo autonomo, tutto quanto è funzione strettamente tecnica. Ché le proposte sue non possono che essere accettate. Né il Medico - da altra parte - può desiderare di essere distratto, nel suo ufficio, da funzioni burocratiche, che egli lascia volentieri alla parte amministrativa; anche per la doverosa utile divisione del lavoro. Ormai l'amministrazione provvede agli uffici propri e la parte Sanitaria - arbitra di se stessa - coi suoi diritti e coi doveri correlativi può, se vuole - svilupparsi come, e fin dove, crede. Bonacossa ha anche la ventura di trovarsi Primario in un Istituto nuovissimo e moderno. Inoltre egli sa di avere ogni rispondenza e ogni aiuto nei suoi Amministratori. Così la Direzione, a richiesta della Segreteria di Stato, dovendo inviare una persona pratica a Parigi per ragioni di ufficio, vi manda Bonacossa; che, nel luglio 1838, visita i Manicomi di Lione, di Parigi, di Rouen, di Caen in Francia; oltre a quelli di Londra, di Rotterdam, di Anversa, di Bruxelles, di Ginevra e di Milano; acquistando nozioni tecniche, altrimenti inassumibili, e prendendo contatti diretti, di prim'ordine, con scienziati e psichiatri di ogni parte d'Europa -, ciò che gli permetterà poi di ritornare in Patria, pronto ad ogni sviluppo tecnico, culturale, scientifico, manicomiale e universitario. Infine, assumendo la direzione tecnica del nuovo Manicomio, egli vi trova (9-IX-1838) 213 uomini e 165 donne; cioè un materiale clinico più che sufficiente per qualsiasi sviluppo. Uomo illustre dunque il Bonacossa; ma che i tempi aiutarono anche. Come scienziato poi, Stefano Bonacossa scrisse su argomenti vari, attinenti alla materia psichiatrica che lo interessava e a quelle affini, cioè di Medicina legale e di Sociologia. A prescindere dalle relazioni statistiche frequenti, indirizzate sempre alla Direzione del Manicomio nella sua qualità di Primario, egli pubblica - in un latino correttissimo - sull'Atmosfera -, sul Colchico (1835), sulle Funzioni cerebellari e sulle Vesanie in senso clinico e medico legale (1835). Di tecnica manicomiale, egli scrive poi variamente nel 1837, nel 1839, nel 1840, nel 1849, nel 1857 a proposito (stavolta) della costruzione di un nuovo Manicomio; nel 1863; nel 1868 sull'Impossibilità di consistenza subbjettiva ed obbjettiva del letargo e della mania, in discussione con Timmermanns e sull'Intelligenza degli animali; nel 1873 sui Manicomi in rapporto con le funzioni dell'Ospizio di Carità. In materia medico-legale e di medicina sociale sono da ricordare gli studi di lui, del 1846, a proposito della perizia psichiatrica; del 1849, su di una sua petizione, motivata, al Parlamento per la modificazione di dispositivi dei Codici civile e penale, in riguardo alla legislazione nuova sugli alienati. Nel 1851 Bonacossa è relatore - sul cretinismo - della Commissione nominata da S. Maestà il Re di Sardegna nel seno della R. Accademia di Medicina, di cui egli è Socio fondatore e, quella volta, anche Presidente (1851); così come fu egli a fondare anche quella Società di mutuo soccorso fra Medici e Chirurghi del Piemonte che. ancora oggi, dura, prospera e si rende tanto benemerita. Nel 1865 scrive sul Codice di procedura civile in rapporto all'interdizione per stato anormale di mente e nel 1872 sulla formazione di Manicomi per i condannati, ecc. Infine, come Professore di psichiatria Stefano Bonacossa va ricordato perché fu il primo di quella serie di Insegnanti di psichiatria, che l'amministrazione del Manicomio nostro ha poi sempre ospitato con larghezza e generosità, anche dopo che quella funzione fu scissa da quella di Primario, cioè di Direttore del Manicomio stesso. Fu detto come, già nel 1829, l'Amministrazione del Manicomio di Torino si fosse interessata ad una proposta del Prof. Hildebrand dell'Università di Pavia per l'istituzione dell'insegnamento della Psichiatria presso la nostra Università; e come la proposta, allora, non ebbe seguito. A questo punto, può interessare la nozione seguente; e cioè: che l'insegnamento della Psichiatria, in Europa, era stato inaugurato in Inghilterra, nel 1758, a Londra, da Battie e continuato poi da Sutherland and Morrison a Bedlam, e da Comollis ad Hanwell. In Germania esso fu iniziato, invece, più tardi' cioè al principio del 1800, a Berlino dall'Horn; a Wurtzburg dal Múller; a Tubinga da Autenrieth; a Wilna da G. Franck; ad Heidelberg da Conradi; a Bonn da Nasse; a Lipsia da Heinroth. E, in Francia, anche più tardi: nel 1817 da Esquirol alla Salpetrière; poi da Ferrus a Bicètre; da Bottex a Lione; da Beek a Montepellier (Antonio Marro: " Le condizioni passate e presenti del R. Manicomio di Torino " - 1893). In Italia, invece, il primo insegnamento della Psichiatria fu richiesto al Ministero della pubblica istruzione dalla Direzione del Manicomio di Torino nel 1848; con l'invito di affidarlo al Medico Primario del Manicomio; ciò che avvenne due anni dopo, cioè nel 1850, nella persona del Bonacossa. Il quale tenne quella cattedra fino alla morte e la illustrò, oltrechè colle lezioni cliniche, con molteplici pubblicazioni: " Sugli elementi teorico pratici di Patologia mentale (1851); Sulla necessità di scuole di Medicina psicologica teorico-pratica (1863) -, Sull'indole dei Corpi scientifici (1868); con Frammenti di lezioni teoriche di medicina psicologica (1870). Giovanni Stefano Bonacossa dettò lezioni fino al 1874 da quella cattedra, che fu poi tenuta, successivamente. da Michelangelo Porporati, da Enrico Morselli; da Cesare Lombroso; da Donaggio come incaricato, ed ora da Ernesto Lugaro. Vanto questo, e merito, dell'oculatezza costante e della larghezza di vedute dell'Amministrazione del R. Manicomio di Torino; la quale, anche oggi, sa continuare, dopo ottant'anni di convivenza fra i due Enti, quella giusta collaborazione; esempio raro e dimostrazione palese della possibilità di cordiale simbiosi fra la Scuola e la Vita quando animino rettitudine di intenzioni, mente aperta e buon volere. Un'altra lapide è murata nell'atrio d'ingresso del nostro Manicomio di Città A RICORDO DEL MEDICO PRIMARIO PORPORATI DOTT. CAV. MICHELANCELO PER LE CONTINUE INTELLIGENTI, CARITATEVOLI CURE IN QUARANTASETTE ANNI PRESTATE A SOLLIEVO DEI RICOVERATI LA DIREZIONE 1891. Se Giovanni Stefano Bonacossa diede il proprio nome all'epoca sua, nel Manicomio di Torino, dal 4 aprile 1830 al 1878, Michelangelo Porporati fu al servizio dello stesso Istituto dal 1842 al 1880. Dapprima agli ordini del Bonacossa (col quale furono anche un dottor Vigo, dimessosi al 29 settembre 1838, e, più tardi, il dottor Giacomo Fiorito, nella Casa di Torino), in seguito fu Primario - il primo - a Collegno coi dottori Lombardi, Filippa e Valletti. In una sua memoria del 1844, dedicata a Riberi " Considerazioni sulla pazzia melanconica " si apprende che, a quel tempo, egli era addetto, da due anni, alla cura delle donne alienate. Nel 1873 sta per passare, da Ordinario a Collegno, a Primario a Torino, ciò che avviene poi l'anno seguente: ai 18 di gennaio. Nel 1876 Michelangelo Porporati "fa adottare la istituzione delle storie cliniche per ciascun ricoverato" ; ciò che basta a eternarne il nome. Poi, sempre nello stesso anno 1874, ha l'incarico dell'insegnamento della Psichiatria; in probabile sostituzione - anche nella Facoltà - di Stefano Bonacossa - come nel Primariato del R. Manicomio - e, nel 1879, detta la prolusione al corso libero di Clinica libera di Psichiatria. La produzione scientifica di Michelangelo Porporati va dal 1844 al 1881 come segue Nel 1844 scrive - come ho già detto - sulla " Pazzia melanconica ". Nel 1852 "Sulle rivoluzioni politiche in rapporto con l'alienazione mentale". Nel 1856 " Sui Manicomi nel rapporto igienico ed economico " : cosi come, su argomenti vari d'indole manicomiale, egli scriverà poi nel 1864 a proposito " Della costituzione morbosa dell'anno 1863 e dei primi tre mesi del 1864". Nel 1875 pubblica "Sui sintomi latenti e negativi delle pazzie occulte " , dopo una visita al Manicomio di Imola; e, nel 1876 " Sul valore dell'imitazione nella trasmissione di pazzie di identica forma, poi Sul Congresso medico internazionale di Bruxelles del 1875 e Sulla visita, contemporanea, ad alcuni Manicomi esteri, Nel 1876: Sui Manicomi di Torino e di Collegno; nel 1879 Sulle Frenosi puerperali; e, infine, nel 1880-1881, Su dati statistici dell'Istituto. Come insegnante, egli detta " Frammenti di lezioni teoriche di Medicina psicologica ". Nel 1876 pronuncia un suo discorso " preliminare sui pregi e sulla utilità della Psichiatria ". Nel 1877 stampa " i sunti di lezioni di Clinica di malattie mentali nel R. Manicomio di Torino ", e, nel 1876, come Socio della R. Accademia di Medicina di Torino, essendo Relatore della Commissione nominata per lo studio del nuovo Codice penale, scrive " sulle condizioni dirimenti e minoranti l'imputabilità penale ", cioè a dire: l'infermità di mente; l'ubbriachezza; l'età; il sordomutismo. Michelangelo Porporati non ebbe la statura scientifica e la fisionomia clinica di Stefano Bonacossa; che pare, a noi, gigantesca. Però fu tale che fece onore al Manicomio di Torino e che chiuse degnamente quello che ho chiamato il secondo Periodo " clinico " dell'evoluzione dell'Istituto nostro; e preparò l'avvento a quello successivo. |
DEL TERZO PERIODO O DELLA FASE CLINICO-BIOLOGICA In una preziosa pergamena, che si riproduce a pagina seguente, notevole anche per artistico pregio, è consacrata la data delli 27 dicembre 1885; perché, in quel giorno, nel R. Manicomio di Torino, alla presenza di S. A. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta, con l'intervento delle Autorità, dei cultori della scienza medica e di eletta cittadinanza, la Regia Direzione, solennemente, inaugurava l'Istituto Neuro-patologico del Manicomio; da essa fondato ad incremento degli studi psichiatrici. Cosi è scritto, testualmente, in quel documento memorabile. Il quale è immortalato dalle firme autografe più autorevoli che Torino e l'Italia potessero, in quel tempo, mobilitare. Basti citare quella di Amedeo di Savoia; del Sindaco Ernesto di Sambuy; del Conte Aghemo di Perno, Presidente della Direzione del Manicomio; di Giulio Bizzozero; di Camillo Golgi; di Prospero Colonna; di Edoardo Daneo; di Pio Foà; di Cesare Lombroso; di Luigi Pagliani; del Prof. Tibone, per l'Accademia di Medicina; di Edoardo Perroncito; del Professor Giacomini; di Carlo Ceppi; di Piero Giacosa; di Giacomo Gibelli; di Antonio Marro; di Falchi; di Mondino; di Saccozzi; oltre a quelli più significative dell'alta Magistratura; della nobiltà del nome, delle opere e del denaro e di tutti i Funzionari del Manicomio stesso; i quali, con la loro presenza, vollero significare l'impegno che assunsero - e che assolsero - di onorare, con l'opera loro, la solenne promessa. In fondo fra le ultime - modestamente appartata, quasi a non volere apparire, - quella del massimo Fattore di quella rivoluzione scientifica del progresso manicomiale: il dottor Comm. Angelo Perotti; uomo di eletto ingegno, di moderne vedute, di tenace volere; il quale, avendo dedicato, per quasi mezzo secolo, ogni attività sua e ogni amore al miglioramento del R. Manicomio di cui fu Amministratore autorevolissimo, trasse, dai molteplici, vari contatti con gli Ambienti scientifici e accademici torinesi - e attuò - la convinzione della necessità - anche per il Manicomio di Torino - di sviluppare, e di completare l'indirizzo clinico, antico, con quello biologico, sorgente. Con quella celebrazione - che, può, oggi, anche parere manifestazione eccessiva, a proposito di un fatto nuovo ma non straordinario - volle, certamente, l'amministrazione del R. Manicomio segnare il limite fra due epoche scientifiche: quella ospedaliera propriamente detta e quella scientifica; quella clinica pura e quella clinico- biologica. D'ora in avanti, lo studio clinico dell'alienato dovrà essere integrato con la ricerca anatomo - patologica microscopica, istologica e batteriologica nel cadavere e con quella biologico- clinica nel vivo. Perciò, oltre all'obbligatorietà dell'autopsia e a quella dell'indagine microscopica e batteriologica nei due laboratori anatomo- patologici di Torino (1885) e di Collegno (1890). staranno Istituti scientifici appositi, paralleli e complementari ai primi, a Torino e a Collegno (e alle stesse date) per la ricerca biologica sull'alienato (laboratori clinici). E da essi rifulgerà tanta luce di scienza, di studio e di operosità che illuminò molte cattedre universitarie, di Psichiatria, di Istologia e di Patologia generale: diede numerosa e valorosa schiera di Liberi Docenti a molte Università, e Direttori a Manicomi pubblici e innalzò enormemente il livello colturale e scientifico del Manicomio stesso. Era appena svoltasi l'epoca classica di ogni rivoluzione. Verso la metà del secolo decimonono, infatti, il mondo era scattato, un po' dappertutto, in avanti con dei balzi enormi -. in politica, non solo, ma anche in filosofia, in arte, nella Scienza. Già stupivano il mondo i nomi di Lister, di Pasteur, di Rodolfo Wirchow, di Giulio Bizzozero, di Amici, di Camillo Golgi, di Cesare Lombroso, di Charcot nella scienza medica. L'Italia, da poco eretta a Nazione, addestrata dall'iniziazione straniera agli studi biologici, cercava affannosamente se stessa. Dappertutto era fervore di studi, desiderio di opere e di progresso scientifico.. Dappertutto sorgevano laboratori scientifici di ogni genere, pur con mezzi limitatissimi. Nelle Università, nelle scuole, negli ospedali si assistette - spettacolo nuovo quanto curiosissimo - alla consistenza del vecchio, classico sapere che ripiegava dignitoso ma vinto, davanti all'incalzare impetuoso della giovane generazione colta dei nuovi studiosi; che si sostituiva baldanzosamente all'antica. Dalla cattedra, dal tavolo anatomico, dalla scuola, dal laboratorio sprizzava vita nuova, luce insospettata di sapere e di energia; desiderio di rinnovazione; gara feconda in tutti i rami dell'umano sapere. In quell'epoca, i Manicomi diventarono - più sollecitamente degli altri ospedali - centro vivo di questa attività nuova. A Torino - in modo particolare - si era sospinti anche di più dalle bellezze insospettatamente rivelate in biologia, in morfologia, in fisiologia, in sociologia dalla presenza contemporanea di gente quali furono Bizzozero, Golgi, Mosso, Lombroso, Giacomini, Camerano, ed Enrico Morselli. Enrico Morselli: uno dei più chiarì antisegnani di quel periodo illustre, e che fu anche Primario nel nostro Manicomio di Torino. Direttore del Manicomio di Macerata già dal gennaio 1877, cioè a meno di 22 anni di età. e Libero Docente di Psichiatria in quello stesso anno presso la Università di Pavia, veniva dal Perotti chiamato alla Direzione del Manicomio di Torino nel 1880, cioè a 28 anni, e la Facoltà gli offriva la cattedra di Psichiatria. Mentre fu da noi, ad onorare e la cattedra e il Manicomio, oltre al corso ufficiale di Psichiatria tenne corsi liberi di Antropologia criminale, di Neuropatologia e di Elettroterapia; assistito dal suo aiuto prediletto: il valorosissimo dottor Buccola. E, nel campo più strettamente scientifico, scrisse sulla " Critica e riforma del metodo antropologico " (1880) con "Contributi originali soprattutto allo studio craniologico ". Nel 1885 pubblicò il primo volume del suo "Manuale Semeiotica delle malattie mentali" -, nel 1886 scrisse sul Magnetismo, sulla Fascinazione e sugli stati ipnotici. Nel 1888 pubblicò l'opera sua monumentale sull'Antropologia generale. Poi l'Università di Genova lo chiamò a sé, ad illustrazione propria. Ma il Manicomio di Torino ricorda con affetto e con reverenza quel suo grande e caro Maestro; cui augura ogni fortuna. E altri due nomi di illustri scienziati che ogni loro attività dedicarono esclusivamente al Manicomio di Torino, figli puri di quell'epoca di rinnovamento, ed emanazione schietta del dottor Angelo Perotti che, con fine intuito, volle, rispettivamente, alla direzione della parte clinico-ospedaliera e di quella anatomo- patologica, furono Antonio Marro e Carlo Martinotti. Alla memoria di quei due insigni, è dovere dedicare una parola; perché la- sciarono orma profonda di sé nel cuor nostro, nell'Istituto, e fuori di esso. Antonio Marro: nato a Limone Piemonte nel 1840, solo nel 1882, a 42 anni di età, venne a Torino dopo due anni di esercizio medico nella Marina militare e 17 anni di condotta nel suo paese natio. Venne a Torino come Sanitario del del Carcere giudiziario locale; e subito dopo, fu assistente di Lombroso per la medicina legale; pubblicando, in quel primo suo periodo di attività scientifica, lavori interessanti d'indole sociologica, di antropologia generale e criminale; che furono. evidentemente, la preparazione intellettuale e tecnica di lui alle opere sue fondamentali; cioè "I Caratteri dei delinquenti " e la " Pubertà ". I "Caratteri dei delinquenti " : opera poderosa- per mole, per quantità di dati, di osservazioni, di idee e di concetti sull'antropometria, sulla biologia, sulla psicologia e la sociologia. Fu quello lo studio che rivelò Antonio Marro e che contribuì ad elevare a dignità scientifica una materia che, in gran parte, era allora ancora caotica. Essa fece, poi, testo in argomento con la metodica classificazione dei delinquenti. . La " Pubertà studiata nell'uomo e nella donna, in rapporto all'Antropologia, alla Psichiatria, alla Pedagogia ed alla Sociologia " fu da Lombroso definita come " libro aureo " ; che non fu senza influenza sul moderno indirizzo nell'educazione della gioventù. Correlativi a questo studio sono i lavori " Sull'evoluzione psicologica; sull'impulso al parricidio nell'epoca pubere; sulla Psichiatria e l'educazione pubblica; sulla scuola in rapporto con la lotta antialcoolistica ". Un'altra serie di ricerche di Antonio Marro fu diretta allo studio del ricambio materiale in rapporto al lavoro, alla paura e alle malattie mentali; cioè alla lipemania, alla paralisi progressiva e alla alienazione in genere. Infine, un ultimo gruppo di lavori suoi concerne studi d'indole generale, di terapia, e osservazioni nosologiche; quali: " Degenerazione ed encefalopatia; la pazzia nella donna; la pazzia gemellare; gli effetti di prolungate suppurazioni nelle Paralisi progressiva ". Nominato Medico Capo Divisione e Direttore del Laboratorio clinico del Manicomio di Torino nel 1885, tre anni dopo (1888) vi fondò gli " Annali di Freniatria e Scienze affini ", seminario di idee e di operosità, per sé e per i suoi Dipendenti, che durò finché egli visse. Nel 1886 consegue la libera docenza in Psichiatria. Nel 1889 è membro della R. Accademia di Medicina locale. Nel 1890, come Primario, estende le sue funzioni di Direzione sanitaria anche a Collegno. Nel 1900 fonda, e presiede per dieci anni, l'Istituto medico- pedagogico per fanciulli deficenti. Nel 1904 la nuova Legge sui Manicomi e sugli alienati lo crea Direttore dei due Manicomi di Torino e di Collegno. Nel 1907 è Presidente della Società di Patrocinio per poveri dimessi dal Manicomio di Torino e Provincia. Di lui può trascriversi il pensiero di un biografo caro al suo cuore che, cioè, egli fu lustro e decoro del Manicomio di Torino al quale consacrò 28 anni della sua esistenza; inspirandosi sempre al bene e al progresso di esso. Aspro d'indole ma profondamente buono, egli fu lo scrupolo stesso nell'adempimento del dovere, incitante i dipendenti con l'esempio e amando più di fare, che del fare eseguire. Seppe imprimere, e mantenere, in questo Istituto, una modernità di indirizzo da renderlo modello di organizzazione di cure manicomiali. Per proprio conto, chi scrive, vuole aggiungere che sparse, intorno a sé, un senso di profonda dignità e di onesta austerità. Carlo Martinotti diede ogni sua attività scientifica, e trascorse tutta la sua carriera, come Direttore del Laboratorio anatomo- patologico di Torino; sicchè questo potrebbe, a giusto titolo, da lui denominarsi. Laureatosi in questa nostra Università nel 1885, egli fu attratto sùbito dalla grandezza di Camillo Golgi; presso il quale fu, per il perfezionamento all'interno, e dal quale ottenne poi il perfezionamento all'estero, che passò a Lipsia. Fu Socio della R. Accademia di Medicina locale. Tutta la sua vita di scienziato, di medico ospedaliero e di insegnante libero di Psichiatria, egli trascorse nel locale Manicomio di Città; di cui fu lustro autentico come anatomo- patologo e Direttore di quel laboratorio; oltreché come Primario di Sezione. Quivi l'opera sua scientifica fu vasta e profonda. Rigorosamente circoscritta alla ricerca biologica, cosi come l'onestà scientifica sua e la rigidezza del suo carattere gli imponevano, essa poté, forse, parere unilaterale; ma egli, che aveva coltura vastissima e possibilità di manifestazioni collaterali altrettanto degne nei campi affini, volle attenersi a queste sole discipline. In compenso, egli vi fu insuperabile come tecnico e come ricercatore. Sia che trattasse di istologia normale del sistema nervoso centrale, coi metodi preferiti alla Golgi, o, più tardi, con quelli alla Nissl; o che tentasse i campi più fertili della patologia sperimentale del sistema nervoso sotto l'azione della stricnina, della canfora, del mercurio, degli avvelenamenti cronici in genere e dell'infezione stafilococco; o che affrontasse i problemi più moderni della patologia generale direttamente sul cervello, o indirettamente attraverso l'alterata funzione delle capsule surrenali, o della sclerosi arteriosa, o del ricambio modificato dall'epilessia, o dalll’ipoplasia aortica, o dall'acromegalia, egli portò sempre, nella ricerca, tanta diligenza tecnica, tanta dovizia di osservazioni, tanta sobrietà di deduzioni, tanta dignità di conclusioni da indurre sempre nella fiducia più sicura e da imporre il rispetto più profondo. Egli era così alieno dal parere, che molte cose già compiute non pubblicò mai, perché non credute abbastanza interessanti, o non sufficientemente dimostrate. Come avvenne, per esempio, per i corpi di Negri della rabbia; che, chi scrive, può accertare aver egli veduti prima di quell'Autore. Egli tenne quell'ufficio, ininterrottamente dal 1887 fino alla sua morte avvenuta nel 1918; certamente con dignità uguale a quella di molti suoi predecessori, saliti a più alta fortuna. I laboratori anatomo- patologici e clinici di Torino e di Collegno ebbero - ed hanno - storia e fisionomia scientifica propria; varia a seconda dei tempi e dell'indole speciale dei vari Direttori che, in essi, si avvicendarono. Il laboratorio anatomo- patologico di Torino- Città ebbe a suo primo dirigente il dottor G. Battista Laura; e, successivamente, il Sanquirico, passato poi alla cattedra di Patologia generale nell'Università di Siena; Gaetano Salvioli, chiamato, in seguito, a insegnare la stessa disciplina nell'Ateneo palermitano e Casimiro Mondino che fu poi Professore di Istologia nell'Università di Palermo e di Psichiatria in quella di Pavia. A Mondino successe Carlo Martinotti; e, a questi. l'attuale dirigente. Attraverso l'opera e l'insegnamento di tutti quegli insigni, il laboratorio anatomo- patologico di Torino conservò sempre la fisionomia e l’indirizzo istomorfologico primitivamente impressogli dai Fondatori; anche se, volta per volta, deferì alla scuola d'origine e agli indirizzi scientifici preferiti dai suoi dirigenti. Oggi, esso è intitolato a Giulio Bizzozero, che fu anche Amministratore influentissimo del nostro Ospedale psichiatrico. Il laboratorio anatorno- patologico di Collegno fu illustrato, per primo, da Benedetto Morpurgo, l'attuale patologo della nostra Università; che il Manicomio ricorda sempre con affetto e con reverenza e al quale chi scrive - e gli succedette - manda ancora il saluto cordiale dell'allievo al Maestro. Poi esso fu diretto dallo scrivente; poi da G. Battista Pellizzi e da Luigi Roncoroni, passati, questi due ultimi, rispettivamente, alle cattedre di Psichiatria a Sassari poi a Pisa, e l'altro a Cagliari poi a Parma; dove insegnano ancora. Benedetto Morpurgo, allievo di se stesso più che di Giulio Bizzozero, preferì l'indirizzo bío-morfologico, che lo ha reso poi illustre. Pellizzi e Roncoroni le loro manifestazioni scientifiche intonarono piuttosto alla disciplina particolare che poi insegnarono. Invece, i laboratori clinici di Torino e di Collegno, in un primo tempo, seguirono rigorosamente l'indirizzo loro impresso da Antonio Marro verso lo studio del ricambio materiale degli alienati. Anzi, a Collegno. fin dal 1890, furono curati gli studi sui succhi delle ghiandole a secrezione interna, alla Brown-Sèquard; che poi ebbero ed hanno tanta voga. Oggi, mutati i tempi e quindi gli indirizzi scientifici, nei laboratori clinici di Torino e di Collegno, si curano, con alacrità e diligenza non comune, gli studi sierologici e biologici, sia nell'indirizzo diagnostico, che in quello curativo; con l'aiuto di allievi interni laureati e studenti, che l'amministrazione nostra coltiva e aiuta con esempio di encomiabile modernità. Il Manicomio di Città è poi dotato anche di un laboratorio radiologico modernissimo; anche se limitato ai soli bisogni diagnostici, che bastano agli scopi nostri. Tutti questi organismi scientifici sono arredati più che convenientemente e in modo del tutto adatto ai bisogni per i quali furono costruiti e devono servire, così come è dimostrato dalla produzione scientifica degli attuali loro frequentatori. Inoltre, essi sono serviti da una biblioteca neuropsichiatrica, ricca di 3000 volumi, perfettamente ordinati, rigorosamente aggiornati, con catalogo esattissimo, scrupolosamente tenuto da apposita Suora, sotto la direzione di un Sanitario ad hoc. Si che è da credersi che gli Istituti scientifici del Manicomio di Torino e di Collegno - pur nella modestia loro inevitabile, proporzionata alle disponibilità economiche - possiedono il necessario per un proficuo funzionamento; non inferiore a quello dei loro confratelli degli altri Ospedali psichiatrici d'Italia. Anche l'assetto e il servizio di Sezione è pienamente conforme ai dettami della tecnica manicomiale moderna ed al prescritto della Legge speciale che regola questa materia. Esso è tutto femminile nel Manicomio di Città; e prevalentemente maschile a Collegno. Inoltre, a Collegno sulla strada di Pianezza, è un Ospizio Provinciale per donne alienate croniche; nuovo e modernissimamente sistemato. Ogni sezione a Torino e a Collegno ha bagni interni propri, oltre ad un impianto idroterapico centrale, affidato ad apposito dirigente.1 Nelle Sezioni regnano - nell'ordine e nel silenzio eretti a norma tecnica rigorosa - il rispetto e l'affetto più cordiale fra Sanitari e Personale d'assistenza: religioso e laico da una parte, e- malati dall'altra. All'antico, vieto concetto della reclusione forzata si è sostituito quello della persuasione della permanenza del malato nell'Istituto per il solo ed esclusivo vantaggio proprio. A quello della coazione fisica e morale, l'altro della dolcezza e della persuasione; rese poi efficaci dalla premura del medico e del personale di assistenza. Anche nel vecchio fabbricato di Città le Sezioni possiedono ampi ambulatori per l'inverno e cortili sufficienti per la buona stagione; dove la visita vien fatta regolarmente, individuando, volta per volta, ciascun malato; metodo ottimo questo, per persuadere il ricoverato della sollecitudine reale del medico per lui. Nei nuovi edifici dell'Ospedale psichiatrico di Collegno è invece lusso di spazio, e ricchezza di luce e di ogni disponibilità. Ivi i padiglioni sono allineati in due file parallele (per gli uomini e per le donne; poveri e pensionari) lungo i lati maggiori del rettangolo del chiostro, prolungato nella campagna cintata, e fra di loro separati da ampi cortili alberati. Ciascuna serie di padiglioni consta di fabbricati specializzati per le varie sorta di malati; rispondenti alle distinzioni pratiche fondamentali delle psicopatie più importanti e tutti muniti di camerate ampie, vaste, linde e luminose, che prendono luce per grandi finestre, dai cortili divisori fra ciascun padiglione e dalle ubertose, ridenti campagne; coltivate dai malati a campo e ad orti, e nelle quali tutto l'Istituto è immerso. Il Manicomio di Collegno è servito da una farmacia, storicamente illustre; arricchita da una raccolta irripetibile di numerosi - quanto preziosi - vasi di Savona del XVIII secolo (1737), che l'attività. ed il gusto artistico del Generale Lionello Chiapirone ha riunito in apposito locale in stile dell'epoca arredato, convenientemente, mentre il Manicomio di Torino- Città ha un suo dispensario farmaceutico, più che sufficiente per i bisogni comuni e che, per il resto, è completato dal concorso della farmacia cittadina prossimiore. Oltre al personale Sanitario psichiatrico, i Manicomi di Torino e Collegno e l'Ospizio provinciale per cronici hanno specialisti vari di Chirurgia, di Ostetricia. di Otorinolaringologia, di Odontoiatria e di Oculistica. Oggi l'amministrazione del Manicomio di Torino provvede: all'Ospedale psichiatrico misto di Collegno, prevalentemente maschile, con accettazione per gli uomini poveri e per i pensionari dei due sessi; con 2005 ricoverati; dei quali, 1686 uomini e 319 donne; all'Ospedale Psichiatrico femminile di Città, con accettazione di tutte le donne povere e con 685 ricoverate, oltre a pochi manovali uomini; all'Ospizio provinciale per cronici sulla strada di Pianezza, in territorio di Collegno, con 559 donne povere. Sono, inoltre : un Paedagogium provinciale per deficenti nel castello di Bollengo (Ivrea) con numerosi ospitati dei due sessi; una Casa di convalescenza della Società di Patrocinio per poveri di- messi dal Manicomio, in via Biella, n. 16 (Torino), con 50 letti. In tutto, circa 3400 ricoverati, in Istituti manicomiali vari, specialisticamente adattati. Quanta strada dai tredici primi ospiziati di casa Battiani! E quali promesse per il futuro autorizzano queste splendide realizzazioni attuali! E come sicure, nella rapida ascesa d'Italia nostra, magnificamente rinnovellantesi e nel succedersi fortunato di Amministrazioni, sempre, e solo, curanti, del bene dell'Istituto. Majora adsunt. Ad maiora parati. |