LA CERTOSA REALE DI COLLEGNO

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portale d'ingresso e chiostro

Cristina di Francia

Theatrum Sabaudiae

Aula Hospitalis

farmacia dei Certosini e vasi della farmacia

chiesa dell'Annunziata ed affreschi della volta

tombe dei Cavalieri dell'Ordine Supremo della SS.ma Annunziata

 

Come è noto, l'ex Ospedale Psichiatrico di Collegno è stato costruito utilizzando una antica Certosa, che risale al 1600, di cui si conservano numerose parti, tra cui un 

portale d'ingresso 

progettato dall'architetto Juvarra nel 1735, vari edifici, un pregevole 

chiostro 

ed una chiesa alla cui costruzione Juvarra partecipò con alcuni schizzi e contributo di idee. Anche  il complesso ospedaliero ha un notevole  valore architettonico, poiché costruito a partire dal 1850 secondo i migliori criteri dell'epoca per l'edilizia di tipo ospedaliero-istituzionale. Numerosi interventi sarebbero necessari per conservare tale patrimonio, il più urgente e rilevante è certamente il restauro della chiesa della Certosa, che necessita di interventi conservativi notevoli, tra cui il rifacimento del tetto, per evitare infiltrazioni e un degrado che è già in stato avanzato. Un progetto in fase di studio è la valorizzazione ed il recupero di quanto resta dell'antica Certosa anche per renderlo accessibile e fruibile  al pubblico. 

L'ordine religioso dei Certosini è stato fondato nel 1084 da San Brunone a Chartreuse, presso Grenoble, dove fondò la prima Certosa. Brunone fu consigliere di papa Urbano II che gli permise di fondare una nuova Certosa in Calabria (Certosa di Serra San Bruno). Da allora sorsero in Europa 282 certose di cui 53 in Italia.

La Certosa di Collegno sorse per iniziativa di 

Cristina di Francia,

 reggente di Savoia, (Madama Reale), che, recatasi a Grenoble per incontrarsi col fratello, il re Luigi XII, si recò in pellegrinaggio alla "Grande Chartreuse", casa madre dell'Ordine dei Certosini, e 

fece voto solenne di erigere una certosa presso Torino.

Nel 1641 Madama Reale acquistò dal conte Ottavio Provana di Collegno un palazzo "con aera et case ad esso attinenti, giardino et bosco", palazzo che era stato fatto costruire nel 1614 da Bernardino Data, funzionario dell'Amministrazione della Casa Ducale ed aiutante di Camera del duca Carlo Emanuele I. Successivamente Madama Reale, per tenere fede al proprio voto, acquistò altri terreni ed edifici adiacenti, prati e boschi, per completare l'area su cui sarebbe sorta la Certosa. I monaci, provenienti da Banda, località presso Villarfocchiardo, nel 1595 si erano stabiliti ad Avigliana in un piccolo monastero che fu abbattuto nel 1630 per poter costruire nuove fortificazioni; dovettero perciò tornare a Banda, da cui furono richiamati nel 1641 per occupare la nuova Certosa, dedicata all'Annunziata, patrona di Casa Savoia. Madama Reale aveva per la Certosa grandiosi progetti che furono più volte ridimensionati per difficoltà finanziarie. I lavori cominciarono subito, poichè il palazzo, già occupato dai monaci, era in condizioni pietose.  Il primo personaggio che si occupa della costruzione della Certosa è l'ingegnere Maurizio Valperga, Primo Ingegnere di S.A., che fu incaricato di eseguire il primo progetto della Certosa,progetto che non è giunto fino a noi e che fu eseguito solo parzialmente. Può farci capire come potesse essere il progetto del Valperga l'incisione del

  "Theatrum Sabaudiae"          

che raffigura la Certosa di Collegno. Un altro personaggio che arricchisce notevolmente la Certosa è l'architetto Filippo Juvarra che operò a Collegno intorno al 1725 con un progetto per l'ingrandimento della Certosa che comprendeva la porta, l'atrio, la cappella, il chiostro, la foresteria e due idee per la nuova chiesa. Dopo le trasformazioni dovute alla trasformazione della certosa in Ospedale Psichiatrico, è rimasto solo il portale d'ingresso ed alcuni disegni per la chiesa, che testimoniano la grandiosità dell'impostazione dello Juvarra. L'ultimo architetto che si occupa della Certosa è Barnaba Panizza, di cui abbiamo una planimetria del complesso religioso del 1854, eseguita poco prima della trasformazione dell'impianto architettonico in ospedale psichiatrico, dove sono molto ben precisate le funzioni di ogni singola parte del complesso religioso.

La Certosa di Collegno ebbe la costante protezione dei Sovrani Sabaudi e nel corso degli anni accumulò proprietà cospicue a Collegno, Rivoli, Avigliana, Saluzzo, Barge ed in numerose altre località del Piemonte. Alla fine del '700 la famiglia religiosa è composta da 25 monaci, 10 fratelli conversi, 15 famigli, in tutto 50 persone.

Quando il Piemonte fu occupato dalle truppe francesi, nel 1800, anche i certosini di Collegno subirono la sorte di tutte le istituzioni religiose, private delle loro sostanze ed obbligate a sciogliersi. Gli edifici della Certosa divennero proprietà demaniali e passarono poi in gran parte in mani private. Il Monastero e la Chiesa subirono notevoli danni e ruberie. Dopo il ritorno dei Savoia nei loro territori, viene riaperta la Certosa di Collegno che rientrò in possesso degli edifizi nel 1818; il patrimonio complessivo della Certosa era tuttavia ben lontano dall'antico splendore per cui il monastero era privo di risorse, per cui non prosperò molto ed il numero dei monaci, nonostante l'apertura di un noviziato, fu sempre più scarso.

Appena si presentò l'occasione di utilizzare i locali della Certosa l'amministrazione pubblica non se la lasciò sfuggire: nel 1850 vi furono collocati 50 "mentecatti" provenienti dal sovraffollato "Regio Manicomio di Torino", che cercava una succursale, in locali indipendenti dal chiostro. Poco tempo dopo vennero inseriti nella Certosa altri 100 ammalati, che i monaci si rassegnarono ad accettare nonostante il grande disagio che dovevano subire. Nel 1855, con la legge sulla soppressione di alcune comunità religiose, i Certosini abbandonarono definitivamente il loro monastero, che fu interamente occupato dal "Regio Manicomio".


L'AULA HOSPITALIS


Si tratta di uno dei locali più antichi, parte dell'antica Certosa di Collegno, adoperato dai padri certosini come farmacia e successivamente come "sala della Presidenza" del "Regio Manicomio". Sono presenti in questo locale alcuni resti di affreschi. Si tratta di una piccola volta con l'Eterno e di due riquadri. I due affreschi, affrontati, sotto l'imposta di un arco di passaggio fra due ambienti, raffigurano l'Annunciazione e l'apparizione della Madonna a San Brunone, in preghiera insieme ad altri certosini. Per la compresenza dell'Annunciata e dei Certosini gli affreschi devono essere stati eseguiti dopo il 1648. Il colore leggero e chiaro quasi argentato, le notazioni paesistiche, nebbiose nell'allontanarsi delle distanze, strutturali all'impianto narrativo, la timida dolcezza della Madonna con il manto gonfiato dal vento, suggeriscono di collocare gli affreschi nell'ambito di quella cultura lombarda vicina  alle soluzioni proposte dai Recchi, comaschi, attivi su committenza di Madama Reale al Palazzo Reale, al Valentino e alla Venaria.

(" Estasi di S. Brunone e Annunciazione, maestro affine a Giovan Paolo e Giovan Antonio  Recchi, seconda metà sec. XVII - Collegno, Certosa")

Nello stesso ambiente erano conservati i numerosi 

La farmacia dei Certosini ed i vasi da farmacia,

 di diverse forme, dal vaso biansato all'albarello, in maiolica bianca , con decorazioni a fasce alternate fitomorfe a volute blu tipo Savona, iscrizioni riguardanti il medicamento, in nero, monogramma della Certosa e tondo con l'Annunciazione. I vasi che, per la maggior parte, dovettero essere stati commissionati in blocco, rappresentano un episodio unico, per essere stati tramandati nella integrità della collezione (in genere disperse in collezioni private, poche sono le "farmacie" pervenuteci :  fra queste quelle cinquecentesche di Roccavaldina (Sicilia) e di Loreto.

La   letteratura storica riferisce la notizia che nel 1764 i Certosini aprirono una rinomata farmacia; una fonte d'archivio dà uno spaccato storico interessante : papa Benedetto XIV, Lambertini, aveva vietato l'apertura al pubblico della farmacia; il ricorso dei Certosini contro il divieto, appoggiato dal ministro Ferrero d'Ormea, ne aveva prodotto la riapertura (1741), con breve pontificio, motivata con la necessità del servizio interno e per i poveri. Nel 1764 vengono definitivamente dichiarati nulli i ricorsi degli speziali e viene liberalizzato l'esercizio dei Certosini.

L'intera collezione è stata rubata nel 1991.


LA CHIESA DELL'ANNUNZIATA


L' espulsione dei Certosini e l'affidamento del convento alla Università, a seguito dell'occupazione napoleonica, ha segnato l'inizio della dispersione dei dipinti e degli arredi della chiesa della Certosa. Con la restaurazione il 6 ottobre 1818 i Certosini tornarono a Collegno. Nello stesso periodo Vittorio Emanuele I dichiarò la chiesa della Certosa  cappella dell'Ordine Supremo della SS. Annunziata. L'8 settembre 1852 l'ospedale psichiatrico di Torino si insedia parzialmente nella Certosa. NeI 1855 le corporazioni religiose, ed anche i Certosini, venivano soppresse . Questi dati schematici servono a spiegare almeno due cose : la relativa povertà di arredi e la ristrutturazione ottocentesca della decorazione della chiesa. E' possibile individuare a Collegno numerosi interventi volti a visualizzare Ia riappropriazione dei poteri da parte dello stato sabaudo. Il più significativo è nella 

volta della chiesa della SS.ma Annunziata  

dove sono presenti vari affreschi ottocenteschi. L'iconografia, dall'approvazione della regola alla assunzione in gloria di san Brunone, fondatore dell'ordine, propone una lettura assicurante della riappropriazione della loro sede da parte dei Certosini. Tornati, come si è visto a Collegno nel 1818, già da quell'anno inviavano suppliche al re perché finanziasse i lavori più urgenti . Da allora fino alla metà del secolo la Certosa ebbe una importanza notevole nella politica di restaurazione.  Attorno a quegli anni devono risalire gli affreschi nei tondi, che tendono ad una ricostruzione di ambiente nei termini di "romanzo storico" ,  mentre nella zona mediana è evidente la ricerca di confronti con la grande decorazione seicentesca,in direzione lombarda. In mancanza, al momento, di documenti si potrebbe individuare intorno a Amedeo Augero l'autore di questi affreschi.  L'Augero infatti, aveva assommato ad una formazione romana su Raffaello, una assidua sperimentazione della pittura barocca, che appunto qui si ritrova.

Due dipinti, olio su tela, erano in pessime condizioni. Il primo raffigurante la Madonna fra San Francesco in adorazione del Bambino e frate Leone in meditazione è stato restaurato da Mario Baiocco (Laboratorio della Soprintendenza per i Beni artistici e storici del Piemonte, 1977). Si è provveduto alla rimozione dei vecchi innesti di tela, sul retro, in corrispondenza delle fenditure e alla eliminazione di vecchie stuccature che attraversavano longitudinalmente il corpo della Madonna. Si è proceduto quindi alla foderatura con applicazione su telaio ligneo con crociera e chiavi di espansione. Il restauro integrativo è stato eseguito a tratteggio. Al dipinto si accompagna una discreta cornice ottocentesca, malamente ricoperta con porporina che, nel restauro, è stata rimossa.

Il quadro, di dimensioni relativamente piccole, è ben risolto nei due francescani morbidamente modellati nel panneggio e levigati nel volto, immersi in un paesaggio ben inventato nella cascata d'acqua in primo piano e nello sfondo con l'eremo e le colline azzurre in lontananza. Nella Madonna, che pure è l'episodio centrale della composizione, si notano banalizzazioni di maniera e una stesura più piatta del panneggio. L'opera, databile intorno alla metà del XVII secolo, pone il problema del recupero, in area piemontese, della cultura emiliana, mediata dal Garavaglia (Griseri).

(Ignoto piemontese sec. XVII - Madonna coI Bambino fra San Francesco e frate Leone, olio su tela - Collegno, Certosa)

L'aItro dipinto, conservato nella sacrestia della chiesa, raffigura l'apparizione della Madonna a San Giovanni della Croce. Per il restauro, operato da Elvio Gamarra (Laboratorio della Soprintendenza per i beni artistici e storici del Piemonte, 1977) si è provveduto anche qui alla rimozione dei vecchi innesti di tela sul retro e al livellamento delle vecchie stuccature emergenti. Durante la pulitura si è provveduto all'asportazione della tunica del Bambino, pessima aggiunta tardo-ottocentesca. Per fare aderire la nuova foderatura sono state usate paste sintetiche aggiunte a colle animali e sterilizzanti per le muffe.

(Ignoto piemontese prima metà sec. XVIII, Madonna col Bambino e San Giovanni della Croce, olio su tela - Collegno, Certosa)

Laboriosa è stata l'opera di consolidamento del colore. L'imprimitura rossa, arida, ha reso più difficile l'adesione della pasta cromatica, che si presenta assai sgranata.

Databile intorno al primo decennio del XVIII secolo, e collocabile in area piemontese, il dipinto mantiene una iconografia di tradizione seicentesca, emiliana (si confronti con l'impianto compositivo e con il San Domenico nella Madonna del Rosario di Reni nella Basilica di San Luca a Bologna) nota anche attraverso l'incisione (va ricordata la presenza del Borghese frate incisore alla Certosa di Collegno, nel 1750). Una buona consapevolezza di mestiere ha definito l'impianto prospettico del pavimento, della colonna e del plinto che inquadrano, come fra due quinte, le figure. La stesura pittorica è rapida e fatta di espedienti che sfruttano, per esempio, la preparazione di fondo per dare corpo alle parti in ombra. Di buona pittura il santo e più consistente il manto della Madonna (il velo è finito a tempera) e la tenda verde, nell'angolo in alto a sinistra, moIto elaborata e realizzata a corpo e con velature.

Del materiale conservato in sacrestia vale ancora segnalare due calici e una pisside, provenienti dall'ospedale psichiatrico di Torino. Si aggiungono al Corpus della produzione orafa pedemontese di cui A. Bargoni ha dato ormai un esauriente catalogo, per le punzonature,e a cui G. Romano, G. Galante Garrone e N. Gabrielli hanno dato un contributo fondamentale. Attraverso la schedatura sistematica di questi arredi si potrà arrivare a ricostruire (come si è fatto per Carignano) una mappa storico-critica degli interventi. Questi della Certosa, non essendo stati commissionati in loco, si aggiungono al Corpus inventariato e definiscono dati di cultura generale più che ragioni di scelte locali, Un calice d'argento, a stelo bombato, reca nella base e nella coppa la doppia punzonatura dell'argentiere e dell'assaggiatore. Il punzone dell'argentiere è costituito da un santo con un ramo di olivo nella mano destra e le lettere GV (rilevato anche da G. Galante Garrone in un calice di S. Croce a Cuneo) ; il punzone di assaggio, con lo scudo sabaudo e le iniziali C.G.R. è riferibile a Carlo Giovanni Rasetto, attivo nel 1716 e già morto nel 1730. Un calice analogo è stato schedato da G. Romano nella parrocchiale di Salbertrand.

(Calice, argentiere G. V., punzone di assaggio Carlo Giovanni Rasetto, att. (1716-1730 - Collegno, Certosa)

Di epoca posteriore sono un calice e una pisside decorati a sbalzo con foglie lanceolate. Recano tre punzonature : quello dell'argentiere corrisponde al punzone di Giovanni Baglione, rappresentante il S. Agnello Pasquale colle lettere maiuscole G. B. (il Baglione fu ammesso mastro orefice argentiere nel 1814 e depositò il punzone nel 1824), gli altri due punzoni sono propri del nuovo regolamento introdotto, dopo la restaurazione sabauda, nel 1824 e integrato nel 1829. Abolito il punzone distintivo dell'assaggiatore viene introdotto il marchio attestante la qualità della lega, in questo caso la croce dell'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro sormontata dalla corona e il distintivo dell'Ufficio del Marchio presso il quale viene effettuato il saggio, in questo caso l'Ufficio di Torino con la "testa di toro". L'argentiere, in epoca di restaurazione, segue ancora modelli neoclassici che perdurano nella cultura ufficiale sabauda. Un utile confronto può essere stabilito con il calice, più elaborato, schedato da G. Romano nella chiesa della Madonna del Ponte, a Susa.

(Calice, argentiere Giovanni Baglioni (attr. 1814-1824) Collegno, Certosa)


LE TOMBE DEI CAVALIERI


   Il fondatore dell'

Ordine dei Cavalieri della Santissima Annunziata

(vedi anche capitolo "l'Ordine Supremo della SS.ma Annunziata)

 

Amedeo VI detto il Conte Verde, nel 1383 fece costruire la Certosa di Pierre-Chatel per destinarla a Chiesa dell'Ordine  ed a sepolcro dei Cavalieri, affidandola a 15 Certosini. Nel 1601, avendo il re Carlo Emanuele I ceduto il territorio di Pierre-Chatel alla Francia, la Cappella dell'Ordine fu posta prima nell'Eremo dei Camaldolesi e successivamente nella Chiesa dei Certosini di Collegno. Il sotterraneo annesso alla Chiesa venne destinato a Cripta sepolcrale dei Cavalieri dell'Annunziata fin verso il 1816, situazione di fatto che venne sancita di diritto nel 1840 dal Re Carlo Alberto, che con carta reale dichiara cappella dell'Ordine Supremo della SS Annunziata la Chiesa della Certosa di Collegno ed a sepolcro delle salme dei Cavalieri il sotterraneo della medesima chiesa.

Nel 1928 i resti delle salme dei Cavalieri vennero trasportate dai sotterranei in altri locali più adeguati, posti a piano terra, come si può leggere sul "Verbale di constatazione del trasporto di 10 resti di Salme dei Cavalieri della SS Annunziata dai locali sotterranei ai locali a terreno della Casa di Collegno"

Le tombe dei cavalieri sono situate accanto ad un altare ornato di stucchi e decorazioni risalenti al '600, qui sono sepolte le salme di 10 cavalieri, di nobili famiglie savoiarde.

vedi anche capitolo "l'Ordine Supremo della SS.ma Annunziata